Cultura | giovani critici

Intemperie di Beethoven e Bruch

Esibizione squisitamente romantica lo scorso martedì all'Auditorium di Bolzano con l'Orchestra Haydn guidata dal direttore e violinista Kolja Blacher
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Foto: Kolja Blacher

Emozionante, rilassante e a tratti stravolgente. Queste le sensazioni che ci ha lasciato l’orchestra Haydn al concerto del 2 aprile scorso, in un viaggio tra l'ouverture Coriolano di Beethoven, il Concerto per violino e orchestra n.1 in sol minore di Max Bruch e la Sinfonia n. 4 in si bemolle maggiore sempre del grande compositore di Bonn.

L’orchestra era diretta Kolja Blacher che incarnava sia il ruolo di direttore che quello di violino solista. Un aspetto curioso che ha affascinato il pubblico, concentrando in un solo interprete la parte virtuosistica e il governo dell'intera macchina orchestrale.

Il primo brano interpretato è stato il coriolano op.62: ouverture , di Ludiwig Van Beethoven che compose il brano tra gennaio e marzo 1807.
L’ouverture beethoveniana, composta tra il gennaio e il marzo 1807, ha come impianto tonale il do minore, ovvero la tonalità tragica per eccellenza, usata nel famoso incipit della Quinta Sinfonia, nel Terzo Concerto per pianoforte e nella burrascosa Sonata “Patetica”. La composizione apre con tre do in fortissimo suonati dagli archi, seguiti ogni volta da un violento accordo dell'intera orchestra. Un inquieto episodio conduce poi al secondo tema, felicemente interpretato dalla Haydn mediante un tocco di sensibile cantabilità ariosa.
Degno di nota anche il gran finale, tra il violento motto di apertura nella forma originale e la sua “collisione” in una serie di accordi in diminuendo, una lotta tra l'inquietudine e la pace, con una coda in un pianissimo appena udibile e i tre do in pizzicato degli archi in punta di piedi.

Max Bruch è uno dei compositori noti per poche opere ben riuscite, come Ruggero Leoncavallo e Carl Orff - non esiste teatro d’opera al mondo in cui non siano stati rappresentati i pagliacci di Leoncavallo e non c’è coro internazionale che non abbia interpretato i Camina Burana di Orff - , e infatti non esiste violinista di prestigio che non si sia mai cimentato con il Concerto di Bruch.
Il primo concerto per violino venne scritto a partire dal 1864 e terminato due anni dopo e ha da subito affascinato il pubblico. Un brano articolato in tre movimenti che non si susseguono in uno schema convenzionale veloce-lento-veloce, ma secondo una concezione innovativa che propone un allegro moderato (un tempo piuttosto lento), un adagio, e un finale allegro energico. L'Orchestra Haydn ha saputo sottolineare, grazie anche al virtuosismo sensibile e mai ostentato di Kolja Blacher, questo procedere verso una meta vorticosa quanto trionfalistica. Una lotta con la partitura che ha visto il solista e gli orchestrali impegnati nella costruzione di un dramma dagli esiti fino alla fine incerti, un labirinto nel quale è stato facile perdersi e facile anche lasciarsi abbandonare, trovando solo nelle ultime battute la luce tanto sognata.

Dopo la pausa, l’orchestra ha ripreso con la sinfonia di Ludwig van Beethoven. Altra gran prova per la Haydn, non certo nuova alle intemperie beethoveniane e anzi ormai perfettamente a proprio agio nel gestire tormenti, slanci, gesti furiosi e dolcezze improvvise, tipici tratti del primo romanticismo tedesco.
 

Ilaria Gerardi e Sophia Zanco

Liceo Pascoli classe 4M - indirizzo musicale