Società | La storia

L'uomo più cattivo del pianeta

Ha accompagnato Mike Tyson in tour in Germania. Pietro Polidori, di Bressanone, è un presentatore plurilingue: "Ho fatto 7 round con Tyson per raccontare la sua storia".
Mike Tyson
Foto: Pietro Polidori

“Nel vasto petto gli ruggono diavoli spietati, che paiono realizzarsi solo nel gusto vandalico della distruzione”. Questo scriveva il giornalista sportivo Gianni Brera sulla potenza di braccia e velocità di azione di Mike Tyson, The baddest man on the planet, uno dei pesi massimi più conosciuti e controversi della storia recente del pugilato. Brera ha reinventato il linguaggio del giornalismo sportivo, un visionario dal punto di vista della scrittura ma di sicuro non un chiaroveggente e mai – forse – avrebbe potuto immaginare la storia di riscatto di Mike Tyson, da rockstar del ring a underdog in cerca di rivalsa nel consorzio umano.

Guai giudiziari, bancarotta, squalifiche e doping; solo alcune delle vicende che hanno accompagnato Iron Mike durante la sua vita, scandita da due matrimoni fallimentari e dal lutto per la figlia Exodus, morta a causa di un incidente in casa Tyson all'età di quattro anni. Tyson sta cercando di raccontare la sua versione dei fatti sulle cose che lo hanno reso celebre e sui punti oscuri della sua carriera e delle vicende personali – e ad accompagnarlo in questa personale missione di riscatto, almeno per quanto riguarda il suolo tedesco, ci ha pensato il brissinese Pietro Polidori, di mestiere presentatore plurilingue.

“Di certo la faccenda che più l'ha sconvolto è stata la morte improvvisa di sua figlia Exodus e non si è mai ripreso da quell'avvenimento".

“Nel 2004 la mia fidanzata di allora mi iscrisse al concorso per diventare Mister Südtirol. Non vinsi quella competizione ma ai giurati piacque una mia performance e mi chiesero di condurre alcune edizioni di Miss Südtirol. Solo allora ho scoperto che il mondo della comunicazione faceva per me e della mia laurea in architettura non ho più fatto nulla”. Pietro Polidori è perfettamente bilingue – padre italiano e madre tedesca – e sa lo spagnolo e il francese, imparati in età adulta e ovviamente anche l'inglese, appreso sul campo da football americano a Innsbruck.Polidori è stato ingaggiato, dopo varie collaborazioni con importanti aziende come Microsoft e Volkswagen, per aiutare Tyson, “un tipo poco loquace”, a raccontare la sua storia davanti a una platea: “Fino ad ora è il progetto più grosso nel quale sono stato coinvolto”.

 

Prima del tour di 12 giorni in giro per Germania, Polidori è stato a Las Vegas, a casa del pugile, per scrivere i testi delle “confessioni” in pubblico: “Ho aiutato a buttare giù i testi insieme alla moglie di Mike, Lakiha Spicer. Lei è sia la donna che l'ha salvato, sia la sua manager. Mi ha imposto di non usare certe parole durante le presentazioni, parole che avrebbero scosso emotivamente Mike, come demoni interiori o problemi. Erano parole vietate”. Durante il tour, Tyson, ha accennato – senza soffermarcisi troppo a lungo – sullo scandalo sessuale che l'ha visto condannato a sei anni di prigione, di cui scontati solo tre per buona condotta. Tyson fu accusato di stupro nel 1991 dall'allora diciottenne Desiree Washington, la quale affermò di aver subito abusi in un albergo di Indianapolis, Illinois. Tyson ha sempre negato.

 

“Di certo la faccenda che più l'ha sconvolto è stata la morte improvvisa di sua figlia Exodus e non si è mai ripreso da quell'avvenimento. Un altro lutto importante è stato quello del suo mentore, Cus D'Amato, che l'aveva salvato quand'era un ragazzino di strada, sbattuto in galera trentadue volte quando aveva dodici anni. E' cresciuto senza genitori e Cus a un certo punto lo adottò e gli fece da padre e da mentore”. Costantine D'Amato, uno dei più grandi allenatori della storia del pugilato, ha scoperto Mike Tyson e allenato sportivi del calibro di Alì. Nato nel Bronx, è morto nel 1985, lasciando un vuoto nella vita di Iron Mike. “Quando è deceduto, non aveva più una guida e ha condotto per anni una vita all'insegna degli eccessi”.

"The noble Art si squalifica a pretesto omicida: non è più scherma fatta con le braccia". (Gianni Brera).

“Quando sono stato a Las Vegas, ho portato con me in valigia degli spaghetti Garofalo e un paio di pomodori pelati Mutti, insieme a un pacco di savoiardi. Importare alimentari negli States è vietato ma alla fine ci sono riuscito e ho cucinato per lui e la sua famiglia la pasta con il sugo e ho preparato un tiramisù. Mike ne fece fuori tre, di piatti di spaghetti!”, così conclude Polidori, che durante il viaggio in Germania ha accompagnato Tyson per permettergli di ripercorrere i 7 momenti più importanti della sua vita, 7 round – appunto – che hanno scandito gli incontri sul ring, la carriera cinematografica da attore e quella da imprenditore.

E chissà se Gianni Brera concluderebbe più in questo modo: “The noble Art si squalifica a pretesto omicida: non è più scherma fatta con le braccia, che dopo tutto sono le gambe anteriori dell'uomo antico: non è più danza virile, non invenzione, astuzia, coraggio. Tyson abbassa le corna al gong e inizia la carica: chi osa opporsi alla sua corsa è condannato senza mercé”. Knock out.