Ambiente | Trasporto pubblico

Bus diesel ibridi, una cantonata europea

Rifatta la flotta di Sasa con mezzi che non sono "clean vehicle". Le chiacchiere stanno a zero ma, come sempre, non se ne discuterà perché Sasa non va criticata, mai.
Avvertenza: Questo contributo rispecchia l’opinione personale dell’autore e non necessariamente quella della redazione di SALTO.
Bus ibridi-gasolio di Sasa, non sono "clean vehicle"!
Foto: Aaron_2021

Nel recente webinar dedicato sulla transizione energetica per il tpl organizzato dalla rivista “Autobus” merita particolare attenzione l’intervento dell’ing. Andrea Bottazzi di Tper Emilia Romagna, che ha fatto il punto dal punto di vista normativo del settore in vista delle restrizioni che ci saranno per gli appalti di acquisto di nuovi bus dall’agosto 2021. Per la cronaca, il dirigente bolognese era stato citato con enfasi dai vertici di Sasa in consiglio comunale a Bolzano l’11 settembre 2018 ma, in realtà, si è vantata una conoscenza nei fatti per “predicare bene e razzolare male”.

Ebbene, dal quadro che ha illustrato l’ing. Bottazzi, il mondo del tpl locale ne esce mica tanto bene, anzi, perché ha spiegato molto bene le novità che attendono il mondo del tpl a partire dal 2 agosto 2021 e, nella seconda fase dal gennaio 2026, che impone quote precise di veicoli “puliti” e di veicoli “a zero emissioni” a seguito della direttiva UE 2019/1161 del 20 giugno 2019.

Che cosa siano i “clean vehicle” lo definisce la direttiva UE Dafi del 2014. Evidenzio: 2014! E qui "casca l'asino".

Qualcuno potrà obiettare: e allora? Soprattutto dopo l’acquisto massiccio di bus ibridi-diesel (ma anche solo diesel…) da parte di Sasa? Per carità, acquisti legali, ma estremamente contraddittori.

Problema di prospettiva e di annunci: la coerenza? A zero

Il problema è di quanto è sempre stato dichiarato dai vertici di Sasa e della Provincia. Sempre a parlare di “elettrificazione” e bus elettrici, di idrogeno ma poi, nel concreto, sono stati solo “sogni e castelli in aria” dati in pasto ai media perché la flotta di Sasa è stata per gran parte dieselizzata, come ho evidenziato di recente (e che i media fanno finta di ignorare perché evidentemente Sasa non va mai criticata…) e di certo non saranno i 5+12 autobus a idrogeno e i 5+8 autobus elettrici a cambiare gli equilibri in una flotta di circa 170 mezzi.

Allora, se fin dal 2014 si sapeva cosa erano i “clean vehicles”, come mai Sasa (finanziata dalla Provincia) ha indefessamente comprato autobus a gasolio? Per tacere del “Piano Clima Energia 2050”, che, come ho già abbondantemente scritto in passato, è stato disatteso in pieno per il trasporto pubblico poiché prevedeva uno scenario “diesel-free” fin dal 2025, obiettivo che ben si sa è oggi ormai non raggiungibile.

A riprova di quello che ho scritto, si vada a leggere nelle delibere di acquisto dei nuovi bus di Sasa del 2018 e 2019 se si trovano i riferimenti alla direttiva Dafi sui “clean vehicle” e sul “Piano Clima”. Si provi a fare una ricerca se non mi si crede. In quella del 2018, invece, si troverà un j’accuse contro il metano farcito di dati obsoleti, pregiudizi e imprecisioni davvero grossolane, quasi fosse rivolto nei miei confronti. Si vada poi a sentire cosa dice l’ing. Bottazzi in merito alle trazioni alternative al gasolio e forse qualcuno dovrebbe arrossire dalle parti di via Buozzi e di piazza Magnago.

L’esempio contrario di Trentino Trasporti

Si poteva fare altrimenti? Certo che sì. Fra l’altro lo dimostra Trentino Trasporti intervenuta con l’ing. Giuliano Giacomelli proprio nel citato webinar. In breve, ampliamento della flotta dei bus a metano nel 2021 e nel 2022 e già nel 2020 il 57% dei km percorsi a Trento sono stati percorsi a metano. Se consideriamo che ormai siamo al 20% di quota di biometano per l’autotrazione, nel capoluogo trentino si va verso una mobilità sempre meno impattante sul lato CO2 senza avventurarsi in autobus a idrogeno o elettrici. Semplice, no? E io che lo scrivevo già nel 2007…

Che si potesse fare il contrario di quello che si è fatto, tra l’altro risparmiando soldi che sarebbero avanzati per una decina di bus elettrici, l’ho già scritto. Come sempre senza alcuna replica davanti a dati e fatti incontrovertibili delle scelte compiute.

Il fallimento, la colpevole ignoranza o complicità della politica

Qui va anche precisato che evidentemente né nei consessi comunali (che da sempre dormono profondamente), né negli uffici provinciali (che paiono essere solo degli accettatori acritici delle domande di finanziamento, almeno dagli atti a disposizione) ci si è posto questo problema. Chiaro, come ho sottolineato, Sasa non va mai criticata perché si creerebbe un cortocircuito politico da parte di chi ha eletto i vertici di Sasa e relativi consessi societari. Idem per la Provincia che ora comanda in Sasa tramite il Consiglio di Sorveglianza e che è in procinto di assumerne il controllo in vista dell’acquisizione in-house di un bel pacchetto di linee interurbane che saranno, ovviamente, tutte a gasolio, ma nessuno ha il coraggio di dirlo.

Che su questi temi non ci si voglia confrontare con il sottoscritto, come la richiesta inevasa da tempo di essere sentito dalla commissione mobilità bolzanina, è evidente che ci si continui a nascondare dietro ad un (enorme) dito. Perché “fra il dire e il fare, c’è di mezzo il gasolio con una spruzzata di idrogeno e di elettrico”. Con tanti saluti al "Piano Clima" e ai "clean vechicles" nonché pure ai vari "piani NO2".