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Politica | Vorausgespuckt

Tutti fratelli?

Quale futuro per la nostra autonomia? Alcune cose sulle quali vale la pena riflettere anziché perdere tempo in stucchevoli celebrazioni dell'esistente.

Ho assistito ieri a una discussione sul futuro dell'autonomia (come si sa, quest'anno ricorre il cinquantenario dell'approvazione del secondo statuto) al Kolping di Bolzano. Erano presenti Maurizio Ferrandi, Francesco Palermo e Martha Stocker. Moderava Ardelio Michielli, che non conoscevo, ma del quale – scartabellando tra gli archivi di salto.bz – leggo adesso un intervento che ha un incipit profetico (considerando che è stato scritto due anni fa): «Nella storia dell'autonomia provinciale stiamo passando da un controllo politico che prefigurava la rappresentanza etnica nella giunta provinciale e la popolazione in qualche modo si sentiva rappresentata dagli assessori dei diversi gruppi linguistici, ad una situazione poco istituzionale nella quale le rappresentanze si configurano attraverso le pressioni e gli interessi delle lobby, che operano in diretto collegamento con la SVP, e tra le quali prevale in questo periodo sicuramente quella dell'economia. I commercianti del centro storico, ed i grandi centri commerciali da una parte, dall'altra l'imprenditoria dell'edilizia e parte del Bauerbund, difendono interessi privati attraverso condizionamenti nei disegni di legge e nelle decisioni più importanti, con l'unico riferimento nella direzione SVP, e con l'assoluta mancanza di peso da parte della rappresentanza italiana in giunta provinciale». Insomma, non c'era evidentemente così bisogno del libro di Franceschini e Oberhofer per capire come eravamo (e siamo) messi.

Siamo al Forswursteln di cacanica memoria

Non riferirò nel dettaglio quello che hanno detto Ferrandi e Palermo (per chi non l'avesse ancora letto, rimando al loro chiarissimo libro – “Il faticoso modello”, uscito da poco per i tipi di alphabeta), ma vorrei soffermarmi piuttosto su una frase proferita da Martha Stocker, la quale a un certo punto, ripercorrendo l'evoluzione del processo autonomistico, ha affermato: «Quando vado in giro sento ormai tanti italiani che si dimostrano orgogliosi della nostra autonomia, le tensioni del passato sembrano ormai definitivamente superate, possiamo dire quindi che siamo diventati tutti fratelli». Tutti fratelli? Evidentemente il familismo di Stocker si nutre di un immaginario edulcorato e stranamente poco avvertito rispetto a quello che è sotto gli occhi di tutti. Più realisticamente, la situazione è questa: l'autonomia è un meccanismo che ha dato ottimi frutti rispetto alla pacificazione dei gruppi linguistici, questo è innegabile, ma la macchina governativa è più o meno rimasta quella progettata nel 1948, di aggiornamenti non se ne parla (giusto qualche adattamento sotto la pressione di esigenze innegabili: la proporzionale flessibile, per esempio, o un censimento meno tetragono) e il potere si è sempre più concentrato nelle mani di un partito-stato (per di più rigidamente etnico) che, pur non riuscendo ormai a tenere uniti i suoi pezzi (la Sammelpartei attraversa da tempo una crisi del suo stesso senso), continua a considerarsi il perno inossidabile di un sistema tanto mitizzato (“siamo i migliori di tutti”) quanto sclerotizzato e privo di visione strategica: siamo al Forstwursteln (tirare a campare) di cacanica memoria.

Parenti serpenti, cugini assassini, fratelli coltelli

Eppure, dice Martha Stocker, “siamo tutti fratelli”. Ora, senza ricorrere necessariamente alla saggezza di un vecchio proverbio (“parenti serpenti, cugini assassini, fratelli coltelli”), sarebbe assai opportuno che le “menti” di questo territorio capissero un paio di cose: 1) a parte le celebrazioni di rito, l'autonomia non è un monumento che può resistere al tempo se non vengono apportate manutenzioni lungimiranti e “condivise” del suo assetto; 2) la stagione nella quale avevamo un partito-stato convinto di fare a meno del contributo di chi finora si è accontentato di “essere governato”, senza di fatto poter aspirare mai a significative quote di responsabilità e partecipazione, è finito o comunque sta per finire; 3) è diventato urgentissimo avere le idee chiare su quale Südtirol Alto Adige sarebbe opportuno iniziare a desiderare e costruire nei prossimi anni (ridefinendo la trama dei suoi rapporti di potere interni ed esterni, tanto per iniziare), così da prevenire cambiamenti bruschi o inaspettati. Se invece non faremo nulla, anche un venticello appena più impetuoso di quelli finora noti potrebbe toglierci da sotto i piedi la lucidatissima base sulla quale credevamo così saldamente di poggiare.

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Max Carbone Lun, 05/09/2022 - 12:03

la stessa assenza di commenti, si commenta da sola. Il contenuto, il tema, hanno alto, altissimo peso specifico; il venticello che evochi, temo, è lì da venire. Unica nota: forse la Stocker non era del tutto adatta alla cosa; dismessa dalla politica forse ha perso nerbo (che aveva), ma soprattutto percezione della realtà. Oppure, peggio, si tratta di negazione della realtà.

Lun, 05/09/2022 - 12:03 Collegamento permanente