Società | Gastbeitrag

La forza delle donne

Il ricordo di zia Alma, un modello di forza e determinazione, ad un tempo tenero e fiero, nel giorno che celebra la femminilità.
8 marzo
Foto: upi

Oggi che è la festa della donna vorrei dedicare un ricordo a una delle donne più importanti della mia vita, Alma, la zia di mia madre. Quando a tre anni mi chiedevano se volessi più bene a mamma o a babbo io rispondevo senza esitazione la zia Alma. (Genitori in ascolto vi rivelo un segreto: ai bambini piccoli del tempo "di qualità" importa meno di zero, importa la quantità di tempo che stai con loro, importa della persona che è più presente, chi gli dà da mangiare, chi li addormenta, chi c'è quando hanno fatto un brutto sogno, chi li lava e li veste, chi li consola quando si fanno male o hanno la febbre; la zia Alma è stata quella presenza lì per me, perlomeno nella prima infanzia). Ho dei ricordi lontanissimi eppure vivi, di quando mi addormentava facendo andare su e giù uno yo yo luminoso, che vedevo tra le sbarre del lettino, mentre cantava una sola strofa di Luglio di Riccardo del Turco ("vieni da me c'è tanto sole/ho tanto freddo al cuore/se tu non sei con me"), mi faceva dei biberon di latte così carichi di biscotti plasmon che aveva dovuto tagliare la cima della tettarella perché altrimenti non passava niente. Sono stata tra le sue braccia una bambina grassa, protetta e felice.
 

La zia Alma era una donna dalla forza fisica eccezionale. Sua sorella minore, mia nonna, racconta che lo era fin da bambina, e che nei campi la mandavano a fare i lavori pesanti con gli uomini. A dieci anni ha avuto la difterite e il dottore che era venuto a visitarla disse, probabilmente non arriverà a domattina. Ha vissuto altri 84 anni.

La zia non poteva sentire i bambini piangere perché il pianto le ricordava quello del figlio nei giorni dell'agonia per l'ustione.


La zia Alma è stata davvero una donna che abbiamo fatto felice regalandole un trapano a Natale. Costruiva tavoli e panche di legno, è stata la più energica di ogni traslocatore che ho conosciuto. Ha avuto una storia personale terribile, si era sposata con Lino, un uomo bellissimo, appena prima della guerra. Hanno avuto un figlio che è morto a tre anni, cadendo dentro un catino con l'acqua bollente per fare il bucato. La zia non poteva sentire i bambini piangere perché il pianto le ricordava quello del figlio nei giorni dell'agonia per l'ustione. Per questo faceva in modo che io e mia sorella non piangessimo mai. Un mese dopo la morte del figlio le morì anche il marito, così è rimasta vedova a 29 anni con un lutto così feroce che la stava divorando. Anche mia nonna era rimasta vedova a 26 anni - il marito trucidato in un rastrellamento nazifascista - quando mia mamma aveva 11 mesi. Era il 1944 e le due sorelle si ritrovarono a vivere insieme e a crescere una bambina. Erano le donne meno "empowered" che potessero esserci: sole, povere, senza istruzione, senza lavoro, senza casa, senza uomini. Né la nonna né la zia ne hanno voluto più sapere di risposarsi. Gli uomini sembravano costituire una minaccia più che una salvezza per loro. Raccontavano storie delle vedove che si erano risposate e poi il marito non voleva bene ai figli che c'erano prima di lui. Di mariti alcolizzati e amiche che venivano picchiate. Hanno iniziato a lavorare entrambe, e dopo quindici anni si sono anche comprate una bella casetta e mia mamma è andata all'università, e lei sì si è molto emancipata.

 

 

La zia Alma sarebbe piaciuta tantissimo a tutte le Nasty women, le nonunadimeno con le mazze e i bastoni, le unapologetic bitches, le bambine ribelli.


La zia Alma ha fatto lavori durissimi. Prima ha trovato posto in una fonderia, dove era l'unica donna nell'altoforno, poi in una fabbrica di lavorazione della frutta, dove non l'hanno messa come le altre operaie alla catena di montaggio a inscatolare mele e pesche, ma contando sui suoi bicipiti l'hanno mandata al carico e scarico, con gli uomini. La zia Alma racconta che una volta era sul camion e doveva passare delle casse di mele a un operaio che stava sotto, lei aveva la gonna sotto il grembiule (erano gli anni '50 ancora non si portavano i pantaloni) e questo qua, ogni volta che lei si avvicinava, le toccava le caviglie e risaliva lungo la gamba. Alla terza volta che gli diceva di smetterla e lui invece continuava invece di passargli la cassa gliela mollò sul naso, rompendoglielo. Un'altra volta aveva accompagnato mia madre al cinema. Erano loro due da sole nella fila e si era seduto accanto a lei un tizio che appena spente le luci le aveva messo una mano sulla coscia. Lei - lo raccontava con una soddisfazione divertita - gli fece credere di starci sistemando bene il cappotto in modo da coprire i movimenti delle loro mani. Lui si fece avanti e lei a quel punto gli immobilizzò il polso con la destra e con il palmo della sinistra gli sollevò il dito medio fino a sentire il rumore dell'osso che si rompeva. Quello non fiatò ma fuggì dal cinema a gambe levate. Quando ero in quinta elementare a Grosseto un ragazzino di un'altra classe che neanche conoscevo bene, mentre camminavo verso casa da scuola mi spaccò un labbro con un pugno chiamandomi "puttana", così, senza che mai abbia capito il motivo. Nei giorni seguenti è venuta lei ad accompagnarmi all'andata e al ritorno e non c'è stato bisogno che neanche dicesse una parola, che tutti i ragazzini hanno capito dallo sguardo che non si dovevano azzardare a torcermi un capello. La zia Alma sarebbe piaciuta tantissimo a tutte le Nasty women, le nonunadimeno con le mazze e i bastoni, le unapologetic bitches, le bambine ribelli.

Pensava che l'unico modo per proteggersi fosse essere come quelli che temeva; forte, assertiva, se necessario violenta.

Eppure non era una femminista, era una che dava sempre la porzione migliore all'uomo a tavola, che aveva servito il fratello maschio come un principe insieme alle altre sorelle, era sessuofoba e tutt'altro che ribelle, con lei bisognava ubbidire, guardare e non toccare, svegliarsi presto e prima il dovere e poi il piacere, anzi meglio ancora solo il dovere e poi basta. "E' da farsi" era il suo motto. La zia Alma aveva paura degli uomini e non si fidava di loro. Pensava che l'unico modo per proteggersi fosse essere come quelli che temeva; forte, assertiva, se necessario violenta. Penso a quanto poco ho preso da lei nonostante sia stata presente nella mia vita dalla nascita fino a quando è morta nel 2009. Sarebbe bello poterle parlare adesso, sapere che ne pensa di noi oggi, di queste ragazze fiduciose che hanno meno paura, a cui piacciono gli uomini, hanno più potere, sono più colte e autonome e come lei vorrebbero non essere importunate, ma non sono capaci di spaccare dita e nasi. Buona festa della donna zia Alma, ovunque tu sia, che un po' della tua forza sia con tutte noi.

 

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Maria Cristina… Gio, 03/08/2018 - 19:27

La mia si chiama Tante Anna e ha 87 anni. Ha fatto la maestra per 40 anni, mi ha allevata ed ha seguito anche i miei figli. Non si è mai sposata, perché degli uomini non le importava più di tanto. Ha avuto molte amiche con le quali ha fatto bei viaggi, camminate in montagna, lunghe chiacchierate in allegria. Una donna felice ed appagata, bizzarra quanto basta, indipendente, sicura. Che meraviglia!

Gio, 03/08/2018 - 19:27 Collegamento permanente