Cronaca | Uguaglianza

Donne: Il cambiamento che vogliamo

Le donne rispetto agli uomini sono sottopagate e a rischio povertà. Gli obiettivi per l’uguaglianza e l’emancipazione a livello globale, nazionale e locale.
Avvertenza: Questo contributo rispecchia l’opinione personale del partner e non necessariamente quella della redazione di SALTO.
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Foto: Fabio Petrini Cgil-Agb

La 64° sessione della Commissione delle Nazioni Unite sulla condizione delle donne a New York, prevista a marzo 2020, è stata annullata a causa dello scoppio della pandemia Covid-19. Le Nazioni Unite hanno invitato gli Stati a rendicontare i progressi ottenuti a 25 anni dalla Dichiarazione e dalla Piattaforma d’azione che nel 1995 furono adottate da 189 Paesi a Pechino.

Il rendiconto - l’Italia è al 76esimo posto - ha raggruppato 7 tematiche : Sviluppo inclusivo, crescita condivisa e lavoro dignitoso; Povertà, protezione sociale e servizi sociali; Violenza maschile contro le donne; Partecipazione accountability e istituzioni gender responsive; Società pacifiche ed inclusive; Protezione conservazione e rigenerazione dell’ambiente; Istituzioni e meccanismi per l’uguaglianza di genere.

Nel 2020 ricorre anche il quinto anniversario dell’approvazione da parte delle Nazioni Unite dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, un programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità articolato in 17 obiettivi, compreso uno (il quinto) sull’uguaglianza di genere e sull’emancipazione di tutte le donne e le ragazze. In base alla pubblicazione di UN Women del novembre 2019 “Progress on the sustainable development goals, the gender snapshot 2019” sui progressi del Goal 5, le donne hanno più del doppio delle probabilità di essere disoccupate e sono sotto-rappresentate nelle istituzioni di governo globale.

Inoltre, hanno più probabilità di vivere in condizioni di estrema povertà.  Il documento sostiene la necessità di un approccio complesso, intersezionale e multisettoriale, per garantire che “nessuna donna o ragazza rimanga indietro”. Nella risoluzione del Parlamento europeo i deputati deplorano che molte delle sfide identificate 25 anni fa dalla Dichiarazione e dalla Piattaforma d'azione di Pechino siano ancora attuali.

Chiedono al Consiglio di garantire che l'Ue assuma una posizione unitaria e intervenga con fermezza per “denunciare inequivocabilmente il regresso della parità di genere e le misure che compromettono i diritti, l'autonomia e l'emancipazione delle donne”.

In Italia le condizioni sono estremamente divaricate tanto che nel Centro-Nord il tasso di occupazione femminile è il doppio di quello del Sud. In Trentino Alto Adige due donne su dieci sono a rischio povertà ed esclusione sociale, in Sicilia una su due.

La rete nazionale dei centri antiviolenza D.i.Re che coordina un gruppo eterogeneo di associazioni femminili e femministe, Ong ed esperte, fra cui la Cgil, ha stilato un Position Paper di sette punti dal titolo “Il cambiamento che vogliamo”. Nell’ottica di ricostruire una società e un’economia post-Covid più eque, le donne tornano a prendere posizione e a far sentire la propria voce con proposte finalizzate a “contrastare le disuguaglianze sociali, economiche e di genere, sempre più profonde”.

Nella Provincia di Bolzano sono trascorsi ormai trent’anni dal primo Comitato provinciale per la realizzazione delle pari opportunità tra uomo e donna (1990-1994) divenuto poi Commissione provinciale per le pari opportunità per le donne e molto è stato fatto. 

Rimaniamo però un territorio che può fare di più per colmare il divario retributivo di genere, se si considera il Gender Pay Gap delle singole classi d’età dei lavoratori dipendenti, si osserva ad esempio che esso cresce progressivamente all’aumentare dell’età le donne, infatti,  non solo si collocano maggiormente rispetto agli uomini tradizionalmente in settori con bassa retribuzione, ma anche il tipo di contratto in cui molte di esse si trovano inquadrate contribuisce in misura rilevante a mantenere elevato il Gender Pay Gap che le penalizza.

Considerando gli occupati a tempo pieno, se si analizza la tipologia contrattuale, si può notare come la quota di donne con contratti a termine o stagionali, tipicamente a più basso reddito, sia particolarmente elevata: il 46,9% contro solo il 28,3% degli uomini. Per tali contratti viene registrata una retribuzione giornaliera media inferiore rispetto a quella dei contratti a tempo indeterminato.

Anche analizzando i tassi di occupazione e disoccupazione, si può notare come all’interno di tassi pre-Covid sicuramente di buon livello, quello che fa la differenza rispetto a paesi come la Germania è proprio l’occupazione delle donne

Rimane da risolvere di conseguenza il problema dei divari pensionistici, promuovere una rappresentanza equilibrata di genere a tutti i livelli del processo decisionale, destinare risorse finanziarie e umane adeguate alla prevenzione e alla lotta contro la violenza nei confronti delle donne e alla protezione delle vittime, tutelare e promuovere i diritti dei gruppi che sono vittime di discriminazione, incluse le donne con disabilità, le donne migranti e le persone LGBTIQ (lesbiche, gay, bisessuali, transgender, queer e intersessuali) e rimuovere anche per l’Alto Adige l’esistenza del cosiddetto “soffitto di cristallo”, che consiste nel difficile raggiungimento delle posizioni di vertice da parte delle donne.

A livello locale esistono una molteplicità di attori coinvolti: la Commissione per le pari opportunità, il Servizio donna, la Consigliera di parità, i Comitati unici di garanzia per le pari opportunità (CUG) e associazioni molto attive. Potrebbe essere utile che parti istituzionali, associative e sindacali si incontrino in autunno per fare il punto. Servirebbe per riuscire ad identificare insieme quali siano gli obbiettivi raggiunti, ma, soprattutto, riuscire a definire in maniera condivisa “il cambiamento che vogliamo”.

Cristina Masera