Politica | Fondo o sprofondo?

Il tornaconto del padre di famiglia

L’importante per i furbi è non farsi fregare, non far quadrare i conti. Allora basta mettersi gli occhiali tricolori per vedere soltanto trannelli e trappole nel MES.
Avvertenza: Questo contributo rispecchia l’opinione personale dell’autore e non necessariamente quella della redazione di SALTO.

Con il paraocchi che evita una visione più completa della gestione del bilancio dello stato è facile scagliarsi sull’ennesino acronimo che, secondo l‘interpretazione spinta della falange populista, metterebbe a repentaglio i risparmi degli italiani. L’argomentazione fa subito presa nell’opinione pubblica a prescindere dalle spiegazioni dei tecnocrati. Di fronte ad un appello agli istinti di sopravvivenza una risposta in politichese appare capziosa: Si possono stringere accordi anche senza firmare subito un documento, in particolare quando la procedura prevista per l’approvazione da parte dei singoli paesi segue un altro iter. Chi, invece, prospetta che il Meccanismo europeo di stabilità approntato dall’UE possa rilevarsi un gigantesco boomerang per la tenuta del paese determina subito una scarica di adrenalina sotto diversi punti di vista.

Tre insidie

Da una parte alimenta la paura di effetti malefici di questo Fondo Salvastati sul benessere individuale e della famiglia, dall’altra fa riaffiorare la diffidenza plurisecolare di prevaricazioni ad opera di altri stati che, anche se facenti parte dell’Ue, sono e rimangono comunque concorrenti. In più fomenta la sensazione di una perdita di controllo politico sulla gestione del bilancio dello stato e del debito, in quanto in futuro un organo tecnico dell‘UE, presumibilmente prevenuto, rigido ed interventista, ne prenderebbe in mano la gestione. Non stupisce che di fronte a queste insidie ci si voglia garantire „al duecento per cento“ l’esclusione di qualsiasi rischio di ristrutturazione del debito a carico del proprio bilancio e della cittadinanza.

Serve più informazione

Una risposta convincente alle preoccupazioni deve tenere conto di queste sfaccettature del problema. Per quanto siano state rettificate fake news come l’automatismo della ricostruzione del debito e smascherate alcune fantasiose illazioni - come la firma nottetempo dell‘accordo e la minaccia della possibile confisca dei conti correnti dei risparmiatori - le informazioni fornite non sono state in grado di calmare gli animi inquieti e, soprattutto, di ristabilire la fiducia dell’opinione pubblica di fronte ad uno strumento tecnico difficile da decifrare e al contempo di notevole portata. Senz’altro è necessario fornire un’informazione più ampia e dettagliata, per esempio tracciando con l’ausilio di tabelle e grafici i vari scenari di indebitamento e le relative strategie e gli strumenti disponibili per fargli fronte. Il rinvio della decisione da un attimo di tregua ad un governo sempre in affanno e permetterà di approfondire gli elementi tecnici irrinunciabili da inserire nel „pacchetto“.

Equilibrio tra entrate e spese

In attesa che il tempo porti consiglio sembra innanzitutto opportuno mettere al centro del dibattito il perno della questione, cioè il bilancio dello stato. L’esperienza di cittadini e cittadine nella gestione del proprio bilancio famigliare rende immediatamente comprensibile ed ovvio il concetto che ci vuole un equilibrio tra entrate e spese. Da privati ci si può indebitare, ma ovviamente lo si ritiene giustificabile soltanto per determinate situazioni strategiche o straordinarie e bisogna sempre aver presente un piano di rientro realistico legato ad un determinato orizzonte temporale. Per il bilancio dello stato non si può che affermare la stessa logica. Le relative regole, già note e date per scontate, ma disattese e ridicolizzate da una prassi pluridecennale di allegra gestione finanziaria a scapito dell’interesse comune, sono state inserite nella Costituzione nel 2012.

Due preoccupazioni principali

Con la formulazione adottata nell’art. 81 l’obbligo di equilibrio di bilancio è stato elevato ad un precetto di rango costituzionale, indicando espressamente che il ricorso all’indebitamento è consentito soltanto al verificarsi di eventi eccezionali. Con un debito pubblico che, in settembre 2019, ammonta a 2.439 miliardi di Euro, cioè al 134% del PIL, la prima preoccupazione dei sedicenti premurosi padri di famiglia in parlamento dovrebbe essere la predisposizione di un piano di politiche che comprenda spese ragionevoli ed eviti sprechi nonché sia in grado di aumentare le entrate. La seconda preoccupazione dovrebbe essere quella di elaborare un nuovo piano decennale di risanamento del bilancio dello stato, finalmente realizzabile e sostenuto da tutte le forze politiche, per affrontare con decisione e lungimiranza questo storico macigno che incombe su tutte le politiche del paese. Servirebbe uno scatto di orgoglio per valorizzare il potenziale produttivo del paese e la resilienza del tessuto sociale.

È questo il campo, sul quale bisogna spostare la sfida politica, ben consci che le soluzioni confacenti, più che portare il timbro di questo o di quel partito politico, devono essere espressione del buon senso e rispondere alle sfide attuali in termini di equità e sostenibilità economica, ambientale e sociale. Invece di offrire una piattaforma a chi specula sull’immediato tornaconto politico di una misera strategia di destabilizazione e di paura, i media potrebbero mettere sotto pressione le forze politiche chiedendogli di definire ciascuna e concretamente un programma di rientro dal debito. Se attuato, è in grado di allontanare gli spettri del default e del dimezzamento dei risparmi o di un abbassamento drastico del tenore di vita. Ed avrebbe, inoltre, il benefico effetto di ristabilire la fiducia ed un dialogo alla pari con i partner europei.