Politik | Merano

Cadorna ha le ore contate?

La via intitolata al controverso generale verrà dedicata a una donna. Urzì (FdI): “Fermiamoli! Sono come i talebani”. Augscheller: “Il talebano era proprio Cadorna”.
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Foto: Garitan/WikiCommons

“Il general Cadorna ’l mangia ’l beve ’l dorma e il povero soldato va in guerra e non ritorna” recitava una strofa di una famosa canzone antimilitarista. Stornello fatto proprio anche dal consigliere comunale meranese David Augscheller, che in concomitanza dell’evocativa data del 4 novembre 2017 decise di presentare al consiglio una mozione (approvata pressochè all’unanimità) in cui proponeva “un cambiamento toponomastico dell’attuale via Luigi Cadorna” che tenesse conto “dei valori democratici e pacifisti e della pacifica convivenza nel nostro territorio”.

Come verrà ribattezzata la via, sarà oggetto di discussione mercoledì 22 luglio. Una commissione appositamente costituita ha individuato quattro nomi, tutti al femminile e legati alla città altoatesina, da candidare e sottoporre a votazione tra i membri del consiglio comunale. Si tratta di Elena Stern de Salvo, bambina di origini ebraiche e cattoliche, nata a Merano nel 1937 che fu deportata e assassinata ad Auschwitz; Aliza Mandel, artista di origini ceche cresciuta a Merano e dove espose, negli anni a venire, molte sue opere in diversi spazi della città; Anita Pichler, scrittrice e traduttrice meranese, e infine la Principessa Mathilde, della casata degli Schwarzenberg, una delle più antiche e affermate famiglie aristocratiche franco-boeme. La prescelta, dopo un probabile ballottaggio, per poter congedare l’ufficiale dalla toponomastica della città dovrà ottenere una maggioranza qualificata dei due terzi delle preferenze.

Sebbene la controversa figura di Cadorna sia immediatamente riconducibile alla sanguinosa macelleria derivante dalla battaglia di Caporetto, le responsabilità storiche del militare non si limitano solo a questo: analogamente a molti dei generali impiegati nella Grande guerra, le tattiche belliche che prediligeva ponevano l’importanza della vita degli esseri umani all’ultimo gradino nella scala della considerazione. Celeberrima divenne infatti la sua frase “le sole munizioni che non mi mancano sono gli uomini”

 

 

 

La composizione e le contraddizioni dell’allora società italiana, profondamente rigida e classista, rifletteva a pieno quella del suo esercito mal equipaggiato e tenuto assieme da una politica del terrore messa in atto da figure autoritarie e repressive come quella di Cadorna. Secondo i dati, le fucilazioni e le decimazioni dei disertori erano all’ordine del giorno: 750 fucilati dopo “regolare” processo, 300 le fucilazioni sommarie documentate e quasi 3.000 i militari condannati a morte in contumacia. Numeri comunque al ribasso, che non tengono conto di coloro che venivano giustiziati in seduta stante mentre tentavano di arretrare dai vari assalti suicidi ordinati.

 

 

Dati ancora più scabrosi, se paragonati agli altri paesi belligeranti che avevano alle spalle 10 mesi di guerra in più: la Francia, con il doppio di uomini impegnati al fronte, non arrivò a portare davanti al plotone d’esecuzione più di 700 soldati, 306 la Gran Bretagna, mentre per la Germania si contano numeri ancora più esigui.

La filosofia del punirne uno per educarne cento non è mai stata celata dall’ufficiale: in diverse occasioni rimproverò il governo Orlando di eccessiva indulgenza nel procedere contro chi metteva in discussione la legittimità della guerra al fronte, mentre nel famoso Processo di Pradamano tentò di far giustiziare alcuni soldati colpevoli solo di cantare, scrivere o addirittura chiacchierare di idee pacifiste.

Persino nei giorni della disfatta addossò ai soldati ogni responsabilità, attraverso un bollettino pubblicato il 28 ottobre 1917, immediatamente censurato e riadattato dal governo ma ampiamente circolato all’estero nella sua versione originale.

 

 

 

Posizione ribadita anche nel 1925 durante un amichevole scambio epistolare con il generale Kraft von Dellmensinger (che durante la battaglia di Caporetto comandava la fazione opposta) in cui dichiarò che se allora il governo fosse stato presieduto da Mussolini non ci sarebbe stata alcuna sconfitta.

“Questa iniziativa ripercorre i passi di un percorso già avviato a livello nazionale, come a Udine nel 2011” racconta a salto.bz David Augscheller, consigliere comunale di Sinistra Ecosociale e promotore della mozione in questione. “Una via intitolata a Cadorna in una città inclusiva e plurale come Merano è un pugno in un occhio. Questa ridenominazione non è solo una forma di giustizia storica, ma ha la duplice volontà di restituire la giusta riconoscenza al ruolo delle donne nella storia, troppo spesso ignorato se non negato. A riprova di questa necessità” ricorda “durante la presentazione della mozione non ci sono stati ostacoli ma è stata ampiamente condivisa, al di là delle differenze politiche.”

Una voce fuori dal coro arriva però in questi giorni da parte di Alessandro Urzì, consigliere regionale di Fratelli d’Italia - Alto Adige nel cuore che in un comunicato stampa denuncia una “follia devastatrice e tentativi di riscrivere la storia in nome dell’idealismo, come hanno fatto i talebani e l'Isis a Palmira”.
“Mi viene da ridere” ribatte Augscheller “ritengo il consigliere Urzì una persona intelligente, non penso possa credere davvero a quello che sta affermando. Tuttavia lo posso capire: ci stiamo avvicinando alle elezioni ed ogni cosa deve diventare oggetto di campagna elettorale. Se c’è qualcuno che assomiglia a un talebano però è proprio Cadorna. La storia non si cambia, sono i tempi a cambiare” e aggiunge “ il nome di una via o di una piazza riflette la cultura e la società che la circonda: è un messaggio che si manda e che oggi vuole essere di unità e convivenza. Per questo mi piace molto la proposta di Elena Stern de Salvo, sarebbe un giusto riconoscimento anche alla comunità ebraica che ha dato molto alla nostra città”.

Sulla stessa linea anche il Primo Cittadino Paul Rösch che precisa: “Iniziative come queste possono essere rischiose ma sul cambiare nome in questo caso eravamo tutti d’accordo. La cosa più bella” aggiunge “è che questo non è un semplice atto della giunta, quindi della maggioranza, ma è coinvolto tutto il consiglio rappresentando di conseguenza l’intera cittadinanza ed è quindi una grande espressione di democrazia. Inoltre a Merano sono solo tre le strade dedicate a donne: è giusto invertire la rotta anche in questo senso” e in merito alle dichiarazioni di Urzì risponde: “Possiamo discutere su molte cose ma le responsabilità di Cadorna sono inequivocabili. Troverei difficile pensare che chi si è espresso a favore alla ridenominazione decida di fare marcia indietro. Non si tratta di cancellare la storia ma di dare un segnale. Se si decidesse di intitolare la via a Elena Stern de Salvo sarebbe bellissimo perchè rifletterebbe, a differenza del militare, l’essenza autentica della nostra città”.