Gesellschaft | Lingua-dialetto

Bitte Standarddeutsch, siamo in Europa

Il dialetto sudtirolese è la lingua principale nella comunicazione in Alto Adige, ma il bilinguismo richiesto si riferisce al tedesco lingua standard.
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Europa
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Si parla a volte dello scarso risultato che l’insegnamento scolastico del tedesco produce in provincia; è un dato di fatto che non riguarda solo la scuola, ma tutta la società altoatesina nei suoi aspetti, quello sociale, culturale ed economico.

Sorprende che non sia stata e non venga affrontata in modo significativo la questione del dialetto sudtirolese, principale lingua di comunicazione del gruppo linguistico tedesco locale e, in quanto tale, impedimento, insieme alla separazione istituzionale dei due gruppi linguistici, a un apprendimento della lingua tedesca da parte italiana. Diffondere, chiarire e offrire proposte di soluzioni, anche solo parlarne, rende i più disponibili e aperti almeno consapevoli del problema, comprensivi, concilianti l’uno verso l’altro…  Io, il dialetto sudtirolese, l’ho vissuto come frustrante impedimento, e posso affermare di essere da sempre in ottima compagnia. Ho ingaggiato, si fa per dire, una lotta senza quartiere, frequentando perfino più corsi di dialetto sudtirolese, che dico la verità poco rispondevano ai miei contingenti bisogni culturali. Lo scopo era abbattere per quel che mi riguarda la barriera della separazione alla cui conservazione il dialetto rappresenta un fortuito strumento, e sentirmi integrata in entrambi i gruppi linguistici per una convivenza “miteinander”. É stata una lotta impari, uno spreco di energie. Il dialetto, come qualsiasi parlata minoritaria, può rappresentare per chi non lo conosce, il principale strumento di esclusione, di separazione. Per chi lo parla, invece, il proprio dialetto esprime meglio di tutte le altre lingue, emozioni e sentimenti a chi si esprime nello stesso suo dialetto, ma proprio per l’esclusione da questi aspetti emozionali di chi non lo capisce, aumenta il distacco, l’indifferenza per l’altro. Lingua alta uguale lingua di comunicazione, dialetto uguale lingua di relazione, si afferma! Ma allora noi italiani dell’Alto Adige, senza l’uso del dialetto, siamo privi della lingua di relazione? Eppure mi risulta che non troviamo difficoltà ad intrecciare relazioni con chicchessia. 

La non conoscenza del dialetto comporta un disagio sociale a chi non lo capisce che non può essere trascurato; succede che sul lavoro, in occasioni istituzionali o associative di vario genere si parli dialetto sudtirolese, una lingua non di rado sconosciuta, non ufficiale e senza codice scritto, parlata dalla maggioranza che detiene il potere politico ed economico. Non provvedere all’eliminazione di questo disagio (la misura più adeguata è l’istituzione di un intero percorso scolastico con insegnamento nelle due lingue) significa contravvenire a norme della costituzione e dello stesso statuto di autonomia del Trentino Alto Adige. Capisco molto bene il disagio di chi è abituato a esprimersi nella sua prima lingua, perché anche per me il dialetto è stato la mia prima e unica lingua fino all’età scolare E ho provato in prima persona quanto complesso sia, in assenza di un sostegno adeguato, il passaggio dal dialetto all’italiano standard.    

Varcato in età adulta il confine provinciale, pressoché ignara, agli esordi della mia avventura sudtirolese, della situazione politica, sociale e linguistica in provincia, ho scoperto come l’assenza di un dialetto comune nel gruppo linguistico italiano (a causa della varia provenienza regionale) possa essere considerata una povertà culturale. Al contrario, mi sono resa conto della diglossia nel Sudtirolo tedesco e di come essa sia strumento di identità e separazione. Qualche volta si considera riprovevole la mancata conoscenza del tedesco negli italiani e questo e mi sorprende, perché a ben riflettere, se la comunità italiana parlasse tutta un dialetto comune al posto dell’italiano standard, i nostri conterranei sudtirolesi avrebbero insieme a noi le stesse difficoltà nell’apprendere la seconda lingua standard.   

L’uso prevalente di un dialetto rende ovunque disagevole il passaggio alla lingua alta. Il sudtirolese attinge però a piene mani al nostro italiano standard con risultati ammirevoli, invece noi non abbiamo la stessa possibilità con il tedesco alto. C’è perfino chi ha espresso il dubbio che il dialetto sudtirolese venga usato strumentalmente: per non esser capiti, per coltivare la separazione (ma io mi rifiuto di credere che sia così). Inoltre, perché rispondere sempre in italiano anche quando ti viene rivolta la parola in tedesco? In questo modo si impedisce all’altro l’uso della seconda lingua e egoisticamente si approfitta per se stessi dell’occasione, e succede sempre. Mi è stato spiegato tuttavia che può anche essere dovuto all’imbarazzo di non avere familiarità con il tedesco standard, percepito da alcuni come lingua più straniera dell’italiano. 

In contesti cittadini di vario genere che coinvolgono entrambi i gruppi maggioritari (rari, ma esistenti), mi riesce sempre più difficile tollerare che in presenza di italiani non parlanti dialetto sudtirolese si ricorra con noncurante disinvoltura all’uso del dialetto, lungi dalla sensibilità che il buon senso suggerirebbe. In questi casi mi ripeto che la misura è colma, che dopo svariate esplicite richieste, continuare a parlare in dialetto con indifferenza significa farlo in malafede, con la volontà consapevole di erigere un muro di incomprensione.  Mi è capitato tuttavia di trovarmi in assemblee che hanno accolto la mia richiesta e ora d’abitudine all’apertura del dibattito o dei lavori, viene premessa la cortese preghiera di esprimersi nelle due lingue standard maggioritarie.

Siamo in molti di lingua italiana a gradire un’occasione d’uso del tedesco standard e a sentirci quanto mai grati della stessa. Ma che emozione potersi esprimere e ascoltare un tedesco riconoscibile! Vedere magari ripagato l'impegno profuso nello studio. Si può d’altronde dire che anche nel conterraneo tedesco si percepisce non di rado lo stesso piacere nell’ascoltare e nell’esprimersi in italiano. Perché allora non concederlo anche a noi?  Ma nel Sudtirolo è davvero dura… Diversamente succede nei paesi della provincia confinante. Per la mia origine valligiana e per il continuo rapporto linguistico-culturale che conservo con la stessa, posso affermare che parlare in italiano standard in generale piace nei paesi. I valligiani vedono in ciò l’occasione di misurarsi con orizzonti più vasti, nonostante le difficoltà che il mancato esercizio della lingua alta comporta loro.    

Nel Sudtirolo in età adulta ho riscoperto il valore culturale del mio dialetto, che pure continuavo e continuo tuttora a usare con parenti amici e conoscenti valligiani, ma che avevo giocoforza cancellato dall’uso quotidiano fin dall’età di otto anni, abitando in un collegio a Rovereto. So che altri come me, sudtirolesi non nativi, hanno riscoperto e rivalutato la loro origine. I dialetti sono considerati patrimonio culturale che va salvaguardato e usato con chi li parla.

Per concludere, io vivo in questa realtà che mi coinvolge e posso per questo affermare con certezza che la non conoscenza del dialetto sudtirolese e la scolastica e insufficiente conoscenza del tedesco standard da parte degli italiani, resa tale perché ne è impedita la pratica (e allora, finita la scuola, si dimentica) è un costo molto caro, che essi hanno pagato e continuano a pagare, in termini sociali economici politici e culturali.

La soluzione? La possibilità di andare a scuola insieme! É lì che dialetto e lingue standard possono diventare patrimonio comune. La pensano allo stesso modo quei Consiglieri in provincia che perseguono da sempre questo obiettivo con impegno e determinazione ammirevoli. É una dura lotta? Vedremo. Ma “chi la dura la vince” (Lorenzo De Medici, La ginestra). 

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Elisabeth Hammer Mo., 11.01.2021 - 17:19

"La soluzione? La possibilità di andare a scuola insieme!" - Als wir vor mittlerweile 10 Jahren von Treviso hier nach Südtirol gezogen sind, war ich guter Dinge, dass es spätestens sobald unsere Söhne in die Oberschule kommen, in den Bezirkshauptstädten zweisprachige Züge geben würde. Weit gefehlt .... Auch unser jüngerer Sohn besucht mittlerweile die Oberschule. Es ist wirklich traurig erkennen zu müssen, dass es hier mehr um Politik als um die Sache geht.

Mo., 11.01.2021 - 17:19 Permalink
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Sepp.Bacher Mo., 11.01.2021 - 17:33

Antwort auf von Elisabeth Hammer

Das was Sie schreiben, Frau Hammer, trifft sicher für die deutschen Schulen zu. Anders läuft es im Italienischen Schulbereich:
In Bozen gibt es eine offiziell zweisprachige Privat-Schule bei den Marcelline und auch in staatlichen Schulen gibt es in etwa zweisprachige Züge, die aber nicht so heißen dürfen. Das immer im Pflichtschulbereich.
In der Oberschule gibt es die Möglichkeit, ein Schuljahr in der anderssprachigen Schule zu machen - analog den Schuljahren meist im englischsprachigen Ausland.

Mo., 11.01.2021 - 17:33 Permalink
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Elisabeth Hammer Mo., 11.01.2021 - 17:58

Antwort auf von Sepp.Bacher

Bin selbst CLIL-LP und kenne die diversen Schulversuche inkl. dem Zweitsprachjahr. Spätestens im Triennium sollte das Modell der ladinischen Schule verstärkt greifen, ein Wechsel der Lehrpersonen zwischen der deutschen und italienischen Schule sollte erleichtert werden. Das System mit drei (!) Schulämtern ist für jemanden, der von außen kommt, ohnehin grotesk. Der Artikel 19 ist in meinen Augen heutzutage mehr Hindernis als Hilfe.

Mo., 11.01.2021 - 17:58 Permalink
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Christoph Tappeiner Mo., 11.01.2021 - 17:31

Conclusioni azzeccate, senz'altro. Solo permettendo un incontro "naturale" tra i gruppi linguistici, come potrebbe avvenire in una scuola mistilingue, il dialetto verrebbe metabolizzato anche da parte del gruppo italiano. Perchè, al di là delle occasioni più formali, il dialetto non può essere visto come un male, nè se ne potrà bandire l'uso per qualsiasi motivo. Se prendo la mia personale esperienza di studente universitario "alieno" in un ateneo italiano, devo ammettere di aver sofferto e di conoscere il disagio dei primi mesi ed anni, quando non ero in grado di capire quello che si dicevano i miei coinquilini abruzzesi, sardi o pugliesi. Mentre oggi posso dire, non senza una punta di orgoglio, che riesco a vedermi Suburra o Gomorra senza i sottotitoli. Ma il tutto parte dalla volontà di affrontare un'immersione culturale più profonda di quella che si vive facendosi una gita per baite a Pfelders la domenica.

Mo., 11.01.2021 - 17:31 Permalink
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Hartmuth Staffler Mo., 11.01.2021 - 17:49

Frau Turri hat zum Großteil Recht und man kann ihre Ausführungen nur unterstreichen. In einem allerdings irrt sie: Die zweisprachige Schule würde das Problem meiner Meinung nach nicht lösen, sondern erheblich verschlimmern. Die vernünftigste Lösung wäre wohl, wenn man in der deutschen Schule den Deutschunterricht endlich Ernst nehmen und den Kindern ein verständliches Standarddeutsch beibringen würde. Wenn man hört, wie in Radio-Interviews selbst Oberschullehrer sich geradezu bemühen, einen sogenannten "Dialekt" zu sprechen, den sie nicht einmal beherrschen und der nur einfach eine verdorbene Sprache ist, dann weiß man, wo das Problem liegt.

Mo., 11.01.2021 - 17:49 Permalink
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W. Holzer So., 17.01.2021 - 08:33

Antwort auf von Hartmuth Staffler

Am problem vorbeigeschrieben. Quando avranno le palle di iniziare almeno nell' asilo di togliere l'apartheit sudtirolese ? Lasciare giocare i bambini di tutti i gruppi linguistici insieme, sarebbe un inizio ed un importante investimento nel futuro. Nessun bambino perderebbe la conoscenza della sua lingua madre

So., 17.01.2021 - 08:33 Permalink
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Liliana Turri So., 17.01.2021 - 16:59

Antwort auf von W. Holzer

Concordo in pieno con W. Holzer.
Siamo forse ubriacati dal benessere e non vediamo le possibilità/potenzialità di cui ci priviamo senza una società plurilingue e le conseguenze che questa società divisa ha nel presente e riserverà nel futuro. Si dice che si ripetono sempre le stesse cose, ma questo è proprio perché niente cambia...
Vediamo di darci una mossa dove possibile e far sentire a chi si tappa le orecchie e si chiuse la mente questa necessità/possibilità.

So., 17.01.2021 - 16:59 Permalink
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Sepp.Bacher Mo., 11.01.2021 - 17:54

Es bringt nichts, wenn man die mangelnde Zweisprachigkeit der jeweils anderen Sprachgruppe in die Schuhe schiebt. Alpha & Beta hat vor Jahren viele Projekte gemacht, um auch die mündliche Zweisprachigkeit zu fördern. Dabei versuchte man auch, den Italienern den Zugang zum Dialekt schmackhaft zu machen .
Man kann das Gegenüber freundlich fragen, Standard-Deutsch zu sprechen. Die meisten kommen dem Wunsch nach. Genauso frage ich mein italienisches Gegenüber, wenn möglich mit mir deutsch zu sprechen. Sehr oft mit Erfolg.
Wenn aber ein Italiener in eine vorwiegend deutsche Gruppe kommt, dann wird dort meistens Dialekt gesprochen. In diesem Fall kann man nicht gut ersuchen, dass alle Standard-Deutsch sprechen, damit z. B. der einzige Italiener auch versteht, was besprochen wird.

Mo., 11.01.2021 - 17:54 Permalink
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rotaderga Mo., 11.01.2021 - 21:12

Kinder im Elternhaus finden, oder auch nicht, die Basis für den sprachlichen und sozialen Umgang mit anderen Kulturen. Ich hatte als Kind, trotz ländlicher Gegend, italienische Familien in der Nachbarschaft. Erwachsene wie Kinder pflegten immer ein gutes Miteinander. Wenn wir uns heute ab und zu begegnen verständigen wir uns immer noch im italienischen und deutschen Dialekt je nach Lust und Laune. Unsere Nachkommen, schon im Kleinkindesalter völlig "viersprachig", Standard und Dialekt in Deutsch und Italienisch sprechen nun als Erwachsene viele weitere europäische Sprachen.
Sprachen werden in der Schule gelernt. Sprechen und Weltoffenheit in der Familie, ohne - do sein mir in Südtirol, oder, siamo in Italia.
Viele Kreise glauben sich weiterhin mit den Differenzen zwischen den Südtirolern und Italienischen Zuwanderern politisch - geschichtlich -sprachlich beschäftigen zu müssen und ignorieren die neue Realität.
Wir haben Zuwanderer aus aller Welt, Religionen und Kulturen.
Dös sein die nuien "Walschn" von einst, mir deutsche und italienische Südtiroler die nuien "crucchi".

Mo., 11.01.2021 - 21:12 Permalink
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Elisabeth Schnitzer Di., 12.01.2021 - 07:19

Also bitte, wenn mir in Südtirol jemend sog, dass es Problem fa die Italiener isch, dass mir Deitsche lei Dialekt reden und sie sich sellawegen ausgschlossen fühlen und olls ondersch war, wenn mir Deitschen a wirklich Deitsch reden tatn nor isch sel a Witz, oder? Probiert's Mol in die Schweiz zu gian und in die Schweizer zu sogen sie sellen Schriftdeutsch mit enk reden weil schust fühlt eis enk ausgschlossen....aso na sel konn men net vergleichen, weil die Schweizer hom jo a Recht ihre Sproch zu reden, mir hingegen sein jo in Italien, oder?

Di., 12.01.2021 - 07:19 Permalink
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Sepp.Bacher Di., 12.01.2021 - 09:33

Antwort auf von Elisabeth Schnitzer

In meiner aktiven Berufszeit fuhr ich öfters in die Schweiz auf Weiterbildung. Für mich war es am Anfang sehr schwer zu verstehen und ich konnte oft auch lange nicht folgen. Bei einem Seminar waren wir mehrere Südtiroler Kollegen und brachten den Mut auf, die Referenten und Teilnehmer zu bitten, schriftdeutsch zu sprechen, damit wir besser folgen könnten. Nicht einmal alle Referenten waren bereit und die große Mehrheit der Teilnehmer empfanden das eine Zumutung.
Auch nicht viel besser ist die Situation in bestimmten Zonen auf dem Land in Bayern. Wenn du nicht verstehst, dann sagen sie es dir ein zweites mal, aber gleich. und bei dritten mal sagen sie es dir lauter. Das war`s. Da sind wir Südtiroler doch viel konzilianter. Die meisten bemühen sich, den deutschen Gästen in Schul-Deutsch zu antworten.
Wie ich schon oben geschrieben habe, ist es not wendig, sie darum zu bitten, auch mit Italienern das selbe zu tun.

Di., 12.01.2021 - 09:33 Permalink
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Chiló y dailó Di., 12.01.2021 - 14:53

Spero veramente che l'articolo sia inteso come una provocazione e non come una proposta seria (che in quel caso non sarebbe nemmeno una proposta ma un vero e proprio atto di aggressione "colonialista"). Nel mondo germanico l'uso del cosiddetto dialetto nella lingua di tutti i giorni è spesso la normalità. È così in Svizzera, Austria e diversi Länder della Germania. In Norvegia manca addirittura il consenso su quale variante scritta utilizzare per meglio rispecchiare la diversità dialettale, altro che lingua standard (leggi: lingua unificata imposta). Lunga vita al dialetto e ai dialetti dove fortunatamente sono riusciti a sopravvivere.

Di., 12.01.2021 - 14:53 Permalink
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Christian I Sa., 16.01.2021 - 22:26

Per un periodo ho studiato a Padova. Molti compagni di universitá paravano in dialetto veneto, bello stretto, quello dei "Serenissimi" tanto per capirci, non si capiva nulla... anch'io provavo un disagio.

Sa., 16.01.2021 - 22:26 Permalink
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Emil George Ciuffo Sa., 16.01.2021 - 23:02

"Mi è stato spiegato tuttavia che può anche essere dovuto all’imbarazzo di non avere familiarità con il tedesco standard, percepito da alcuni come lingua più straniera dell’italiano."
Credo che per molti sia proprio così. Per questo scrivono anche in dialetto gli sms, perché sanno di fare parecchi errori nel tedesco standard. In un dialetto che, per definizione, non è codificato questo non può succedere ...

Sa., 16.01.2021 - 23:02 Permalink
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Klemens Riegler So., 17.01.2021 - 09:05

Wenn wir ganz ehrlich sind, dann müssten wir zugeben, dass in Sudtirolo die diesbezügliche Situation eigentlich besser ist als in vielen Regionen rundherum. Warum? weil wir seit jeher Brückenkopf zwischen Sprachen waren und weil selbst der hinterste Sarner sich in Bozen halbwegs verständlich ausdrücken kann. Ebenso wie es die Sardin in Meran kann wenn sie auf einem Amt etwas braucht.
Ich glaube der Wille ist der Weg ... und ganz so schlecht ist der nicht. Auch weil darüber - wie hier - diskutiert wird. Und weil ich nicht von disagio spreche wenn ich mich im Ahrntal aufhalte und die Teldra nicht halbwegs verständliche "Mundart" sprechen. Anzi ... gefällt mir, ebenso wie die vielen anderen Dialekte in Italien.
Das einzige italienische Wort welches ich einfach nicht mehr hören kann ist übrigens "disagio".

So., 17.01.2021 - 09:05 Permalink
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Sigmund Kripp Fr., 22.01.2021 - 07:48

Vor wenigen Tagen habe ich im Radio "Rai Südtirol" ein Interview mit einer älteren Grödner Holzschnitzerin gehört. Das Erschreckende war, dass die junge Interviewerin in deutschem Dialekt gefragt hat, während die alte Grödnerin in schönem, österreichischen Hochdeutsch geantwortet hat!
Ich finde, RadiosprecherInnen sollten ein österreichisches Standarddeutsch sprechen. Ich betone "österreichisch, denn sonst wird - bei Bedarf nach Hochsprache - in "Sahnedeutsch" übergegangen! (Sahnedeutsch ist, wenn SüdtirolerInnen "Sahne" statt "Rahm" sagen, oder "lecker" statt "ganz gut / gonz guat", oder - wenn sie es dann ganz perfekt meinen - "Klöße" und "Schinken" statt "Knödel" und "Speck". :-) )

Fr., 22.01.2021 - 07:48 Permalink