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Il futuro delle case di riposo


Stiamo invecchiando, sia come individui che come società e assisteremo a una crescente emancipazione degli "anziani".
Avvertenza: Questo contributo rispecchia l’opinione personale del partner e non necessariamente quella della redazione di SALTO.
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Foto: (c) shutterstock

Questo pone anche la domanda, se le case di riposo siano ancora al passo con i tempi e se vivere in esse sia desiderabile. "Se possibile, no", così si possono riassumere oggi i vari sondaggi e statistiche.

E’ in programma per martedì 10 maggio il convegno “Case di riposo, conoscerle per rinnovarle. Bisogni vecchi e nuovi degli anziani”, al Kurhaus di Merano, dalle ore 9 alle 13 per affrontare le problematiche degli anziani e promuovere il dibattito con esperti del settore.

Sempre di più ci si chiede cosa vogliamo fare e cosa possiamo fare con queste strutture. In primo luogo bisogna tenere d’occhio l’aspettativa di vita dopo i 60/65 anni. È questo il valore che incide sulla spesa pensionistica e altri fattori legati all’invecchiamento. A partire dagli anni 70 questo è aumentato di 7 anni.

Dalle statistiche emerge anche che è stabile il rapporto tra gli anziani in “buona” salute e quelli che hanno bisogno di cura, nonostante l’aumento dell’età media. Il problema è il numero complessivo degli anziani, nonché il fatto che la generazione dei cosiddetti babyboomer si avvicina alla vecchiaia.

Oggi le persone anziane per fortuna non invecchiano solo meglio, ma desiderano una vita autonoma e indipendente e possibilmente integrata nell’ambiente loro più familiare. Dall’altra parte con i legami familiari sempre più deboli aumenta il rischio di solitudine per gli anziani. La prima sfida diventa allora come attivare modelli abitativi, che conciliano il desiderio d'indipendenza con la paura della solitudine e i crescenti bisogni sanitari.

Risposte possibili arrivano dal Cohousing, le case dove convivono anziani e giovani, per arrivare a piccoli insediamenti attrezzati per ospitare ad hoc le persone anziane. A questo si aggiungeranno strumenti digitali sempre più sofisticati, che potranno garantire più a lungo anche a chi ha problemi di salute una vita autonoma nella propria dimora.

Ma con l’avanzare degli anni aumenta anche il rischio di sviluppare i problemi tipici della vecchiaia. Seppur con alcuni limiti e carenze, le case di riposo rimangono sempre un servizio importante. Vanno però attivate risposte adeguate alle diverse fasi di evoluzione del livello di non autosufficienza: in una prima fase per gli utenti va certamente agevolata l’assistenza domiciliare. In caso di peggioramento va garantito però il ricovero in una struttura residenziale, dove devono trovare spazio le persone che non possono essere assistite a domicilio, neanche in presenza di buoni servizi. Per questo ci sarà sempre più bisogno di risorse per assistere gli anziani e le loro famiglie.

Queste strutture non vanno ridotte a una sorta di lazzaretto. Le persone che ci vivono vanno sicuramente protette, ma non isolate. Particolare attenzione va posto in questo contesto alla gestione delle persone con forme conclamate di demenza, che sono presenti in maniera sempre più consistente.

Esistono poi già oggi strumenti che possono garantire una maggiore sicurezza degli anziani ospitati senza una continua sorveglianza da parte del personale. In questo modo si potrà liberare il tempo necessario per potenziare i rapporti umani, che sono molto importanti per le persone anziane.

Queste strutture potrebbe in futuro anche allargare il proprio orizzonte e diventare un perno della rete sanitaria-assistenziale del territorio o del quartiere, aperta e flessibile, che non si limiti solo a un presidio dedicato all’assistenza residenziale agli anziani con forme gravi di non autosufficienza, ma potrebbe aiutare, inoltre, le persone a domicilio.    

Il Pnrr prevede la Centrale operativa territoriale (Cot), che dovrà garantire la continuità, l’accessibilità e l’integrazione dell‘assistenza sanitaria e sociosanitaria. Essa è preposta alla presa in carico del cittadino attraverso un raccordo tra servizi e soggetti coinvolti nel processo assistenziale. E proprio qui si aprono scenari nuovi per il ruolo delle Case di riposo. Alla Cot si aggiungeranno gli ospedali di comunità, che offrono servizi sanitari a bassa intensità e saranno attivate le Case della Comunità con ambulatori, punti prelievi ecc. Si apre per noi una fase importante di confronto con la necessità di superare finalmente il dualismo tra sanità e sociale. 

In quest’ottica nulla vieta che, in riferimento ai servizi agli anziani a livello di quartiere o di territorio, una Casa di riposo non possa aprirsi anche all’utenza per una serie di servizi concordati con la Cot, che possa provvedere, ove esistono le condizioni, l’assistenza infermieristica domiciliare, la degenza diurna e alle attività di prevenzione ed educazione sanitaria.

Spesso in queste strutture convivono, inoltre, diverse generazioni di anziani e questa interazione può agevolare una gestione indipendente della propria vita. Per questo all’interno di queste strutture vanno istituite, ove possibile, luoghi in cui le persone con una certa autonomia possono vivere e convivere in maniera autonoma. Devono essere struttura aperte e ben inserite nel contesto urbano, con la possibilità d'individualizzare il proprio ambiente di vita e curarsi in proprio. Questo toglierebbe molti dei pregiudizi nei confronti delle case di riposo.

Dare qualità ma anche sostenibilità economica alle strutture per anziani è sicuramente fondamentale. Ma quello che conta è anche la motivazione e la professionalità del personale. Con contratti adeguati va fermata la corsa verso gli ospedali e le cliniche private: il personale che ha retto alla pandemia va incentivato economicamente e deve essere presente in maniera numericamente adeguata. Ma serve anche uno status sociale e un riconoscimento diverso a chi opera in queste strutture. Anche per questo vanno migliorate le competenze attraverso la formazione continua.

Concludendo un ultimo aspetto. È illusorio pensare che la mano pubblica possa da sola rispondere a tutte le esigenze legate all’invecchiamento. Qui subentra il ruolo del terzo settore per chiudere il divario tra famiglie sparpagliate nel mondo, persone sole e cura professionale. Sono i volontari che spesso aiutano gli utenti nei compiti quotidiani garantendo la permanenza nel proprio ambiente, anziani, che senza l’apporto di terzi sarebbero trasferiti in una casa di riposo. Una buona legge sull’invecchiamento attivo potrebbe fornire molte opportunità, aiutando in maniera più sistematica chi, seppur in difficoltà, non vuole lasciare la propria casa.

Ebner Alfred