Abecedario
Foto: w
Politica | Avvenne domani

Abecedario dell’anno funesto

Parole e persone del 2020 altoatesino (seconda parte).

M: Merano. Si rivoterà, dunque, a primavera, virus permettendo. Così, per passare il tempo, nell’attesa, sarebbe bello che con la neve invernale potesse sciogliersi anche un piccolo dubbio. Quanto ha a che fare con il mancato accordo sulla giunta Rösch la futura sistemazione ubanistica di una città come Merano che, nei prossimi decenni, dovrà scegliere come gestire porzioni di territorio rilevanti? L’area occupata dalle caserme e quella dell’ippodromo (non se ne adontino i devoti alle corse di Maia) sono un’altra città tutta da inventare. Sono scelte imponenti dal punto di vista urbanistico ed economico. Una miniera d’oro per chi dovesse costruire case e alberghi. Un bel temino da svolgere a casa. La correzione preferibilmente in classe prima del voto.

N: no wax. Siamo speciali. Come la nostra autonomia. Il diritto a conservare l’identità, però, diventa a volte, più che altrove, rifiuto di regole e raccomandazioni, prima ancora che di imposizioni. Eppure chi non vuole vaccinarsi nemmeno sapendo che con questo aiuterebbe la salute collettiva è magari la stessa persona che trova doveroso e naturale rischiare seriamente la pelle per recuperare un alpinista travolto da una valanga o per soccorrere gli abitanti di una casa in fiamme. Valli a capire.

O: ospedali (et cetera). Ovunque nel mondo la pandemia ha messo in luce con spietatezza le carenze dei sistemi sanitari. Al primo posto nell’elenco dei settori che dovranno beneficiare del grande sforzo di rinnovamento post-virus, c’è, in ogni paese e in ogni regione, quello sanitario. In Alto Adige la pandemia ha sottolineato ulteriormente carenze di cui si discuteva già da tempo. Ora è il tempo dell’emergenza, ma non dovrebbe essere impossibile cominciare a pensare contemporaneamente a qualche riforma per un sistema che, lo dicono i dati sui livelli essenziali di assistenza, ha urgente bisogno di una manutenzione straordinaria.

P: protezione civile. A metà novembre hanno reso possibile lo screening di massa testando 360 mila altoatesini in tre giorni. Il fatto che gli effetti sul contenimento del virus non sia stati quelli che qualcuno sperava non sminuisce di un millimetro la straordinaria prova di efficienza fornita. Qualche giorno dopo si sono messi gli stivaloni e hanno aiutato l’Alto Adige ad affrontare una delle più dure ondate di maltempo invernale della storia. Gli uomini della protezione civile sono il tesoro più prezioso che un’antica tradizione di solidarietà ha consegnato alla nostra realtà di oggi. Sono l’esercito dell’emergenza. E l’emergenza in questo tempo difficile sta diventando quotidianità

Q: Quammen David. Il suo libro, Spillover, era arrivato in libreria nel 2012, due anni dopo in Italia, fu accolto da un fragoroso disinteresse. A chi vuoi che potesse importare di un volume che tra l’altro definiva con implacabile precisione il prossimo arrivo di una pandemia di origine animale che avrebbe assunto le sembianze di un virus. Dal marzo scorso se ne vendono copie a raffica. È sperabile che tutti, in specie i decisori politici, leggano anche le pagine nelle quali si dice che quella del Covid non sarà probabilmente né l’ultima né la più pericolosa delle disgrazie annidate nel sangue di qualche creatura che ci ostiniamo a non voler lasciare in pace.

R: Resia (lago di). Dopo il lago di Braies un altro specchio d’acqua altoatesino si conquista fama imperitura. Un romanzo ambientato sulle rive di Curon, da dove si vede un campanile che spunta dalle acque. Di seguito, a consacrare l’ultimo lembo della Venosta come un cameo che nessun frequentatore di Instagram può lasciarsi sfuggire, è arrivata anche una serie televisiva. Nulla in contrario, per l’amor del cielo, ma per una volta piacerebbe che su quello sfondo si muovessero personaggi un po’ più disegnati sulla realtà. Non si pretende che parlino in dialetto venostano con i sottotitoli, ma almeno le inflessioni dialettali venete o, peggio ancora, il romanesco, koinè obbligatoria nelle produzioni italiane, potevano risparmiarseli.

S: skilift. Elogio del vecchio skilift col piattello da infilare tra le gambe e della seggiovia monoposto o al massimo biposto per coppie conviventi anche se non coniugate. Relegati ai margini dei caroselli invernali dai super impianti con cabine ad agganciamento superautomatico con sedili riscaldati, sauna, servizio di catering e schermi ultrapiatti, ora gli antichi mezzi per risalire le piste si prendono la rivincita. Sono a prova di Covid, approvati anche dai virologi più intransigenti. Distanziamento assicurato anche in caso di emissioni vocali per intonare canti della montagna.

T: tunnel di Monte Tondo. Si iniziò cinquant’anni fa ignorando, per ragioni di tempo e di soldi, le ragioni di chi sosteneva che costruire un viadotto sopra la città di Bolzano per farci passare l’autostrada era un delitto. C’è chi di quella imposizione mena vanto ancor oggi. Poi si decise di far scendere la strada di San Genesio su via Cadorna anziché a San Maurizio, deturpando irrimediabilmente la gola del Rio Fago. Si sono costruiti chilometri di gallerie per collegare Sarentino, Laives e Bronzolo e ci si è fermati, come per un maligno incantesimo, proprio ai margini della città. Per qualcuno Bolzano non è un centro abitato da oltre centomila persone ma una rotonda spartitraffico. Adesso i primi segnali di una timida inversione di rotta. Speriamo bene.

U: Unterberger Julia. A volte capita di pensare che a Roma, ma anche a Bolzano poi, ci siano non una ma due stelle alpine, ben diverse l’una dell’altra. Sino a quando terrà il collante storico del partito di raccolta?

V: Vettorato. Salvini ha scelto lui per metter fine al lunghissimo commissariamento della Lega altoatesina. Il campito che lo attende è quello di organizzare un partito nel quale i contrasti e i malumori, anche quando non esplodono pubblicamente come nel caso Vettori, si muovono sottopelle. La Lega altoatesina, dai tempi di Bossi in poi, ha cambiato faccia e facce una mezza dozzina di volte. Partito di lotta e oggi anche di governo. Per Vettorato un’impresa dall’esito non scontato.

W: Widmann. Per gli assessori alla sanità Dante avrebbe sicuramente introdotto un girone infernale autonomo. Condannati a provare per l’eternità mascherine e scaldacollo.

Z: Zanin Roberto. Aveva appena completato lo svezzamento quando Shel Shapiro, assieme ai Rokes, intonava sul palcoscenico di Sanremo la celebre canzone “Bisogna saper perdere”, eppure ha dimostrato, alle comunali d’autunno, di essere un ottimo perdente. Ha messo assieme una campagna elettorale dignitosa, cercando, senza riuscirci sempre, di piallare le asperità ingiustificabili di qualche componente della variegata coalizione che lo seguiva. Adesso lo attende la prova più ardua: quella di fare qualche anno di opposizione ad una maggioranza che si diverte a interpretare da sola tutti i ruoli in commedia. Non sarà facile, specie in questi tempi calamitosi. Auguri.