Cronaca | La polemica

“Vandali ignoranti”

Ad Appiano spuntano alcuni adesivi contro la toponomastica italiana e con il tricolore rivisitato. Urzì attacca: “Provocazione dei secessionisti, il Comune intervenga”.
Toponomastica
Foto: Suedtirol Foto/Othmar Seehauser

Il cavaliere della toponomastica italiana, Alessandro Urzì, consigliere provinciale dell’Alto Adige nel cuore, denuncia un nuovo “sgarbo” alla sua comunità linguistica di appartenenza. Teatro dell’oltraggio, stavolta, Appiano, dove su alcune targhe informative sono apparsi degli adesivi di protesta. Il testo è scritto in tre lingue, tedesco, inglese e ungherese, pardon, italiano - sebbene la bandiera di riferimento riprodotta sul manifesto somigli a quella magiara, le bande orizzontali, tuttavia, non corrispondono all’ordine di colori ufficiale che è rosso, in alto, bianco e verde (foto sotto): 

 

Nel territorio dell’attuale Sudtirolo oltre 8.000 toponimi falsificati, manipolativi e quindi pseudoitaliani sono stati imposti ai sudtirolesi durante il periodo fascista al fine di “una assimilazione e italianizzazione ordinata, rapida ed efficace” della popolazione del cosiddetto “Alto Adige”. Noi cittadini tirolesi condanniamo questo crimine culturale. I governi democratici della Repubblica Italiana non si sono mai scusati per questo delitto, né l’hanno mai compensato!

Sudtirolo, nel XXI secolo. 

 

Una provocazione dei secessionisti, la definisce l’esponente del centrodestra parlando di attacco alla toponomastica italiana accusata di essere “fascista” e ricordando che non si tratta di un caso isolato: “Come in altri comuni dell’Alto Adige sono comparsi degli adesivi che sulle targhe informative trasmettono agli ospiti una informazione partigiana e provocatoria. Il senso è: la toponomastica italiana è abusiva. Ignoranti e approssimativi gli anonimi vandali: la bandiera italiana è rappresentata con le bande orizzontali, ossia come quella ungherese”. O quasi.

 

 

L’appello è ora al Comune di Appiano per ripulire le targhe. “Una tale aggressione verso l’identità italiana divenuta in cento anni un elemento fondamentale della cultura del nostro territorio non si può vedere”, così Urzì.