Società | Noi e gli altri

Le nostre società parallele

L'immigrazione ci propone la domanda su cosa intendiamo per integrazione.
Devono adeguarsi "loro", o dobbiamo cambiare anche noi?
Avvertenza: Questo contributo rispecchia l’opinione personale dell’autore e non necessariamente quella della redazione di SALTO.

Per migliaia di altoatesini di fede musulmana oggi comincia il Ramadam e si concluderà il 4 giugno: un periodo speciale e molto importante per tutti loro. La scorsa settimana la comunità Sikh altoatesina ha attraversato con un corteo variopinto di mille persone la città di Bolzano per festeggiare la loro ricorrenza religiosa annuale. La comunità cinese locale, ha fondato l’altro ieri con grande cerimonia una propria cosiddetta “camera di commercio” con 160 imprenditori dei vari settori.
Fatti questi che confermano come i nostri nuovi concittadini, pure positivamente integrati nella società locale, curano collettivamente le loro culture di origine e mantengono proprie tradizioni e stili di vita. Con ragione.
Chi pensa che l’auspicato processo di integrazione degli immigrati significhi che essi “diventino come noi” o “accettino tutte le nostre regole”, si sbaglia. L’immigrazione rappresenta per la nostra comunità una sfida culturale completamente nuova e che mette in discussione nostre abitudini e nostri cosiddetti “valori” fondamentali. Gli immigrati e le loro comunità ci confrontano con lingue parlate, tradizioni alimentari, stili di vita, abbigliamento, ruoli di genere, cadenze del calendario molto diverse dalle nostre. La fine del Ramadam sarà giorno lavorativo o giorno di festa per i lavoratori di fede musulmana? Quale formazione religiosa viene proposta nella scuola pubblica ai bambini di queste famiglie? Ci saranno prima o poi loro proprie scuole confessionali?
Segnali di un cambiamento epocale che potrà avere un esito positivo e di arricchimento generale attraverso una profonda integrazione dei nostri nuovi concittadini.
Ma l’esperienza porta a pensare che noi stiamo andando verso società parallele, che rimangono tali pur in una compresenza pacifica, una a fianco dell’altra.
Del resto non è proprio questo il modus vivendi consolidato in Alto Adige tra i gruppi storici, quello italiano, tedesco e ladino? Abbiamo adottato il “nebeneinander”(fianco a fianco), se non addirittura l’ “ohneeinander”(gli uni senza gli altri).
Siamo patria delle società parallele.

(www.albertostenico.it)