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Politik | Avvenne domani

C’è solo un centro

Passato, presente e futuro di una città.

Tra i concetti che affiorano nel lento dipanarsi della campagna elettorale per le comunali bolzanine del 20 settembre ve n’è uno, ripetuto come una sorta di mantra dal Sindaco Caramaschi e dai suoi sostenitori, secondo il quale Bolzano, negli ultimi venti o trent’anni, è stata una città sostanzialmente immobile e va pilotata ora verso un risveglio e uno sviluppo che passerebbero attraverso la realizzazione di progetti come quello dell’Areale ferroviario.

È una proposizione politica con la quale non si può essere del tutto d’accordo.

È pur vero che in alcuni campi il tempo, nel capoluogo altoatesino, sembra essersi fermato. Parliamo, in particolare, della grande viabilità di attraversamento e circonvallazione della città, basata ancora oggi su progetti e concetti che risalgono alla seconda metà del secolo scorso. Per altro verso, invece, in questi ultimi decenni, la città sta cambiando il suo volto in maniera netta e sono mutamenti che prefigurano il volto che essa avrà tra dieci o vent’anni. Se non ce ne siamo accorti e non ne abbiamo discusso, all’interno o all’esterno delle sedi deputate, non è tanto perché questi fenomeni non siano avvenuti, ma perché essi si sono attuati completamente al di fuori di quella dialettica politica che in genere presiede a decisioni di questo genere.

Per capirci meglio occorrerà, come d’uso in questo piccolo spazio di riflessione, tornare indietro nel tempo.

Una piccola città.

La Bolzano nella quale, agli inizi del novembre del 1918, fanno il loro ingresso le prime truppe italiane non è poi molto diversa da quella che per secoli aveva assunto il ruolo di piazza commerciale, più o meno fortunata nelle sue iniziative fieristiche, sull’asse dei commerci tra sud e nord Europa. Un piccolo centro abitato allineato ai due lati dell’asse costituito dai Portici e via Museo. La guida turistica Baedeker del 1898 le assegna dodicimila abitanti, cifra da rimpolpare con qualche migliaio di cittadini dei due limitrofi comuni di Dodiciville e Gries. Nei primi anni dopo il passaggio all’Italia la situazione non muta poi di tanto. In una pubblicazione che la casa editrice UTET dedica, nel 1919, alle nuove province si calcola che gli abitanti siano 28mila, comprendendo però nel numero anche i due piccoli comuni che ormai fanno parte  urbanisticamente della città. Quando, nel 1925, Gries e Dodiciville vengono accorpati a Bolzano la guida del Touring indica un numero complessivo di 38mila abitanti.

È una situazione che prosegue, quasi immutata, sino almeno la metà degli anni 30 quando si attua rapidamente il primo grande cambiamento urbanistico dalla fondazione della città. Il progetto di italianizzazione di Mussolini trova la sua sintesi architettonica nella creazione, al di qua della Talvera, di un secondo centro, un’altra città che si contrappone a quella antica con le caratteristiche di centro direzionale e abitativo espresse nella struttura urbanistica e nelle architetture disegnate sulla carta da Marcello Piacentini ed altri architetti dall’epoca.

È una trama di grandi vie di comunicazione che tagliano la conca e attorno alle quali si collocano progressivamente gli spazi abitativi e quelli destinati ai grandi edifici con funzione pubblica.

Un processo che il secondo conflitto mondiale rallenta ma non interrompe e che riprende vigorosamente alla fine della guerra.

La Bolzano dei centocinquantamila.

Sono gli anni nei quali la crescita demografica è tale da far prefigurare addirittura il raggiungimento di un traguardo impensabile solo qualche decennio prima: quello di una città da150mila abitanti che vada ad occupare l’intero spazio della conca ancora rimasto libero. È a questo punto però che la questione atterra clamorosamente sul piano della contesa politica e dello scontro etnico. La crescita di Bolzano, sostenuta principalmente dal gruppo italiano, provoca l’allarme di quello tedesco sintetizzato nel famoso concetto di “Todesmarsch”.Il  risultato della contesa è quello di provocare, negli anni successivi un rallentamento dapprima e un blocco totale poi dello sviluppo territoriale della città. Verso sud viene fissato il limite inderogabile costituito da via Resia, che verrà superato solo in tempi recenti con l’edificazione di quartieri ad altissima densità abitativa. Nella zona di Gries il concetto che fa premio è quello del cosiddetto “Cuneo verde” che vuole inserire nel tessuto urbano una vasta fascia agricola.

I tre centri.

Sia pur con queste ed altre limitazioni a pesare in maniera considerevole, la seconda metà del 900 vede a Bolzano una riflessione piuttosto articolata sullo sviluppo urbanistico della città che trova sostanza, in particolare, nell’adozione di piani regolatori, disegnati da urbanisti di vaglia, bastino come esempio i nomi del tedesco Bernhard Winkler e dell’italiano Luigi Piccinato, e adottati dopo accanite discussioni e grandi dibattiti non solo all’interno dell’assemblea comunale ma anche con la popolazione stessa.

Sono piani che disegnano una città policentrica: il vecchio nucleo storico mantiene alcune prerogative, ma ad esso resta affiancato il nuovo centro situato al di qua del fiume e nel quale vengono a concentrarsi progressivamente anche molti degli uffici della Regione e di una Provincia Autonoma affamata di spazi quasi quanto le competenze e finanziamenti. A questi due punti nevralgici se ne affianca un terzo, più piccolo, nella zona compresa tra viale Europa e il rione Don Bosco.

Il richiamo della foresta.

Questa la storia della città così come essa si è sviluppata sino a lambire il finale di secolo. E ‘ in quegli anni, però, che inizia l’ultima parte della storia, quella cui facevamo riferimento all’inizio, quella che vede grandi cambiamenti attuati scavalcando totalmente il Comune come centro di progettazione e di decisione sul futuro della città. Avviene infatti che la Provincia dia il via ad un massiccio spostamento nel centro storico di tutti i suoi uffici e  che su questa direttrice si muovano anche soggetti privati come le grandi organizzazioni di categoria, Industriali (pardon Imprenditori), Commercianti, Artigiani. È una migrazione di massa che svuota parzialmente gli altri centri direzionali bolzanini. Su quello realizzato in epoca fascista sugli assi costituiti da corso Italia e corso Libertà si affacciano progressivamente sempre più edifici vuoti e abbandonati. Non aiuta probabilmente a cambiare la situazione il fatto che una buona parte delle cubature esistenti in questa parte della città sia di proprietà, o per diritto di costruzione o per acquisto, di un unico soggetto immobiliare.

La parola d’ordine sembra essere: tutto in centro, nulla al di fuori del centro. È una linea che viene perseguita anche su altre questioni, basata su una grandissima disponibilità di denaro e su strumenti urbanistici adottati proprio in quegli anni, come quelli che permettono alla Provincia di operare liberamente sul tessuto urbanistico del capoluogo ogni volta che si ravvisi un interesse sovracomunale. Il che, se vogliamo essere onesti, a Bolzano avviene quasi sempre. Al Comune, con le risorse finanziarie tirate all’osso e regolarmente bypassato sul piano giuridico, non resta che abbozzare.

Un esempio? Emblematica la vicenda del vecchio ospedale, rimasto libero dopo il trasferimento dei reparti a San Maurizio. Una pregevole costruzione dell’epoca austroungarica, già indirizzata ad ospitare strutture culturali come il Museion. La Provincia la pensa diversamente. I vecchi padiglioni sono rasi al suolo e al loro posto sorge il cubo inquietante della nuova Università. Sulla collocazione delle strutture culturali che avrebbero potuto trovare una sistemazione organica tra le vecchie mura si discute ancora.

Questa la situazione ad oggi e il fenomeno di questo colossale risucchio di tutto ciò che vale e che conta nel cono di luce che si proietta nel raggio di un chilometro da Palazzo Widmann non pare destinato a cessare. Si intensificherà sicuramente se dovesse andare in porto il progetto dell’Areale. Sono diversi i palazzi di uffici, provinciali o meno, sulla lista d’attesa per trasferirsi in questa terra promessa del terziario burocratico.

Se questa è la tendenza possiamo ragionevolmente ipotizzare che tra una ventina d’anni la Bolzano policentrica disegnata dagli urbanisti mezzo secolo fa sarà morta e sepolta. Ci sarà un centro nel quale saranno concentrate tutte le attività di direzione politica e amministrativa, con qualche significativa eccezione per la cittadella della giustizia di corso Libertà e per qualche ufficio statale.  All’ombra del campanile del Duomo, inevitabilmente, i punti di interesse culturale, il tessuto commerciale e le strutture turistiche di maggiore interesse. Oltre il fiume il resto di una città destinata a diventare progressivamente un unico grande quartiere dormitorio, abitato da anziani o da persone che lo lasciano la mattina per farvi rientro la sera. Rioni contrassegnati anche da un’altra funzione: quella di essere terra di attraversamento obbligata per tutti coloro che vorranno raggiungere la terra promessa dell’unico Centro. Ad onta dei buoni propositi di questo o quell’amministratore, è abbastanza chiaro, se non altro dalla quantità enorme di parcheggi sotterranei che vengono e verranno realizzati nelle zone centrali o nelle immediate vicinanze di esse, che il mezzo principale con il quale bolzanini ma soprattutto turisti e pendolari continueranno a muoversi verso l’angolo nordorientale della conca sarà l’auto privata.

Queste le possibili previsioni sulla base di un fenomeno apparentemente inarrestabile a fronte del quale i buoni propositi di rivitalizzazione dei quartieri periferici assomigliano abbastanza alla somministrazione di pannicelli caldi ad un malato terminale.

Per tutto quanto detto sopra appare chiaro che non è nemmeno il caso di caricare sulle spalle degli amministratori comunali presenti o futuri il compito di governare o invertire queste tendenze. Le due chiavi, finanziaria e urbanistica, con le quali si mettono in moto i meccanismi che possono portare al cambiamento della città sono ben salde in mano all’inquilino di Palazzo Widmann e appare difficile che egli, chiunque sia, voglia privarsene.

Tanto varrebbe, viene da pensare allora, adeguare la forma amministrativa alla realtà politica, congedare con un ringraziamento Sindaco, Consiglieri e Assessori e installare in piazza del Municipio un Assessore provinciale al capoluogo.

Costui avrebbe almeno titolo, ogni martedì mattina, di recarsi, per la settimanale riunione di giunta, colà dove si puote ciò che si vuole.

E più non dimandare.

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Karl Gudauner So., 26.07.2020 - 00:29

Die grundsätzliche Kritik an der Verhinderung einer plurizentrischen Stadtentwicklung ist zutreffend. Als Fakt und genauso als erlebte Erfahrung in den vergangenen Jahrzehnten prägt sie das schiefe Bild der emotionalen Beheimatung der unterschiedlichen Sprachgruppen in der Landeshauptstadt. Das neue Forschungszentrum NOI-Techpark allein genügt nicht, um eine bessere Balance zwischen dem Stadtzentrum und den verschiedenen Stadtvierteln herzustellen.
Zweimal muss ich widersprechen: Beim Grünkeil ging es nicht darum, ein umfangreiches landwirtschaftlich genutztes Gebiet als Keil in das städtische Gefüge hineinzutreiben, sondern wohl eher darum, bestehende landwirtschaftliche Nutzungen und Eigentumsverhältnisse zu erhalten, wahrscheinlich auch unter dem Eindruck der rücksichtslosen Enteignungs- und Abfeilschungspolitik unter dem Faschismus. Die Mitverantwortung der verschiedenen Stadtverwaltungen im Laufe der Jahrzehnte für die monozentristische Entwicklung sollte bei einem kritischen Rückblick mitsamt der entsprechenden Interessenverflechtungen jedenfalls konkreter angesprochen werden.
Was die Zukunftsperspektive angeht, wäre es schade, wenn von maßgeblicher politischer Seite und von den großen AkteurInnen im Bauwesen sowie von den StädteplanerInnen nicht erkannt wird, dass für die Entwicklung von Bozen eine pluralistische Stadtmorphologie benötigt wird. Insofern finde ich es irritierend, wenn die Forderung nach einer plurizentrischen Planung in der öffentlichen Debatte sich nicht auch auf das Bozner Stadtgebiet bezieht, sondern allein auf die Verlagerung wichtiger Einrichtungen in die Talschaften.

So., 26.07.2020 - 00:29 Permalink
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Alberto Stenico Mo., 27.07.2020 - 07:48

Se è vero che a Bolzano si continuerà anche nel futuro a dire "vado in città", pensando al centro al di là del Talvera, ci saranno sempre più persone (giovani, nuovi arrivati e non solo), che useranno il Twenty come vera piazza e luogo d'incontro cittadino. Provare per credere.

Mo., 27.07.2020 - 07:48 Permalink
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Massimo Mollica Mo., 27.07.2020 - 09:29

Io credo che una campagna elettorale sul futuro di Bolzano Bozen dovrebbe partire da questo articolo, che come al solito ci arricchisce di cultura e spunti riflessivi.
A differenza dell'autore io penso che il concentrare gli uffici nel centro storico sia un aspetto prettamente logistico, in quanto accanto alla stazione dei treni. Chi lavora, per esempio, in zona industriale conosce le pessime opportunità per arrivarci coi mezzi pubblici, che sono stati organizzati da gente che non lavora appunto in zona industriale (ma la situazione è simile nella parte periferica della città). E questo sottolinea come serva urgentemente un piano di mobilità sostenibile credibile, che faccia uso anche di metropolitane leggere (visto che i tram sono un vero tabù!) per la gente che lavora, che non ha tempo da perdere a differenza di chi è in pensione.
Detto questo lo stesso Maurizio sottolinea tra le righe l'anomalia di una città in mano a un soggetto unico (con poche eccezioni, in mano ad altri soggetti) e questo con buona pace anche di una certa sinistra "pura" che si è scagliata contro Benko, dipingendolo come il male assoluto (e dimostrando con ciò una certa ipocrisia culturale). Detto questo non vedo come male assoluto quello di accentrare gli uffici (in un centro storico che tra l'altro etnicamente è variegato e non rispecchia più quel muro ideologico presente più di 10 anni fa) e magari creare spazi di socializzazione e ricreazione (oltre che di commercio) nel resto della città. In fondo a nessuno spiacerebbe vivere nelle ville di Gries. Semmai si potrebbe obiettare quanto sia anacronistico oggi creare uffici per dipendenti che possono benissimo lavorare da casa, così come aprire sportelli per operazioni che possono essere espletate online in pochi secondi.
Da questo punto di vista ben vengano i pendolari (oltre che i turisti) che portano soldi.
Comunque penso che Bolzano Bozen debba risolvere il problema dei costi delle case e dei troppi vani sfitti. Al di là del cuore verde’ che oramai non rappresenta più alcuna tradizione, prima vanno riqualificate le tante zone non utilizzate. E deve imporsi come centro di unione tra le varie culture europee, cosa che nessuna altra città in Europa può aspirare. Credo che a tutti convenga avere una Bolzano Bozen forte e in espansione.

Mo., 27.07.2020 - 09:29 Permalink
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rotaderga Mo., 27.07.2020 - 10:18

Antwort auf von Massimo Mollica

"Credo che a tutti convenga avere una Bolzano Bozen forte e in espansione."
Genau dieser letzte Satz ist , meiner Meinung, falsch und gefährlich. Was wir brauchen ist ein Ausgleich, in jeder Hinsicht, zwischen Land und Stadt und keine "Rumänisierung" wie unter Ceausescu .

Mo., 27.07.2020 - 10:18 Permalink
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Massimo Mollica Mo., 27.07.2020 - 10:46

Antwort auf von rotaderga

Mi scusi ma perché deve scomodare Ceausescu per insultare il mio pernsiero? Cosa centra il dittatore e la Romania?
Io penso a realtà come Innsbruck che sono forti e indipendenti. Io ritengo che Bolzano Bozen debba essere altrettanto forte e in più racchiude un tesoro inestimabile che solo noi abbiamo, ovvero l'incontro di più culture.
Se poi Lei e chiunque vuole vivere in valle, in qualsiasi valle, nessuno Le farà una colpa. Basta che non obblighi gli altri a seguire il Suo stile di vita.

Mo., 27.07.2020 - 10:46 Permalink
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rotaderga Mo., 27.07.2020 - 13:28

Töldra und Stadtla.
Das Landleben und das Stadt Leben. In Corona- Zeiten denkt und fühlt Mensch anders.
Leider!
Die Wohnungspreise steigen ins Unrealistische auf dem Land . Sogar in den Tälern ;=).
Dein Wort in Gottes Ohr, Herr Mollica.

Mo., 27.07.2020 - 13:28 Permalink
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Massimo Mollica Mo., 27.07.2020 - 14:13

Antwort auf von rotaderga

Io credo che la bellezza delle cose stia nel confronto. Sai che palle se tutti la pensassimo allo stesso modo? E non credo sia colpa del Coronavirus. Io mi sento cittadino da sempre. e LE confesso che mi sento cittadino di questo mondo, a casda sia a Bozlano Bozen che a Berlin o Londo e pure Napoli.
Chiedo scusa per la mia ignoranza ma non capisco il significato della frase "Dein Wort in Gottes Ohr".

Mo., 27.07.2020 - 14:13 Permalink
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Alberto Stenico Mo., 27.07.2020 - 22:16

Caro Maurizio, andrebbero però ricordate anche alcune situazioni che hanno contribuito alla sua polarizzazione al di là del Talvera. Senza scomodare le responsabilità della Provincia, che pure non mancano, mi viene in mente il (mancato) centro direzionale di Piazza Adriano della Habitat (semivuoto), il palazzo della Regione in via Duca d'Aosta (vuoto), la Biblioteca provinciale con progetto esecutivo e pre-avviamento dei lavori in via Manlio Longon, l'ex ospedale militare, ex sede del quotidiano Alto Adige (vuota), Edifici Ina al Ponte Talvera, ex Sip, ex Telefoni di Stato, le carceri, ex Bic (vuoto), ex cinema Corso (semivuoto), area dell'areonautica in via Novacella (inutilizzata). Quante occasioni mancate per dare valore alla Bolzano "di qua del Talvera"!

Mo., 27.07.2020 - 22:16 Permalink