Ambiente | Mattanze silenziose

La strage degli attivisti ambientali

Morire per difendere la Terra: il rapporto di Global Witness denuncia il record drammatico dei difensori ambientali uccisi e minacciati nel 2019.
Indigenous police environmental activism
Foto: APIB

Sono 212, il 30% in più rispetto al 2018, gli attivisti ambientali uccisi nel 2019. Quattro a settimana, secondo le stime riportate da Global Witness. Numeri comunque al ribasso, che non tengono conto di tutte quelle persone che seppur uccise, non compaiono nei registri ufficiali. Ancora più alte sono le cifre relative a chi, a causa del proprio lavoro a difesa della terra, è sottoposto a minacce, violenze e detenzioni arbitrarie.
Oltre i due terzi degli omicidi sono avvenuti in America Latina, Colombia in vetta, e gran parte delle vittime si opponeva al saccheggio e all’inquinamento dei territori causati dalle industrie minerarie o legate ai combustibili fossili. Un business insanguinato - assieme alla deforestazione e all’agricoltura intensiva - che alimenta la crisi climatica e affonda le proprie radici anche nel nostro paese:  attraverso prestiti e investimenti all’industria fossile i principali istituti bancari italiani hanno contribuito a produrre 90 millioni di tonnellate di CO2 solo nel 2019. Eni, partecipata al 30% dallo Stato, è la principale società fossile italiana che, a dispetto delle martellanti campagne di green washing, fa parte delle prime trenta aziende al mondo responsabili della crisi climatica. Attualmente si trova a processo per corruzione internazionale presso il Tribunale di Milano: è accusata di aver pagato una tangente da 1,1 miliardi di euro per acquisire una licenza petrolifera in Nigeria, dove è attiva (e responsabile) in una delle regioni - il Delta del Niger - più inquinate al mondo.

 

 


Il report “Defending Tomorrow” sottolinea inoltre che sono i gruppi indigeni ad essere maggiormente a rischio: nonostante rappresentino solamente il 5% della popolazione mondiale, oltre il 40% degli omicidi dello scorso anno è stato perpetrato all’interno di queste comunità.

Lo studio riporta anche l’esperienza di Angelica Ortiz, proveniente dalla regione colombiana della Guajira e rappresentante di Fuerza Mujeres Wayuu, movimento indigeno nato intorno al 2005 per combattere la violenza e la devastazione sociale e ambientale, alimentate in particolar modo da paramilitarismo e industria estrattivista.
La forza delle donne Wayuu si manifesta soprattutto nella strenua battaglia contro una delle più grandi miniere di carbone a cielo aperto del mondo, Il Cerrejon, che avidamente ha inghiottito tutto ciò che si trovava sulla sua superficie, dai villaggi alle foreste.
Una realtà che l’Italia (e il Trentino in particolare) ha avuto modo di conoscere da vicino nel maggio dello scorso anno.

 

 

Dopo aver partecipato all’assemblea degli azionisti Enel, dove ha denunciato le condizioni in cui sono costrette le comunità a causa del carbone acquistato dall’azienda italiana, l’attivista è giunta a Trento per portare la sua toccante testimonianza all’interno dell’OltrEconomia Festival, sottolineando sia le responsabilità delle grandi corporation sia l’importanza e la determinazione del protagonismo femminile all’interno di questa lotta.
Una lotta che continua a pagare a caro prezzo. Da anni Angelica si trova costantemente nel mirino dei paramilitari ed è costretta, assieme alla sua famiglia, a continui e repentini spostamenti per sfuggire ai numerosi tentativi di assassinio.

 

 

La precaria situazione degli attivisti ambientali è peggiorata ulteriormente durante le restrizioni imposte dalla pandemia: da un lato - si legge nel report - alcuni stati hanno utilizzato opportunisticamente la crisi per controllare i cittadini e annullare le conquiste in campo ambientale, dall’altro il ritardo e il lassismo nel proteggere le comunità più vulnerabili hanno facilitato l’individuazione degli attivisti bloccati nelle loro abitazioni. Gli “squadroni della morte” al soldo di aziende e multinazionali continuano a portare avanti esecuzioni nella più totale impunità. Solo in Colombia, durante la prima settimana di quarantena, sono stati registrati tre assassinii di leader comunitari impegnati pacificamente in lotte ambientali.

“Nel 2015 gli stati hanno sottoscritto gli Accordi di Parigi e in tutto il mondo sono sempre più le persone che scendono in piazza per chiedere azioni urgenti per il clima. Eppure - conclude Global Witness - il numero dei difensori uccisi e minacciati sta aumentando. Dobbiamo ascoltarli e devono essere messi al centro dell’agenda politica. I governi e le aziende devono agire immediatamente”.

 

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Karl Trojer Sab, 08/08/2020 - 10:19

E´assurdo ed indegno, che un ente con proprietà statale partecipi alla distruzione della natura, alla minaccia di chi la difende ed all´incremento del CO2 ! Il governo intervenga rapidamente !

Sab, 08/08/2020 - 10:19 Collegamento permanente
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Karl Gudauner Dom, 08/09/2020 - 18:26

Globale Solidarität muss neue wirksame Wege finden, um Respekt vor Natur und Würde der Menschen einzufordern. Der Raub an der Natur ist auch ein Raub an Lebenschancen, der weltumspannende Folgen nach sich ziehen kann. Sämtliche von (Mitglieds-)Staaten, Konzernen und privaten Investoren betriebene Projekte, Verträge und Beteiligungen in umweltpolitisch sensiblen Regionen bzw. im Zusammenhang mit der Bewirtschaftung natürlicher Ressourcen sind offenzulegen und einem Nachhaltigkeitscheck zu unterziehen. Die EU sollte diese Maßnahme in ihren Green Deal aufnehmen und danach trachten, dazu eine globale Vereinbarung auf den Weg zu bringen, damit der Phalanx der Ausbeuter entschlossen entgegengetreten werden kann.

Dom, 08/09/2020 - 18:26 Collegamento permanente