Politik | Jimmy Milanese

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Questa è la storia “meranese” dello jihadista ABDUL Rahman Nauroz, leader italiano della cellula islamista “Rawti Shax”, dalla cui abitazione in Via Castel Gatto 9 dirigeva l'organizzazione che faceva capo al Mullah Krekar, già detenuto nel carcere di Kongsvinger in Norvegia per avere ripetutamente minacciato politici norvegesi che stavano intraprendendo azioni civili contro il suo proselitismo religioso. Narouz è accusato di avere partecipato attivamente alle attività di questa organizzazione, anche se è la Procura stessa precisa due elementi che nel corso del processo saranno decisivi. In primo luogo, l'organizzazione in esame non è inserita negli elenchi di associazioni terroristiche stilati dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU, ma anche se lo fosse, questo non sarebbe sufficiente per potere procedere all'incriminazione dei suoi membri. In secondo luogo, la Procura spiega come, in punta di legge, appartenere a una struttura che compie atti di terrorismo internazionale o che minaccia tali azioni, come sicuramente nel caso di Rawti Shak, è già di per se un elemento significativo per procedere penalmente contro il singolo. In tal senso, la Procura stessa ritiene di avere trovato nel materiale probatorio a carico del Narouz una condotta sintomatica della sua partecipazione ad attività preparatorie rispetto all’esecuzione di reati-fine del gruppo e inerenti all’assunzione di un ruolo effettivo nell’organigramma criminale. In particolare, la Procura elenca una serie di contatti e relazioni telematiche, telefoniche e personali che il Narouz ha intrattenuto con elementi sicuramente interni all'associazione jihadista, la sua attività di reclutamento anche e non solo sul territorio meranese al fine di contribuire alla guerra jihadista in Siria, il suo ruolo chiave nell'organizzazione, la sua ripetuta aspirazione al martirio e il suo sentimento anti-ebraico ed occidentale in genere. Tutto questo, riferibile alla assoluta fedeltà di Narouz verso la persona e il proselitismo attuato dal Mullah Krekar, per liberare il quale il jihadista meranese ha più volte espresso l'intenzione di essere disposto a tutto.

Questa, in sintesi, la posizione della Procura di Roma che ha disposto il fermo di Narouz in carcere, in quanto al momento del blitz del 13 novembre, Narouz si trovava già recluso per altro reato.

Per arrivare a questa conclusione, la Procura presenta una corposissima documentazione, in una Ordinanza di 1198 pagine nelle quali espone in modo assolutamente dettagliato e preciso le conversazioni ambientali e telefoniche intercettate presso le moltissime utenze di Narouz. E questo nonostante la capacità dello stesso di cambiare molto spesso il suo recapito telefonico, assicurarsi con i membri dell'organizzazione sulla sicurezza e segretezza delle conversazioni, e per questo dotarsi di complessi stratagemmi telematici atti a rendere invisibile la presenza in rete si di se stesso sia del gruppo jihadista. Allo stesso modo, l'organizzazione “Rawti Shax”, nella quale Narouz è inquadrato, come provato dalla gestione diretta della piattaforma web e da numerosi contatti con membri della stessa, risulta dichiaratamente impegnata nel tentativo di soverchiare con la forza il governo curdo per instaurare una dittatura jihadista, ma opera in modo accorto col fine di rendersi invisibile a qualsiasi forma di intercettazione o rintracciabilità.

Quindi, la storia della cellula jihadista altoatesina inizia con l'arrivo di Narouk a Bolzano nel 2008, perché espulso dalla Norvegia, ma dopo un pellegrinaggio di almeno due anni in Europa, dove a vario titolo si era sicuramente reso responsabile di falsa dichiarazioni anagrafiche e traffico di clandestini. Il 30 aprile 2009 ottiene il foglio di soggiorno per protezione sussidiaria correlata alle presunte minacce subite in Iraq dal gruppo terroristico Ansar Al Sunna,. In tal senso, Narouz dichiara di per avere assistito alcuni americani, e per questo avere subito una rappresaglia personale culminata sembra con l'uccisione di alcuni familiari. Per due anni Narouz conduce una vita pressoché anonima in Alto Adige, dove ottiene casa e sussistenza economica, condita però da una detenzione in Francia dal luglio al dicembre 2010. Una detenzione che, a quanto sembra, non interrompe il livello di assistenza ottenuto in Italia, tanto che dagli atti lo stesso risulta sempre domiciliato in Via Castel Gatto. L'8 ottobre 2011 Narouz inizia ad essere intercettato dai ROS.

Nella sua casa di Merano, dove risiedeva a spese del Comune dal dicembre 2008, inizia la sua “trasformazione”. Intercettato, il 10 0ttobre 2011 Nauroz giura che proteggerà tutti i mujaheddin nel mondo e infliggerà una punizione a tutti gli ebrei ed i cristiani. Successivamente, nel gennaio 2012 (ma lo rifarà diverse volte e in vario modo) esprime anche la sua volontà di martirio, e il 21 gennaio diventa amministratore della nota chatroom di Rawti Shak, indicando in sei i componenti italiani della cellula terroristica. Un salto di qualità che nel processo sarà sicuramente fatto pesare dalla Procura come prova del suo inquadramento all'interno di una organizzazione responsabile jihadista dalla chiara connotazione estremista. Il mese dopo, grazie a diversi passaggi, Narouz si arma, grazie all'intercessione di un amico in Svizzera, come documentato anche e non solo dalla foto diffusa dai media. Da dire che in altra occasione, lo stesso Narouz, ripreso da alcuni vertici dell'organizzazione, aveva dovuto abbassare il livello di esposizione mediatico dei suoi compagni, evitando ad altri componenti la pubblicazione di foto con armi impugnate.

Tra febbraio e marzo 2012, Narouz è in Norvegia in sostegno del Mullah Krekar, che di li a poco sarebbe stato arrestato, ed è al ritorno di quel viaggio che il suo attivismo compie un balzo in avanti. Con un linguaggio in codice decriptato dalla procura, spiega a Mohamad Ali Ahmad come realizzare attentati contro ambasciate, anche se negli atti della Procura non ci sono prove della realizzazione degli stessi. Il 29 marzo, a Merano arrivano informazioni sui campi di addestramento di Rawti Shax. Il mese dopo, Narouz rivela ai Ros che lo stanno intercettando la sua passata appartenenza alla nota cellula Ansar al Islam (questa si già inserita nella black-list delle organizzazioni terroriste ONU) e il ruolo da lui svolto precedentemente nel campo militare islamico.

Il 19 maggio 2012 in via Castel Gatto si forma ufficialmente la cellula jihadista italiana, su diretto ordine del Mullah Krekar, che si fida di Narouz e al quale ordina per mezzo di intermediari (prontamente intercettati) la costituzione di una unità italiana. Un mese dopo, invece, inizia la raccolta fondi italiana per finanziare le attività terroristiche in Kurdistan. Anche in questo caso, le comunicazioni tra i membri di Rawti Shak dimostrano la paura di una possibile intercettazione da parte delle autorità giudiziarie.

Infatti, nel luglio 2013 a Merano arriva una soffiata sulle indagini che le polizie europee (in particolare inglesi) stavano svolgendo sull'organizzazione, quindi, Narouz è costretto a maggiore attenzione. Tra il dicembre 2013 e il gennaio 2014, l'altro meranese, Eldin Hodza, viene cooptato dall'organizzazione e spedito in Siria per combattere. Al ritorno, e siamo a Merano in via Monastero 66, Eldin è dovizioso di particolari sulla missione, e nel pieno centro della tranquilla cittadina meranese la cellula jihadista viene intercettata mentre festeggia la decapitazione del giornalista americano James Foley. Nel luglio 2014, Narouz si dichiara in totale accordo anche sulla distruzione delle moschee di Mosul, frequentate da islamici moderati, mentre nel frattempo riprende violentemente l'unica donna coinvolta nell'indagine, perché questa avrebbe commentato negativamente ad un amico una azione terroristica ad opera dello Stato Islamico. Il che mostra la piena adesione di Narouz anche alle azioni di tipo terroristico perpetrate dall'ISIS verso la popolazione siriana. Pochi mesi dopo, le forze investigative si rendono conto che Narouz deve essere fermato, e con uno stratagemma lo arrestano per un reato pregresso, continuando in sua assenza le indagini.

Infine, una considerazione del tutto personale, consentitami dalla natura confidenziale di questo blog. Ora la palla passa alle aule dei tribunali, dove questo meritorio e, consentitemelo, spettacolare, lavoro di intelligence dei ROS, dovrà essere messo al vaglio della complessa legge italiana in materia di terrorismo internazionale. E' lo stesso corposo preambolo del GIP di Roma che spiega la difficoltà di procedere alla identificazione di un reato nella fattispecie. In questo caso, il rischio di punire una opinione, piuttosto che una condotta, è evidente e deve essere garantita la libertà di pensiero ed espressione anche a Narouz. Ad ogni modo, per chi come me ha letto tutte le 1198 pagine dell'Ordinanza, non vi è alcun dubbio che l'operato di Narouz, anche se materialmente non ha mai raggiunto la realizzazione pratica di azioni criminose, debba essere in qualche modo sanzionato. Dall'analisi della legislazione italiana in materia, mi si creda sulla parola, non sarà affatto facile comminare una sanzione adeguata alla condotta di Narouz e di alcuni dei membri di questa cellula. Forse mai come in questo caso vale la massima che dice “fino a quando non ci scappa il morto, la legge sembra impotente”. Una legge, anche visti i recenti fatti di Parigi, che va assolutamente adeguata alle nuove minacce e all'uso astuto che questi personaggi fanno delle tecnologie per occultare (con successo) gran parte del loro reale intendimento.