Politica | A 19 anni dalla scomparsa.

Alexander Langer tra virgolette

Il 3 luglio cade l'anniversario della scomparsa di Alexander Langer, morto suicida sulle colline di Firenze. Come interpretare le ancora numerose citazioni della sua figura?

Il premier Matteo Renzi è solo l'ultimo ad aggiungersi (con un discorso alla Camera sull'Europa) alla lista di personaggi politici di primo o secondo piano che negli ultimi anni hanno evocato, per nome o per citazione, la figura di Alexander Langer: Walter Veltroni, Nichi Vendola, Laura Puppato, Pippo Civati (forse il più onesto: ne approfondisce il pensiero anche nel suo ultimo libro), Adriano Sofri e Reinhold Messner nel salotto di Fabio Fazio “chetempochefa”, i presidenti della Camera Laura Boldrini e – solo per obbligo istituzionale? – Gianfranco Fini. Recentemente si fa riferimento a Langer nel bel documentario di Gustav Hofer e Luca Ragazzi “What is left”; un'ottima puntata de “La storia siamo noi” di Giovanni Minoli è stata dedicata al fondatore dei Verdi sudtirolesi, come un instant book edito da Chiarelettere e persino un fumetto. Come mai, a una così densa bibliografia di citazioni, non corrisponde un'altrettanto ricca diffusione (e "concretizzazione") delle intuizioni di Alex Langer?

Una cara amica assieme alla quale capita di trovarsi coinvolti in iniziative dell'area ecologista o della sinistra “alternativa” italiana, scherzosamente ha coniato una nuova unità di misura: L/P, “Langer per paragrafo”, onde quantificare la densità di citazioni – a volte a sproposito, altre volte meno – del nome o degli scritti di Alexander Langer. La spinta ideale dell'europarlamentare verde, esauritasi nella sua prematura scomparsa, è motivo di nostalgia per molte e molti “langieriani”. Il primo a cogliere di striscio il fenomeno fu Lucio Giudiceandrea, in maniera sin troppo provocatoria, coniando l'espressione “langeristi”. Questo atteggiamento ha sicuramente contribuito ad ingabbiare la figura di Langer in una celebrazione controproducente, ma l'opporsi a tale mitizzazione finisce per ricadere nel medesimo schema: non tange la “Wirkungslosigkeit eines Klassikers”.

Aldilà di facili e ipocrite “rottamazioni”, il problema è anzitutto generazionale. L'intervento su facebook di un esponente del mondo nonviolento e “langeriano” riguardo la sconfitta e conseguente eliminazione dell'Italia ai Mondiali (“Gli Azzurri battuti dalla Costa Rica, paese senza esercito, e dall'Uruguay, che ha un Presidente che vive in povertà. Una profonda lezione: meditate, gente, meditate”), oltre a una strana visione del calcio, tradisce scarsa aderenza alla realtà. Andando alla ricerca di simboli messianici si finisce per attribuire a figure profetiche (spesso maschili) qualità sovraumane che si rivelano infondate – vedi il presidente uruguayano Pepe Mujica. Ciò è accaduto pure con Langer: le incongruenze tra l'immagine pubblica di antesignano del “lentius profundius suavius”, distante da qualsiasi disvalore politico, e quella privata sono fisiologiche, però sottaciute.

Le analisi di Alexander Langer appartengono alla storia, offrono numerosi spunti di riflessione, ma vanno collocate in uno spazio temporale preciso, altrimenti si sconfina nell'anacronismo. I messaggi di allora oggi semplicemente non passano: perché diventino “socialmente desiderabili” occorre attualizzarli, adattarli ai nuovi linguaggi, nonché rilanciarli politicamente. Nella generazione che già si impegnò con lui purtroppo ha prevalso lo scetticismo verso forme innovative della comunicazione politica, il disimpegno rispetto alla competizione elettorale, alla traduzione di pensieri pur nobili in azioni politiche concrete. Così facendo ci si condanna a restare minoranza, chiusi in un recinto a darsi ragione. A costo di cadere in qualche approssimazione biografica, il modo migliore per rendere onore alla memoria di Langer è affidarla a persone che non lo conobbero, che ne sappiano cogliere quegli elementi di attualità e tralascino quanto ormai appartiene a un passato remoto. Con ostinazione, curiosità e preparazione sapranno certamente comprendere cosa è giusto continuare. E cosa no.

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Maximilian Ben… Gio, 07/03/2014 - 10:09

bel pezzo! Condivido tutto. Ma Valentino, non credi che Langer abbia anche avuto un ruolo proprio, un atteggiamento, che ha isoltao il suo pensiero nel idealismo? Si parla sempre solo delle cause della mancata eredità politica, del l'interpretazione. Ma prima della sua morte Langer avrebbe potuto fare qalcosa per demitizare la sua figura?

Gio, 07/03/2014 - 10:09 Collegamento permanente