Chronik | Montagna

La nuova impresa di Lunger e Moro

I due alpinisti annunciano la prossima spedizione: salita del Gasherbrum I e concatenamento con il G II. “Noi come Messner e Kammerlander, ma stavolta in inverno”.
Lunger, Moro
Foto: Facebook

L’obiettivo è ambizioso: tentare la salita alla vetta del Gasherbrum I (8.080m) scendere fino al Gasherbrum La, il colle che unisce a 6500 metri le due vette (che fanno parte della catena del Karakorum in Himalaya), per poi continuare la salita fino alla cima del Gasherbrum II (8.035m). A mettersi in gioco sono il bergamasco Simone Moro, alpinista noto a livello internazionale specialmente per le sue salite invernali estreme, e la bolzanina Tamara Lunger, una delle scalatrici d’alta quota più forti del mondo. Lo hanno annunciato insieme durante la presentazione a Milano del nuovo libro di Moro “I sogni non sono in discesa”.
“Nell’estate del 1984 Reinhold Messner e Hans Kammerlander realizzarono la prima salita e traversata di due cime, il Gasherbrum I e il Gasherbrum II (i due salirono le due cime senza passare dal campo base, ndr). A 35 anni di distanza vogliamo riproporre la stessa avventura ma nella stagione più difficile, l’inverno, tentando di concatenare le due cime di 8000 metri. Nessuno in tutti questi anni ha mai ripetuto questa traversata, neppure d’estate”, afferma Moro. “A differenza di come è stato fatto 35 anni fa, proveremo a riproporre questa grande avventura basandoci sulla nostra esperienza con le salite invernali. Divideremo realisticamente il progetto in due: tenteremo inizialmente la salita del Gasherbrum I, raggiunto per la prima volta in inverno il 9 marzo 2012 dagli alpinisti polacchi Adam Bielecki e Janusz Golab (salita mai più ripetuta). La seconda parte sarà l’ascesa del Gasherbrum II partendo direttamente dal colle che separa le due cime”.

 

Lo zampino della scienza


La partenza è prevista per la metà di dicembre e i due alpinisti si pre-acclimateranno all’interno di terraXcube, la camera ipobarica di Eurac Research situato nel NOI Techpark dove vengono simulati climi estremi. Fisiologi e medici dell’Istituto di ricerca di viale Druso monitoreranno inoltre il de-acclimatamento una volta che Tamara e Simone saranno tornati dalla spedizione che durerà in tutto, secondo i piani, 4 settimane. Gli esperti osserveranno per esempio gli impatti dell’alta quota sul cuore, sulle funzioni respiratorie, cognitive e metaboliche e registreranno per quanto tempo il corpo rimane acclimatato una volta sceso di quota. Nelle prime due settimane, dal 16 novembre, Tamara e Simone dormono all’interno della camera ipobarica di terraXcube e durante il giorno si allenano all’esterno.

 

 

Nelle due settimane seguenti Tamara e Simone rimarranno in modo più o meno continuativo all’interno della camera ipobarica, dove potranno allenarsi su un tapis roulant. L’obiettivo è raggiungere un buon acclimatamento fino a circa 6400 metri. Se Tamara e Simone si sentiranno bene, cioè non avranno sintomi di malessere, dormiranno bene e si alimenteranno bene, per alcune ore i ricercatori porteranno la camera anche a quote più alte, fino a 8000 metri e oltre. Anche la temperatura sarà modificata per osservare l’adattamento del corpo al freddo. 

 

 

“Questa è per noi l’occasione per monitorare due soggetti in un contesto perfettamente controllabile e controllato, cioè nella camera climatica del terraXcube. Conoscere sempre più a fondo come l’organismo reagisce all’ipossia, cioè la carenza d’ossigeno in quota, vuol dire migliorare la sicurezza delle spedizioni alpinistiche, ma anche di chi lavora ad alta quota, come squadre di soccorso e missioni umanitarie, per esempio in occasione del terremoto in Nepal, piloti o operai impegnati nella realizzazione di strade o dighe”, spiega Hermann Brugger, direttore dell’Istituto per la medicina d’emergenza in montagna di Eurac Research. “Non solo, questo caso studio aiuterà a capire su quali aspetti focalizzare l’attenzione per le prossime ricerche, allargate a un numero di partecipanti più ampio per avere rilevanza statistica”.