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Politica | Avvenne domani

Ordeeer!

“Grande è la confusione sotto il cielo…”

Forse non è il caso di scomodare addirittura una delle citazioni più celebri di Mao Tse Tung per descrivere quel che è avvenuto negli ultimi giorni nel ristretto spazio che separa l'aula del Consiglio Provinciale di Bolzano e gli altri palazzi della politica altoatesina. Resta il fatto che verrebbe voglia davvero di insediare anche solo per un giorno sullo scranno più alto dell'assemblea provinciale quel John Bercow che ha portato notorietà mondiale l'aspro richiamo (Ordeeer!) con il quale ha tentato per 14mila volte in 10 anni di riportare ad una parvenza di normalità l'intricato dibattito alla Camera dei Comuni inglese.

Fare un po' d'ordine servirebbe quantomeno ad evitare episodi che non rivestono forse importanza drammatica, ma che risultano fastidiosi come quelli avvenuti in quel di Bolzano nelle ultime settimane.

Ci riferiamo in particolare alla vicenda della famosa leggina europea, contenente il famoso comma, varato in aula con il voto contrapposto dei consiglieri di lingua tedesca e di quelli italiani, nel quale, in base a una proposta degli estremisti secessionisti sudtirolesi, il termine Südtirol veniva tradotto con "Provincia di Bolzano" e non più, come da Statuto, con l'Alto Adige. Si sa com'è andata a finire. La tempesta mediatica che ha subito avviluppato l'intera questione, con echi e riflessi a livello nazionale e internazionale, ha costretto la maggioranza di Giunta a un precipitoso dietro-front, con il varo di una nuova legge emendata che ora sta affrontando l'iter consiliare. Commentando in un'intervista l'intera questione, il presidente Kompatscher ha rivelato come l'errore sia stato dovuto ad una carenza di informazione nei suoi confronti e, si presume, anche nei confronti degli altri consiglieri provinciali del suo partito, visto che l'emendamento incriminato aveva ottenuto l'approvazione unanime da parte degli eletti della Stella Alpina.

Il polverone polemico sollevato dalla questione non si era ancora posato del tutto quando, sempre su una questione di carattere etnico, quella, ormai annosa, del doppio passaporto, è scoppiata un'altra grana dei dimensioni quanto meno eguali. Tutto è nato, come tutti ormai sanno, da una lettera con la quale una cinquantina di esponenti del mondo politico ed economico sudtirolese chiedono al futuro governo di Vienna di riprendere in mano tutta la questione e di mantenere gli impegni assunti quando della maggioranza facevano parte quei Liberalnazionali che, dopo una clamorosa sconfitta alle ultime elezioni, appaiono destinati a restare l'opposizione e che della proposta di concedere il passaporto austriaco ai sudtirolesi di madrelingua tedesca e ladina erano il maggior sponsor.

Tra i firmatari i consiglieri provinciali di vari gruppi e tra di essi anche l'Obmann SVP Achammer.

Secondo episodio e secondo polverone polemico, questa volta più ristretto all'interno del mondo politico sudtirolese. L'iniziativa è stata duramente contestata dal Presidente Kompatscher che ancora una volta si è espresso in modo molto critico nei confronti del metodo utilizzato. Una posizione che gli è valsa attacchi concentrici da parte delle opposizioni della destra secessionista ma anche da esponenti del suo partito, non ultimi gli ex consiglieri provinciali, per una volta distratti dalla battaglia per conservare integri i loro vitalizi.

Delle ultime ore infine la decisione da parte di cinque consiglieri del "Team K", nuova denominazione del gruppo fondato guidato da Paul Köllensperger, che avevano firmato la lettera (l'unico a non farlo era stato proprio il leader) e che, parlando di un errore commesso, hanno ritirato la loro sottoscrizione.

Questi i fatti e questo il panorama, invero poco rassicurante, che essi disegnano.

Sui risvolti politici della questione mi pare che Christoph Franceschini, su queste colonne, abbia scritto cose difficilmente contestabili e che quindi non starò a ripetere. Quel che mi pare invece valga la pena di sottolineare  è il fatto che da tutta la vicenda promana un olezzo di faciloneria e di scarsa attenzione politica sul quale sarebbe bene riflettere attentamente.

Partiamo da un concetto ormai storicamente inchiodato alla realtà altoatesina. Le controversie etniche, tra Salorno e il Brennero, fanno parte del panorama esattamente come le Dolomiti o i vigneti di Caldaro. Illudersi di ignorarle vuol dire non avere il senso della realtà. Anche la proposta, ventilata a suo tempo, di una sorta di moratoria delle discussioni sui problemi etnici è un'idea sicuramente partorita con grandissimo e lodevole entusiasmo ma del tutto inapplicabile nella realtà. Perché le questioni esistono, anche se a viverle come una sorta di quotidiano imperativo categorico è una parte probabilmente abbastanza limitata della popolazione di tutti i gruppi, e perché comunque esistono delle forze che su questi temi hanno imperniato la totalità della loro azione politica e che quindi non hanno nessunissima intenzione di passarle anche provvisoriamente agli archivi. Adesso in futuro, come del resto è avvenuto più o meno sempre in passato, il percorso della politica altoatesina sarà costellato da tentativi più o meno espliciti, di sollevare i temi che generano controversia etnica.

Basterebbe saperlo ed attrezzarsi per la bisogna, evitando di compiere scelte che poi si rivelano sbagliate e che costringono a ravvedimenti poco operosi e a retromarce poco piacevoli per chi le deve compiere. Inutile poi girare la faccia dall'altra parte affermando che questi temi non sono prioritari  in un'agenda. politica nella quale tutte due le questioni che hanno provocato le polemiche di questi giorni sono peraltro inserite da tempo. Quella del doppio passaporto, ad esempio, anche se la destra sudtirolese secessionista se  ne  intesta la titolarità, è di pura marca SVP. La proposta fu ideata dai parlamentari della Stella Alpina quando il Parlamento italiano approvò una normativa analoga che concedeva passaporti agli italiani della Croazia e ai discendenti degli emigrati e il partito della Stella Alpina l'ha portata avanti con costanza, anche di fronte al marcato scetticismo di molti esponenti politici austriaci.  Anche la questione della toponomastica, di cui fa parte a pieno titolo la proposta di mandare agli archivi la dizione Alto Adige, è sul tavolo della politica altoatesina da almeno trent'anni.

Le due vicende, simili per molti aspetti, differiscono tuttavia per un particolare non di scarsa rilevanza. Mentre per essere in qualche modo conclusa, la questione-toponomastica abbisogna sicuramente di un atto formale da parte dell'Italia ( norma di attuazione, accettazione di una legge provinciale o addirittura una legge costituzionale che cancelli l'obbligo del bilinguismo previsto dallo Statuto), per il doppio passaporto tutta la sovranità è di Vienna che, sul piano del puro diritto, può concedere la propria cittadinanza a chi vuole. Sul piano squisitamente politico, ovviamente, il discorso è diverso. A Bolzano e a Vienna c'è chi ha affermato che il progetto "Doppelpass" potrebbe essere portato avanti solo d'intesa con l'Italia. Non hanno mai detto, però, che cosa si dovrebbe fare se l'assenso da Roma, come abbastanza probabile, non arrivasse.

 E' chiaro comunque che non è sul merito delle questioni, quindi, che si discute ma sul metodo da seguire per ottenere dei risultati. C'è chi cerca a tutti i costi la prova di forza e chi invece si affida, sulla base di una collaudata esperienza, alla trattativa da portare avanti pazientemente, in attesa del momento buono per far prevalere le proprie tesi. E c'è, infine, il più che fondato sospetto che le battaglie identitarie non siano che un assaggio della lotta per la leadership che appare ormai avviata, nel partito di maggioranza sudtirolese. Anche a costo di considerare il valore di una politica orientata alla pacifica convivenza tra i gruppi come un aspetto marginale e sacrificabile.