Economia | Aprire le porte

Da soli non ce la facciamo

Il nostro futuro economico e sociale è condizionato dal continuo calo demografico. Non abbiamo sufficiente ricambio nei luoghi di lavoro. Ci servono gli immigrati.
Avvertenza: Questo contributo rispecchia l’opinione personale dell’autore e non necessariamente quella della redazione di SALTO.

La sfida persa dall’Occidente è quella demografica. Nei Paesi Occidentali, sempre più morti che nati. Il Sudtirolo è speciale, ma fino ad un certo punto: anche in provincia di Bolzano non si realizza la sostituzione della forza-lavoro anziana con giovani lavoratori e lavoratrici locali. Senza gli immigrati, non riusciamo a coprire le funzioni professionali indispensabili a produrre i servizi e i beni indispensabili ai cittadini altoatesini. Sul fatto di ricorrere a “braccia” straniere siamo tutti d’accordo e ne beneficiamo di continuo. Quello che invece provoca a molti una crescente inquietudine è la constatazione che “cercavamo braccia e sono arrivate persone”. Persone con la propria lingue, cultura, religione, stili di vita e con la legittima aspirazione a formarsi una famiglia e soprattutto, avere una propria abitazione dignitosa. Il successo dell’inserimento dei nuovi concittadini, dipende in larga parte dalla possibilità per i nuovi arrivati di abitare all’interno dei nostri centri abitati o almeno presso alloggi aziendali o foresterie. Nella maggioranza dei casi la persona giusta per il posto giusto non la troviamo, semplicemente perché non non siamo in grado di offrire sistemazioni abitative disponibili per i nostri nuovi concittadini. Perdiamo ogni giorno belle occasioni di avere tra noi persone con profili professionali molto importanti, semplicemente perché non trovano casa. Le nostre carenze abitative sono i Killer dei posti di lavoro e delle possibilità di sviluppo….per l’intera comunità. La sfida del nostro tempo è quindi quella dell’inserimento abitativo dei nostri nuovi collaboratori: riusciremo noi Altoatesini a superare la pigrizia culturale che produce tanti NO a diverse proposte di costruzione, di riconversione, di riutilizzo di edifici da destinare alla sistemazione dei nuovi lavoratori.
Le motivazioni dei NO, che purtroppo si moltiplicano tra i “locali”, sono lo specchio dei ritardi nostra società: “Ci rovinano l’equilibrio abitativo”, “i nostri appartamenti si svalutano”, “siamo già in troppi in questo quartiere”, “e i nostri posti-macchina?”.
Siamo figli di un tempo che è già scaduto. Dobbiamo vivere oggi con lo spirito del nostro domani. Di lavoratori “da fuori” ne abbiamo bisogno. Da soli non ce la facciamo.
(www.albertostenico.it)