Politica | Salto Gespräch

“Contratto Lega-M5s? Un libro dei sogni”

L’ex direttore del Corriere della Sera Ferruccio de Bortoli sul cosiddetto governo del cambiamento, i pregiudizi etnici e “l’involgarimento del dibattito politico”.
de Bortoli, Ferruccio
Foto: upi

salto.bz: de Bortoli, dopo 88 giorni dal voto del 4 marzo è stata raggiunta un’intesa politica per dare vita a un esecutivo a trazione pentaleghista. Reggerà questo accordo? 

Ferruccio de Bortoli: Sono stati tre mesi di continui cambiamenti di idee e di fronti. Uno spettacolo deprimente. La realtà è che il 4 marzo non ha vinto nessuno. I due migliori perdenti, come li ha definiti Sabino Cassese, alla fine hanno trovato un accordo. Il cosiddetto contratto è un libro dei sogni, speriamo non si trasformi nel quaderno degli incubi per la nostra finanza pubblica. Provino a governare, nella squadra vi sono tecnici di qualità. Dobbiamo augurarci che pragmatismo e senso di responsabilità prevalgano sull’avventurismo dei due movimenti. Ma le contraddizioni sono, sulla carta, molte. E forse esploderanno presto.

Chi pensa di aver vinto le elezioni non può fare ciò che vuole. Siamo ancora uno stato di diritto.

Una valutazione sull’operato di Mattarella in questa lunga fase di formazione del nuovo governo?

Ha svolto con una infinita pazienza un compito difficilissimo che nessun predecessore aveva affrontato. Ha difeso le sue prerogative e la Costituzione. Chi pensa di aver vinto le elezioni non può fare ciò che vuole. Siamo ancora uno stato di diritto.

Lei ha definito Renzi un “maleducato di talento”, come giudica gli attacchi di Di Maio e Salvini al Presidente della Repubblica dopo il niet su Savona, la faciloneria con cui è stato invocato l’impeachment dal capo politico dei 5 stelle?

La richiesta di messa in stato d’accusa semplicemente vergognosa. Gli attacchi a Mattarella indegni di un paese civile. Spero che al governo grillini e leghisti facciano meno tweet, studino meglio i dossier. La campagna elettorale è finita. Ora si lavora.

In molti ritengono che Salvini abbia giocato con astuzia la partita del potere. Di certo ha agito in piena autonomia. Qual è la sua opinione sull’impianto dei 5 stelle in termini, appunto, di autonomia, ad esempio rispetto al “padre nobile” Grillo (il richiamo all’ordine e il passo indietro sull’impeachment sono sintomatici in questo senso)?

Salvini è un ottimo tattico, un leader che conosce la politica anche se non ne rispetta le forme. Ma sta tra la gente. Voleva andare alle elezioni e forse alla fine è stato costretto a fare un governo in giorni febbrili in cui anche la sua base esprimeva preoccupazioni per l’andamento dei mercati. I Cinque Stelle sono controllati da una srl. Di Maio se non faceva il governo si sarebbe condannato a un precoce declino. Le dinamiche del potere interno sono incomprensibili. E pensare che cinque anni fa pretendevano che i negoziati per il governo fossero tutti in streaming. Questa volta abbiamo avuto molti incontri segreti e troppi proclami, spesso irresponsabili, sui social network.

Chi sta nelle istituzioni rappresenta tutto il Paese, non è il mandatario di una parte. Conta L’onestà ma è necessaria anche la competenza. Uno non vale uno.

In che modo è cambiato, secondo lei, il rapporto fra le forze politiche e le istituzioni?

Le istituzioni si rispettano, non si occupano. Non sono il bottino di guerra della campagna elettorale. Spero che la nuova classe dirigente di governo, legittimata dal voto, affronti i problemi con serietà. Dimostri serietà. Chi sta nelle istituzioni rappresenta tutto il Paese, non è il mandatario di una parte. Conta L’onestà ma è necessaria anche la competenza. Uno non vale uno.

Le aggressioni verbali sui social contro il Capo dello Stato sono il prodotto del populismo dilagante di cui tanto si parla? E quando è avvenuta la rottura con un certo modo di fare e di intendere la politica? 

Mi preoccupa l’involgarimento del dibattito politico, lo scarso rispetto dell’avversario, la tendenza a semplificare la realtà propria di un uso disinvolto dei social network. La convinzione che problemi complessi abbiano soluzioni rapide, nette. È un fenomeno che tocca le principali democrazie liberali. Il riflesso di un malessere diffuso, di un senso di smarrimento dei cittadini, di estraneità anche nel proprio Paese. Il populismo è anche la reazione di coloro che sono esclusi dalla globalizzazione. Un fenomeno sociale profondo che andrebbe compreso in profondità senza pregiudizi e opinioni precostituite.

L’Italia ha molti difetti ma ha sempre ripagato i suoi debiti. Ha un risparmio finanziario doppio rispetto al debito pubblico. Le sue famiglie sono indebitate al 60 per cento del loro reddito, molto meno di tedeschi e francesi.

Durante questi convulsi mesi post-elezioni l’impressione è stata quella di un appiattimento totale della sinistra, apparsa attendista, disarmata, rancorosa. Prevede che l’opposizione a questo governo sarà altrettanto flebile?

La sinistra è in crisi in molte delle democrazie occidentali. In Italia ha vinto nei centri storici delle grandi città, ha perso nelle periferie. Il nord è a trazione leghista, il Sud grillino, solo un pezzo di centro ancora rosso. Resiste tra la classe dirigente, tra i professionisti, ma perde operai giovani e impiegati. La disuguaglianza cresce, l’ingiustizia sociale pure, ma è incapace di dare speranze agli esclusi, di emozionare, coinvolgere. Ha il consenso dei pensionati ma non dei giovani precari. Sull’immigrazione ha rincorso con affanno le destre. La battaglia sui diritti civili è sacrosanta ma non popolare, elitaria. Appare litigiosa, nostalgica del passato. Avrebbe bisogno di un nuovo Blair ma non c’è, si aggrappa al vintage di Corbyn. La vittoria in Spagna di Sanchez ha un sapore beffardo vista la sconfitta elettorale.

Posta la discutibile uscita (sebbene in parte travisata) del presidente della Commissione europea Juncker, non crede che in effetti l’Europa sia diventata un alibi per i problemi che l’Italia si trascina dietro da anni?

Spiegare l’impossibilità di alcune scelte con i vincoli europei è spesso un alibi. Come ha scritto nella sua ultima relazione il governatore della Banca d’Italia “ non sono le regole europee il nostro vincolo, è la logica economica”. Chi ha un elevato debito è meno libero. Non si può continuare ad accumulare deficit. Bisogna fare più investimenti. L’Europa però è incompleta e se non si riforma il grado di insoddisfazione dei suoi cittadini crescerà ancora, come la convinzione, profondamente errata e fuorviante, che la moneta comune sia una gabbia ingiusta. L’Italia ha molti difetti ma ha sempre ripagato i suoi debiti. Ha un risparmio finanziario doppio rispetto al debito pubblico. Le sue famiglie sono indebitate al 60 per cento del loro reddito, molto meno di tedeschi e francesi. Esportiamo più della Francia. Nel 2017 il saldo commerciale ha raggiunto il massimo storico. Le passività nette dell’Italia sull’estero si sono quasi annullate, Francia e Spagna stanno peggio. Le critiche ingiuste e volgari al nostro Paese non fanno che portare acqua ai populisti e agli euroscettici e rivelano un inaccettabile pregiudizio etnico. Su Juncker controllate sempre l’ora in cui le dichiarazioni vengono rilasciate.

Un buon giornalismo preserva la capacità critica del lettore, lo accompagna con il beneficio del dubbio, con l’onestà di ammettere gli errori, più frequenti visto che la tempestività  fa spesso premio sulla accuratezza delle notizie.

Parliamo di fake news, tema del quale discuterà il prossimo 8 giugno all’Università di Bolzano. Come si fa a tenere alla larga le false notizie quando sono di fatto redditizie per i media alla ricerca affannosa di click e comode per quei lettori, molti evidentemente, che condividono articoli a sostegno delle proprie tesi o dei propri pregiudizi?

Le fake news sono sempre esistite. Oggi è cambiata la velocità della loro diffusione. Le regole di un buon giornalismo, serietà, credibilità, coraggio, indipendenza, sono la miglior risposta alla perdita del valore sociale della verità. Le nuove tecnologie permettono di ingannare il pubblico, di orientare gli elettori con notizie false, narrazioni parziali. Gli algoritmi forniscono ai gruppi in Rete il carburante per alimentare pregiudizi, odii, per cementare le opinioni, quasi mai per confrontarle con le altre. Un buon giornalismo preserva la capacità critica del lettore, lo accompagna con il beneficio del dubbio, con l’onestà di ammettere gli errori, più frequenti visto che la tempestività  fa spesso premio sulla accuratezza delle notizie. Un cittadino lettore con un forte senso critico non se la beve, non diventa suddito di nessuno o peggio naufrago. Resta cittadino, informato, libero.

In un’intervista Cesare Lanza la definisce “anaffettivo”, “una specie di chirurgo gelido che non prova emozioni”, ma dice anche che lei non ha mai sbagliato un colpo nella sua carriera, si riconosce in questa descrizione?

Cesare Lanza è stato un mio grande direttore. Se dice che sono anaffettivo qualche ragione ci deve essere. Le critiche ingiuste si dimenticano, quelle che colgono frammenti di verità ti restano attaccate. E fanno riflettere.

 

 

 

 

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19 amet Dom, 06/03/2018 - 22:55

De Bortoli si conferma grande giornalista ed analizzatore dei pensieri degli italiani. Mi ha risollevato l' umore nero di questi giorni anche il suo elenco di dati economici sulla società italiana, dati che purtroppo raramente si vedono pubblicati.

Dom, 06/03/2018 - 22:55 Collegamento permanente