Società | Covid-19

Tamponi, tra caos e business

Il risveglio del contagio sta mettendo a dura prova i medici di base impiegati per incrementare il numero dei test virologici. E non manca chi se ne approfitta.
Tamponi rapidi
Foto: Alberto Cirio/Twitter

Al telefono la voce di Susanna Hofmann tradisce un misto di scoramento e rabbia, sentimenti però ancora legati da una combattività che, per fortuna, esclude l'avvento della rassegnazione. Intanto, la dottoressa Hofmann presiede l'esecutivo provinciale del sindacato SNAMI (Sindacato Nazionale Autonomo Medici italiani). A lei ci siamo rivolti per chiedere com'è la situazione proprio dal punto di vista di quei medici di base che, da alcune settimane, cercano di assorbire la grandissima richiesta di tamponi provocata dal ridestarsi così impetuoso del numero dei contagi.

 

Salto.bz: Dottoressa Hofmann, prima di tutto una domanda generale. Come mai ci stiamo ritrovando adesso in una situazione caotica contrassegnata da episodi a dir poco paradossali? È come se la seconda ondata del virus ci stesse cogliendo quasi più impreparati della prima.

Susanna Hofmann: Innanzitutto vorrei dire che, se di impreparazione possiamo parlare, questa non è circoscritta alla nostra provincia. Io vedo impreparazione un po' ovunque. Sia in Italia che nel resto d'Europa.

Di chi è la responsabilità?

La politica ha senza dubbio una grande responsabilità. Dovevamo pensare per tempo ad aumentare la capienza negli ospedali, occorreva aumentare il numero dei medici in servizio, personale infermieristico e specialmente personale per il SISP, insomma, prepararci ad affrontare la recrudescenza del virus con strutture mediche complessivamente rinforzate. Non lo si è fatto, o comunque non abbastanza, e ora rischiamo di essere nuovamente travolti.

Abbiamo talmente tante linee guida che districarsi è quasi impossibile

Parliamo della situazione dei medici di base in relazione al prelievo dei tamponi, perché registriamo il loro affanno e le conseguenti proteste?

Semplicemente, perché la situazione è caotica al massimo grado. Mancano delle chiare linee guida, o meglio: ne abbiamo talmente tante, sovrapposte, che districarsi è praticamente impossibile. È impossibile non commettere sbagli, voglio dire, senza contare che in questo caso gli sbagli espongono sia i medici che la cittadinanza a gravissimi rischi sanitari.

Perché mancano delle linee guida chiare?

Tre settimane fa siamo stati tra i primi a recepire l'urgenza della situazione e, su base volontaria, abbiamo stabilito che si potesse intervenire a supporto della rilevazione dei tamponi eseguiti dai servizi d'igiene. I nostri medici si sono mobilitati, anche in modo creativo, organizzando per esempio dei rilevamenti con il metodo del drive-in. Poi però la situazione è diventata pesante allorché, a livello nazionale con un contratto firmato da FIMMG il 28.10.2020, si è deciso di obbligare tutti i medici di base ad eseguire tamponi rapidi in strutture aziendali, in alcuni casi (per esempio il Veneto) arrivando persino a precettarli.

Quali sono i rischi che, concretamente, corre un medico di base nel momento in cui decide di offrire questo servizio nel proprio studio medico o nel proprio ambulatorio?

Molto concretamente: se non esiste la possibilità di avere almeno due uscite e altre disposizioni è chiaro che il rischio di contagio aumenta tantissimo. Senza contare poi che molti studi si trovano dentro dei condomini, cioè vicinissimi alle altre abitazioni. In questo modo si determina una concentrazione di potenziali infetti in luoghi che non sono idonei a garantire il necessario distanziamento. Nella nostra provincia solo una piccolissima percentuale di studi medici può garantire parametri di sicurezza a completa prova di virus.

Ci troviamo di nuovo in una situazione gravissima

Un rischio che quindi investe direttamente la popolazione.

Non potrebbe essere altrimenti. E non scordiamoci poi che, nel caso una persona contraesse il virus proprio visitando uno studio medico, questa potrebbe rivalersi sul medico stesso, accusandolo di aver favorito il contagio. Una situazione paradossale, ma per nulla inverosimile.

Per questo motivo ci si attendevano delle linee guida unitarie, con dei protocolli di sicurezza, anche dal punto di vista giuridico, più definiti?

Sarebbe stato necessario. Ma è successo esattamente il contrario. I medici di medicina generale in questo momento si trovano a lavorare senza un orientamento preciso, con disposizioni che cambiano continuamente, e quindi cala in modo drammatico anche la capacità di organizzarsi. Intanto l'Istituto di prevenzione, il Servizio d'igiene non riesce più a raggiungere tutti i contatti stretti e ci troviamo di nuovo in una emergenza gravissima. Senza scordare che i medici di base non devono occuparsi solo dei tamponi, ma provvedere a tutte le altre esigenze “generiche” che investono il loro ruolo. Si immagini lei cosa può accadere se un medico di base si ammala di Covid-19. Se in media ha 1500 pazienti questi all'improvviso potrebbero trovarsi privi del loro dottore.

Ma se questa situazione, come ha detto, dipende dalla sovrapposizione di linee guida diverse, afferenti a una mancata armonizzazione delle indicazioni che provengono dalle Regioni e dallo Stato, com'è possibile uscirne?

Mi perdoni, in questo momento discutere dell'armonizzazione dei diversi livelli decisionali può essere anche una interessante disquisizione accademica, ma la cosa più urgente da fare è pubblicare delle linee guida che ci permettano di capire come intervenire e, soprattutto, come poterlo fare in sicurezza.

Non facciamoci illusioni, la soluzione è solo nella diminuzione dei contatti sociali

Ci permetta a questo punto di rivolgerle una domanda ingenua: ma in questo caos, del quale tutti sembrerebbero pagare le conseguenze, c'è anche qualcuno che alla fine ci guadagna?

Spiace dirlo, ma è proprio da una situazione di caos che si delineano maggiori margini di profitto per coloro i quali stanno offrendo, facendosi pagare molto bene, un servizio privatizzato. Che soddisfa solo momentaneamente il cittadino, ma alimenta anche delle illusioni.

Quali?

Che una volta fatto il tampone tutto si sia chiarito e il virus non possa più agire. Sappiamo benissimo che non è così. Una sicurezza maggiore potrebbe provenire solo da prove periodiche, ripetute circa una volta la settimana. Io posso benissimo risultare oggi negativa al tampone e poi prendermi il virus tre giorni dopo. L'unica certezza di non ammalarmi me la dà solo la rinuncia ad avere più contatti.

Quindi lei è favorevole, in questo momento, all'inasprimento delle restrizioni che vengono emesse dalle varie amministrazioni territoriali?

Assolutamente sì. Ripeto: l'isolamento è l'unico modo per abbattere la curva dei contagi.