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Cooperativa, che scoperta! Episodio 5

Siamo arrivati al quinto principio della cooperativa: la solidarietà intergenerazionale. Nel leggerlo mi chiedo perché sia necessario specificare “intergenerazionale”.
Avvertenza: Questo contributo rispecchia l’opinione personale del partner e non necessariamente quella della redazione di SALTO.
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Foto: Lorenza Troian

Basandomi sulle mie più recenti scoperte, sarei propensa a credere che in tale dettaglio debba necessariamente risiedere una peculiarità in grado di differenziare le cooperative da tutti gli altri, più tradizionali, tipi di impresa.

“Intergenerazionale” ha, per me, un gusto familiare: aggettivo che identifica la relazione tra generazioni diverse, mi porta con il pensiero a nonni, nipoti, convivialità.

Ed è abbandonandomi a questa immagine che, paradossalmente, arrivo al cuore del principio della solidarietà intergenerazionale per una cooperativa!

Dico paradossalmente poiché la cooperativa non è a trasmissione familiare.

La cooperativa fa famiglia con gli estranei. Con i distanti di sangue ma vicini di spirito.

Esistono realtà imprenditoriali a conduzione familiare molto belle, i cui membri abbracciano con la medesima passione di genitori e nonni l’attività che ricevono in eredità. Ed è una meraviglia ammirare i frutti di tanta passione e l’evoluzione nel tempo di realtà di questo tipo.

Purtroppo non è sempre così.

Esistono anche imprenditori virtuosi che, dopo una vita di dedizione e sacrifici, nel passaggio di consegne vedono la propria “creatura”, pensata talvolta proprio allo scopo di garantire un futuro sicuro alla discendenza, dalla discendenza stessa ceduta ad estranei per ottenerne in cambio il corrispettivo in termini monetari. Frequenti sono anche situazioni di coercizione più o meno esplicita in cui gli ideali destinatari dell’eredità imprenditoriale vorrebbero assecondare le proprie naturali inclinazioni, affatto diverse da quelle parentali, ma, complici le particolari dinamiche familiari, non riescono a farlo. O ancora, figli che per diritto di nascita pretendono ed ottengono di prendere in mano le redini dell’attività di famiglia ma non sono davvero in grado di ottemperare ai propri doveri, mancando della necessaria predisposizione o competenza.

È pensando a casi simili che la realtà cooperativa acquista, ai miei occhi, un valore particolare.

In virtù della sua natura non speculativa, al fine di tenere fede allo scambio mutualistico che si prefigge fin dalla sua costituzione, la cooperativa dà all’impresa una maggiore stabilità nel tempo rispetto ad un’impresa for profit.

Non avendo infatti, idealmente, interesse alcuno nel profitto, ed essendo il suo capitale indiviso, il focus della cooperativa è piuttosto sull’impresa in sé in quanto risposta alle esigenze specifiche della collettività di riferimento cui si rivolge e in cui è inserita e, pertanto, è interessata a parametri di sopravvivenza e longevità.

Molto banalmente: se sei socio di una cooperativa e la cooperativa è nata per rispondere alle tue esigenze, ad esempio quella di trovare un lavoro, ed il lavoro è legato ad un territorio e alle necessità che tale territorio ha espresso per mezzo delle persone che lo abitano, sarà interesse sia tuo che della cooperativa lavorare affinché permangano le condizioni che rendono possibile per te di lavorare, per la cooperativa di darti lavoro e per il territorio di trovare soddisfazione dei propri bisogni per tramite tuo e della cooperativa di cui sei socio.

Una indissolubile continuità di intenti.

È come se la cooperativa mi stesse dicendo: io voglio esserci. Voglio diventare parte della tua esperienza quotidiana, voglio accompagnarti nel tempo. Non ti voglio abbandonare ma adattarmi, semmai, alle nuove esigenze di cui mi faccio collettrice, con l’implementazione e la differenziazione di offerta di beni o servizi.

Avanti sempre, in un rapporto sempre uguale e sempre nuovo, di volta in volta, di generazione in generazione, accompagnati da un filo conduttore: la trasmissione programmatica di informazioni e formazione ai soci.

Rileggo “intergenerazionalità” e penso che, tutto sommato, decidere di specificarlo non è poi così peregrino.

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