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Gesellschaft | Il caso

L'ecumene etnica

La Diocesi di Bolzano-Bressanone è divisa in due anime, italiana e tedesca, denuncia il teologo Renner. Assai grave, se vero. Ma forse la questione etnica non c'entra.

Purtroppo è passato sotto silenzio l'articolo di Paul Renner per il Corriere dell'Alto Adige sui “venti inquieti che stanno agitando la Caritas”, ovvero le critiche alla gestione del direttore Paolo Valente, raccolte e pubblicate dal settimanale ff. Strano, perché è un pezzo che ci va giù pesante.

Renner ne fa infatti una questione etnica: il direttore italiano, garantisce lui, è un'ottima persona, ma diversi esponenti sudtirolesi mal sopportano e gli fanno la guerra. Scrive il professore ordinario di “Teologia fondamentale” e “Scienze della religione”: vi sono “due anime che percorrono l'organizzazione in questione (la Caritas, n.d.r.) ma - in fondo – anche l'intera Diocesi di Bolzano-Bressanone”. Una è fatta di “programmazione, prestazioni, bilanci, efficienza operativa, strutture, collaboratori stipendiati”: l'anima tedesca, ovviamente. L'altra è fatta di “promozione del volontariato, idealità gratuita, educazione alla carità ... progetti solidali, di accoglienza e fratellanza...”: palesemente più buona e quindi italiana.

Chi segue ciò che accade in Alto Adige/Südtirol sa che spesso ci si divide secondo marcature etniche - e non sempre per volontà dei cattivi che ci hanno chiusi in gabbia. La cosa notevole dell'articolo, a mio parere, non sono quindi le “due anime”, quanto il fatto che un uomo di chiesa e se così si può dire organico alla Diocesi nomini appunto questa frattura, che se permettete è una ferita non da poco. Io, che in chiesa non ci vado, ero rimasto fermo a questa idea: Dio e i suoi uomini in terra non partecipano alle contese etniche perché la loro dimensione è l'ecumene, la comunità universale dei fedeli (senza dichiarazione di appartenenza a gruppo linguistico).

Renner aggiunge poi che “... le tensioni tra la visione italiana e quella tedesca dell'essere chiesa ... non sono mai state affrontate ed accettate in maniera seria e radicale sia a livello pastorale che di liturgia e di scelte di persone cui affidare incarichi di rilievo.” Che vuol dire? Che i responsabili della pastorale e della liturgia non comprendono la portata della questione etnica? Che chi la tematizza viene zittito? Che occorre una proporzionale nelle cariche diocesane? O in definitiva addirittura che l'appello all'ecumene è insufficiente e si scioglie come nebbia al sole di fronte al richiamo etnico? (E in questo caso l'autore della denuncia non rischia un'istruttoria della Congregazione per la dottrina della fede?)

Io, che in chiesa non ci vado, ero rimasto fermo a questa idea: Dio e i suoi uomini in terra non partecipano alle contese etniche perché la loro dimensione è l'ecumene, la comunità universale dei fedeli (senza dichiarazione di appartenenza a gruppo linguistico)

Non ci sarebbe da stupirsi se fosse effettivamente così. Come è noto, uno degli insegnamenti fondamentali della religione cristiana è che non bisogna conoscere né sapere, ma solo credere, aver fede e sperare. E dunque chi nella Diocesi nasconde la questione etnica, rinunciando a conoscerla e sperando che si ricomponga per merito della fede, sarebbe in effetti coerente coi suoi principi.

È verosimile però anche un'altra ipotesi, meno radicale. Risulta infatti che dopo molti anni di gestione separata, con due Caritas autonome, e dopo un periodo di gestione comune tra un direttore di madrelingua italiana e uno di madrelingua tedesca, la Diocesi ha affidato “l'incarico di rilievo” a un unica figura, Paolo Valente. La scelta è stata presentata come un superamento della divisione e un tentativo di far convivere le due anime: e per tale, fino a prova contraria, va presa.

In questa ipotesi, la Diocesi non rimuove, non censura (e non istruisce processi inquisitori), ma più semplicemente è alle prese con le difficoltà che effettivamente esistono e che derivano da diverse cause: le differenti tradizioni, italiana e tedesca, certo; ma pure fattori individuali, errori, scarsa comunicazione, intoppi o insufficienze di altro tipo, come si presentano in tutte le aziende (la Caritas, con 320 dipendenti pagati è un'azienda, non un'associazione di volontariato). Se fosse così, la questione etnica non c'entra, semmai c'entrano le difficoltà nel superarla, che sono cosa del tutto diversa. Tirarla in ballo sarebbe allora come alimentarla.

 

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Maximi Richard So., 25.10.2020 - 00:44

Togliamo tutto il finanziamento pubblico alla chiesa e alle sue aziende; poi loro facciano quello che vogliono.

So., 25.10.2020 - 00:44 Permalink
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Walter Kircher So., 25.10.2020 - 13:43

bei allem Respekt, - von den Ladinern ist hier nicht die Rede! Sie sind die wahren Brücken zwischen den Ethnien!
Es muss also von DREI Seelen gesprochen werden!
Zudem gibt es zwei offizielle Namen für unser gemeinsames Land, - um den beiden Befindlichkeiten Ausdruck zu verleihen: ALTOADIGE als Namen zur Kolonisierung, Italianisierung, - Südtirol als das was es wieder sein darf ...

So., 25.10.2020 - 13:43 Permalink
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Sepp.Bacher Mo., 07.12.2020 - 17:10

Antwort auf von Hartmuth Staffler

Wenn Herr Renner die zwei Seelen anspricht, dann hat er sicher Recht. (Die Südtiroler ladinische Seele ist in der deutschen integriert. Das zeigt sich deutlich in der Person des Generalvikars Eugen Runggaldier. Er hat auch die Funktion als Brücke zur italienischen Seele zu fungieren.)
Die Frage ist, ob Renner beklagt bzw. fordert, dass die drei Seelen verschmelzen müssten oder ob es genügt, dass sie konstruktiv zusammen arbeiten? Realistisch ist wohl zweites. Das gleiche gilt für die Diözesancaritas, wo das anscheinend nicht so klappt.

Mo., 07.12.2020 - 17:10 Permalink