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Biennale Gherdëina

L’associazione Zënza Sëida e il team della Biennale inaugurano la settima edizione della Biennale Gherdëina l’8 agosto. Si terrà negli spazi pubblici di Ortisei.
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Foto: Zënza Sëida

Dopo – From Here to Eternity (Biennale Gherdëina 5, 2016) e Writing the Mountains (Biennale Gherdëina 6, 2018), arriva in Val Gardena l’ultimo capitolo di una trilogia dell’appartenenza, elaborata dal curatore Adam Budak, con un titolo poetico tratto da una poesia di Paul Celan del 1963, – a breath? a name? – the ways of worldmaking.

 

Le aree tematiche affrontate negli anni precedenti – il significato del patrimonio culturale, la ricerca del posizionamento strategico nella storia, l’importanza del concetto di comunità, l’onnipresenza della natura e della sua “industria” – verranno contestualizzate in questa edizione in un quadro socio-politico che non trascurerà gli aspetti più poetici, spirituali ed esistenziali. Verrà approfondita la complessità del linguaggio vernacolare, con un’attenzione speciale alla continuità e alla persistenza della tradizione, il suo necessario farsi e disfarsi così come il suo potenziale trasformativo.
 

 

La biennale si concentrerà sull’importanza e la consapevolezza di un gesto politico in un processo attivo di creazione del mondo, sul suo fattore dinamico che garantisce una resilienza della cultura e della natura, dà forma all’unicità vernacolare ed emancipata di un luogo e manifesta una visione matura e coraggiosa del futuro che verrà. Tre i capitoli sulla sociologia dell’incontro e la strategia della pluralità che costituiranno il nucleo della realizzazione di nuovi mondi: ecology of others - sul rilancio della relazionalità (secondo la riflessione di Philippe Descola in merito al legame natura-cultura); in praise of hands – sull’arte del tatto (ispirato al sogno dello storico dell’arte Henri Focillon sull’autonomia dell’arte rispetto ai materiali, alle tecniche e ai segni); e infine the cloud of possibles – sulla diffusione dell’entusiasmo e sul potere della differenziazione (facendo riferimento a quello che il sociologo e filosofo Maurizio Lazzarato definisce “il passaggio da un rapporto capitale-lavoro a uno capitale-vita”).