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TimeAUT: vicini alle famiglie.

Intervista alla dott.ssa Sophie Gasparotti, psicologa specializzata nei disturbi dello spettro autistico.
Avvertenza: Questo contributo rispecchia l’opinione personale del partner e non necessariamente quella della redazione di SALTO.
Sophie e Oscar
Foto: TimeAUT cooperativa sociale

Com’è nata la vostra iniziativa TimeAUT e cosa fate esattamente?

Siamo una cooperativa sociale fondata nel 2015 che fornisce assistenza domiciliare alle famiglie con bambini affetti da disturbi dello spettro autistico. Oltre a questo siamo attivi anche nella formazione specifica di operatori specializzati e insegnanti e nella sensibilizzazione nelle scuole in generale.

TimeAUT è nata perché nel corso della mia esperienza formativa come psicologa specializzata in disturbi dello spettro autistico, ho notato che qui a Bolzano c’era pochissima offerta di assistenza alle famiglie. Queste famiglie magari dovevano rivolgersi a Trento, Verona, Bologna. Quando ho conosciuto il mio socio Oscar Bott abbiamo deciso di fondare una cooperativa per l’assistenza domiciliare qui a Bolzano e siamo partiti con 3 bambini assistiti. All’epoca nella cooperativa ero l’unica che aveva una formazione specifica per l’autismo, ma nel frattempo abbiamo formato altre professioniste che hanno conseguito o stanno completando la certificazione internazionale ABA (analisi applicata del comportamento). Oggi riusciamo ad assistere 32 bambini, in un territorio che parte da Bressanone e arriva fino a Riva del Garda.

 

Perché è importante che l’assistenza avvenga in un contesto domiciliare?

Ci sono tantissimi motivi, il più importante è che le famiglie che ci contattano hanno dei problemi proprio nella gestione quotidiana del bambino e ciò avviene principalmente in un ambiente domestico. Il lavoro in studio è più asettico e comunque diverso da quello in cui si presentano le variabili che determinano il comportamento del bambino. Se vogliamo aiutarlo a gestire i problemi quotidiani è importante poter incidere sull’effettivo contesto in cui avviene il comportamento del bambino. Inoltre l’assistenza domiciliare è più pratica per le famiglie e coinvolge maggiormente anche gli altri componenti della famiglia: invece di accompagnare il bambino in studio e poi aspettare un’ora o anche due davanti alla porta mentre il bambino fa la terapia, con l’assistenza a domicilio i genitori partecipano attivamente alla terapia. Noi mostriamo loro le strategie per poter modificare un certo comportamento e loro devono poi applicarle nel quotidiano. Cambiare le routine e i comportamenti quotidiani della famiglia all’inizio è molto più difficile, ma a lungo termine dà risultati molto più stabili e duraturi rispetto ad altri approcci.

A livello organizzativo l’assistenza domiciliare è veramente molto complessa e richiede molte risorse umane, per questo è una forma di terapia che il servizio pubblico attualmente non può offrire nella maggior parte dei casi.

 

Chi si può rivolgere a voi?

Dopo la diagnosi di un disturbo dello spettro autistico da parte del neuropsichiatra, possono rivolgersi a noi direttamente le famiglie, oppure gli insegnanti o gli operatori dei servizi sociali. Di solito, quando sono le famiglie stesse a rivolgersi a noi è un buon punto di partenza perché, come dicevo prima, la nostra terapia punta a coinvolgere attivamente i genitori. Però noi facciamo anche corsi di formazione all’interno delle scuole e dei progetti di inclusione scolastica, quindi ormai anche gli insegnanti sono più attenti ai segni, possono dare un input alla famiglia che poi dopo per la diagnosi si rivolge a noi.

 

Perché è così importante la diagnosi precoce?

Più è piccolo il bambino e più è efficace la terapia. Non parlo di guarigione, perché purtroppo per l’autismo non c’è una cura. Però nella primissima infanzia la struttura cerebrale del bambino è molto più plasmabile e la probabilità di recupero di determinate capacità è molto più alta.

 

La diagnosi di autismo in media arriva intorno ai due anni e mezzo. A quell’età però il bambino magari non è ancora scolarizzato e non necessariamente ha avuto modo di socializzare molto. In quel caso come ci si accorge del disturbo?

L’attenzione ai disturbi comportamentali in generale è aumentata molto e ciò aiuta la diagnosi precoce. Per esempio se il bambino a quell’età ha spesso pianti inconsolabili sproporzionati rispetto alla causa scatenante, oppure un bambino che guarda poco negli occhi o non reagisce al proprio nome, sono casi in cui i genitori sospettano già un problema e si rivolgono prima al pediatra che li può indirizzare al neuropsichiatra o alla psicologa specializzata del servizio pubblico.

 

Perché si parla di disturbi dello “spettro” autistico? Quali sono le possibili variazioni all’interno dello spettro?

L’autismo presenta una grandissima varietà di disturbi: dal bambino non verbale, che non parla, che non interagisce col mondo esterno in maniera molto evidente, per cui gli stessi genitori si accorgono che c’è un problema, fino al bambino che in realtà ha solo delle lievi compromissioni di sviluppo. In quest’ultimo caso purtroppo la diagnosi arriva un pochino più tardi, tipicamente in età scolare. Per fortuna però la scienza è progredita e ora si riescono a individuare anche casi lievi come questi, che in passato sarebbero stati lasciati a loro stessi. Purtroppo in situazioni come quelle descritte, nella mentalità comune c’è ancora molto la tendenza a colpevolizzare la famiglia. Per esempio quando al supermercato c’è un bambino che fa dei capricci veramente eccessivi, si tenderà a giudicare i genitori, pensando che hanno sbagliato qualcosa nell’educazione quando magari invece sotto c’è qualche problema nello sviluppo neurologico del bambino. Per questo è molto importante che ci sia una maggiore informazione e sensibilizzazione dell’opinione pubblica rispetto all’autismo.

 

La vostra cooperativa oltre all’assistenza domiciliare si impegna anche nella formazione e sensibilizzazione ai disturbi dello spettro autistico?

Sì, la cooperativa offre vari servizi: su richiesta assistiamo i nostri pazienti anche in ambito scolastico e facciamo attività di informazione e workshop nelle scuole per diffondere maggiore consapevolezza e comprensione dei disturbi dello spettro autistico fra gli alunni. Poi c’è la parte della cooperativa che si occupa di formazione specifica per gli insegnanti nelle scuole. E infine c’è un progetto che ci sta molto a cuore che si chiama Kamp Aut: si tratta di un campo estivo per i nostri assistiti, che si fa l’ultima settimana delle vacanze estive, per riabituarli alla socializzazione e al rientro a scuola.

 

Prima ci spiegava quanto sia importante l’assistenza domiciliare per un bambino autistico. Come siete riusciti a stare vicino ai vostri assistiti durante il lockdown e le successive restrizioni Covid?

La gestione della quotidianità durante il lockdown sicuramente è stata difficile per tutti, ma per i bambini affetti da disturbi dello spettro autistico la routine quotidiana è ancora più importante. Per questo abbiamo proposto alle famiglie degli incontri quotidiani online e abbiamo organizzato delle piccole attività che potevano fare loro a casa con i propri figli. Mandavamo una mail all’inizio della settimana in cui c’era il calendario dei laboratori della settimana a cui i nostri pazienti potevano partecipare in remoto o delle attività che potevano svolgere a casa con i genitori. Quando invece ci siamo resi conto che il lockdown sarebbe durato più a lungo, abbiamo attivato delle vere e proprie sessioni di terapia online, dove i bambini si collegavano quotidianamente e svolgevano – in versione ridotta – una parte del loro programma terapeutico previsto. Con i pazienti più piccoli, con cui non era possibile la sessione terapeutica online, abbiamo attivato invece sessioni di “parent-training” cioè di guida e assistenza per i loro genitori, che si sono dovuti improvvisare terapisti del bambino, mentre allo stesso tempo magari gestivano lo smart-working e le lezioni online dei fratelli.

 

(Intervista di Lucia de Paulis)