Cultura | Il doc

Quello che non vi dicono sull’alcol

Andreas Pichler è tornato. Il suo nuovo documentario “Alkohol - Der globale Rausch” in programma a Bolzano e Caldaro. Viaggio fra lobby senza scrupoli e verità nascoste.
Andreas Pichler
Foto: Miramonte Film

A due anni dall’acclamato “Das System Milch”, entrato anche nelle grazie di Netflix, il regista bolzanino Andreas Pichler torna in sala con un documentario se possibile ancora più scomodo: “Alkohol - Der globale Rausch”. Tutto è nato quando Pichler e il co-produttore tedesco, la Eikon Film, dopo aver lavorato al progetto sul latte e a uno sull’acqua (in quest’ultimo caso era coinvolta solo la casa di produzione germanica), si sono chiesti: “Qual è il terzo liquido più importante per l’umanità?”, e arrivare all’alcol è stato quasi un automatismo. Il tema è insidioso, disseminato di contraddizioni e di trappole a forma di cliché, ma l’angolazione da cui osservare e indagare il fenomeno diventa da subito chiara: l’alcol provoca ogni anno tre milioni di morti, quasi nessuno però chiama questa sostanza così famigliare una droga, nonostante il suo potere psicoattivo e distruttivo, spiega il documentarista su salto.bz. “Com’è possibile? La dominante industria degli alcolici, con un fatturato annuo di 1.200 miliardi - e in aumento -, sta giocando un ruolo importante in questo sistematico occultamento?”. Il viaggio investigativo si compie attraverso diversi paesi, fra cui l’Islanda e il Colorado dove Pichler trova progetti di prevenzione molto particolari. 

Con il ‘sistema latte’ è stato più facile stabilire chi fossero i buoni e i cattivi, in questo caso la faccenda è più complessa perché non si può dare solo la colpa ai produttori di alcol, essendo questa sostanza così tanto radicata nella cultura occidentale. Ma l’industria si appoggia sopra questo esistente bisogno di consumo

Centrare il giusto approccio con cui trattare l’argomento è stata una sfida. “Intendiamoci, io non sono contro l’alcol, il progetto ruota intorno alla necessità di consapevolezza riguardo ciò di cui si fa uso, volevo mostrare che l’alcol è de facto una droga - chiosa Pichler -. Con il ‘sistema latte’ è stato più facile stabilire chi fossero i buoni e i cattivi, in questo caso la faccenda è più complessa perché non si può dare solo la colpa ai produttori di alcol, essendo questa sostanza così tanto radicata nella cultura occidentale. Ma l’industria si appoggia sopra questo esistente bisogno di consumo”. 

Tre sono i filoni in cui si snoda il documentario. Il primo si concentra sulle voci di esperti internazionali, fra cui quella di David Nutt, autorevole professore all’Imperial college London e consulente del governo britannico in materia di droghe per molti anni finché, dopo aver pubblicato uno studio sul danno complessivo delle sostanze sugli individui e sulla società, è stato “ostracizzato”. Dal report è emerso che l’alcol è fra le sostanze più nocive.

 

 

Il secondo campo d’azione è la funzione dell’industria dell’alcol, un capitolo piuttosto ostico da comporre data la riluttanza delle multinazionali a esporsi di fronte alla videocamera. Un episodio esemplare: “Dovevamo girare all’Oktoberfest e ci eravamo messi d’accordo con un oste del tendone della Löwenbräu per intervistarlo, prima di girare ci dice di questi camion che la notte arrivano sul posto per il rifornimento di birra - racconta Pichler -, così decidiamo di chiedere se possiamo riprendere anche la partenza degli automezzi dallo stabilimento, la Löwenbräu inizialmente accetta senza remore, ma poi interviene la Anheuser-Busch InBev (il gigante della birra proprietario di 500 brand di birra in tutto il mondo, Löwenbräu compresa, ndr) fermando tutto, niente riprese nel tendone e niente più intervista”.
Un altro stop giungerà anche dalla olandese Heineken. Questa volta si vola in Nigeria per vedere fino a dove si spingono le multinazionali. “Da dieci anni a questa parte il consumo di alcol è relativamente calato in Europa e le grandi lobby sono a caccia di altri mercati, l’Asia è uno di questi, ma lo sta diventando anche l’Africa, specie paesi come la Nigeria dove la classe media inizia ad essere economicamente piuttosto agiata - afferma il regista -. Lì la Heineken ha usato dalle 2.000 alle 2.500 prostitute per promuovere una birra scura e per convincere i clienti millantava che la bevanda avrebbe dato loro migliori abilità sessuali. L’azienda non è voluta comparire nel documentario per dare spiegazioni, l’unico con cui ho avuto uno scambio è stato un ex membro del consiglio di amministrazione della sede inglese del birrificio che ha parlato addirittura di ‘win-win situation’ per le prostitute e per la Heineken”.

 

 

L’ultimo filone del documentario è dedicato alle “storie di vita”, due protagonisti in particolare, con problemi di dipendenza dall’alcol, hanno avuto un ruolo dirimente: una ragazza venticinquenne di Liverpool e il noto giornalista Lorenz Gallmetzer.

Sarà interessante vedere che piega prenderà la discussione soprattutto a Caldaro, il centro della produzione del vino in Alto Adige

Dopo un’anteprima a Lipsia, il 28 ottobre scorso, prima di sbarcare nei cinema, in Germania, il 9 gennaio 2020, il documentario sarà proiettato (la versione è in tedesco e inglese) giovedì 14 novembre, ore 20.30, al Filmclub Capitol di Bolzano, seguirà un dibattito con Andreas Pichler, Peter Koler (Forum Prävention), e Helmut Zingerle (ex direttore del Centro terapeutico di Bad Bachgart). Si replica sabato 16 novembre, sempre alle 20.30, al Filmtreff di Caldaro, stavolta sul podio ci saranno, oltre al regista, Christian Sinn, presidente della cantina di Caldaro, Günther Morandell, sostituto procuratore, e Oskar Giovanelli del centro di disintossicazione dalle dipendenze HANDS-Onlus. “Sarà interessante vedere che piega prenderà la discussione soprattutto a Caldaro, il centro della produzione del vino in Alto Adige”, fa notare Pichler, che è come dire: non mancate.

 

 

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Peter Gasser Sab, 11/02/2019 - 09:54

Da gebe ich noch etwas (FAS = fetales Alkohol-Syndrom) mit, und schade, dass es im Film wohl nicht aufgearbeitet ist:
10.000 Neugeborene (!) jedes Jahr allein in Deutschland mit mehr oder weniger irreversibel geschädigtem Gehirn durch Alkoholvergiftung, viele ohne richtige Diagnose bis ins Erwachsenenalter. 3.000 mit FAS-Vollbild und lebenslanger Beeinträchtigungen.
Mütter, die mit Alkohol das Gehirn ihrer ungeborenen Kinder vergiften. Irreversibel.

Unbekannt.
Verschwiegen.
Tabu.

http://www.happy-baby-no-alcohol.de/fakten/

Sab, 11/02/2019 - 09:54 Collegamento permanente
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Sepp.Bacher Lun, 11/04/2019 - 11:23

Sehr interessant! Eines ist der Geschäfts- und Geldrausch der Alk-Unternehmer und das andere das gelegentlich Räuschchen unsereiner. Trotz wiederholter Anti-Alkohol-Kampagnen sind mE die Präsentationen und Verkostungen von Weinen gestiegen und entsprechend auch die Preise. Also trinken wir halt billigeren Wein aus dem Trentino und Venetien.
Jede/r braucht entweder Koffein, Nikotin, Alkohol, Coca, Hanf- oder Schlafmohnpräparate, halluzinogene Pilze oder Pflanzen, sowie ähnliche Präparate oder Wirkstoffe- auch chemisch-pharmakologische. Diese haben verschiedene Wirkungen, aber wichtig ist, dass man nicht physisch davon abhängig wird.
Die Warnungen, wie ich sie schon öfters von Helmuth Zingerle gehört habe, finde ich übertrieben, erklären sich aber, da er vor allem die Abhängigen kennt. Da gefällt mir Peter Kohlers Position schon besser.

Lun, 11/04/2019 - 11:23 Collegamento permanente