Società | storytelling

La storia che non ricordo

Una breve favola che nasce dall’ emozione di ascoltare storie narrate dai bravissimi componenti dell’ associazione SAGAPO’ ! W lo STORYTELLING
Avvertenza: Questo contributo rispecchia l’opinione personale dell’autore e non necessariamente quella della redazione di SALTO.
palindromo
Foto: massimo mollica

Chiedo scusa ma vi confesso che nonostante mi fossi preparato questa favola non me la ricordo più! Sarà l’imbarazzo (o meglio la tensione) del pubblico, sarà il logorio della vita moderna (cit da vecchia pubblicità) ma non mi ricordo più nulla! Vuoto!  O meglio, a pensarci bene, il finale me lo ricordo: “E VISSERO PER SEMPRE FELICI E CONTENTI!” me lo ricordo perché mi da un fastidio, ma un fastidio! E’ il tipico finale di una vita di due ebeti…Ma io l'avrei cambiata con un meglio: “E VISSERO PER SEMPRE INSIEME, NELLA BUONA E CATTIVA SORTE!” E ora che ve ne parlo mi viene in mente che questo finale era scaturito  da un incontro di due giovani. I quali appena visti si erano voluti bene. Quello che mi sfugge però è il contesto…Ah NO, ora che ci penso uno dei due aveva liberato l’altro. E cosa c'è di più bello di una liberazione? (il trionfo del bene contro il male! E la successiva vittoria dell’ Amore!) E se ci penso meglio mi ricordo pure come era successo. Sì perché ero piegato dal ridere! Non ci posso fare nulla! Ma quando si parla di peti e scoregge non smetto di ridere! Ed è proprio così che era stato sconfitto il male! Una fragorosa e roboante emissione di gas intestinale, che aveva praticamente disintegrato il cattivo e aperto ogni porta e portone AH AH AH (una storia così per me ha già vinto). Oltre a ciò mi colpì l’intuizione, di chi doveva liberare l’altro, di rompere gli schemi. Andare oltre le solite sfide, utilizzando gli strumenti convenzionali.  Questo, per me, è un po’ l'esaltazione della Fantasia, che da sapore alla Vita.  Ora che ci penso ricordo un lungo e interminabile incrocio di sguardi tra i duellanti. (una scena tipica di un film thriller). Proprio dopo che il liberatore aveva pronunciato il nome di chi voleva liberare e quindi il male si era accorto della sua presenza. E come con i vagoni di un treno che va in retromarcia, immagino davanti ai miei occhi il viaggio intrapreso per questa impresa. Una sorta di imprevisti, e richieste di informazioni, che uniti tra loro compongono l'immagine ben definita di un percorso che portava dritto dritto davanti a un portone di un castello stregato. Per ricordarmi chi ha intrapreso tale viaggio devo fare uno sforzo notevole. (La mia mente non mi aiuta) Anche se la cosa che mi aveva colpito è che fosse una ragazza. Anzi una Cavaliera!  E ora che rifletto mi ricordo che di nome faceva Anna. Bellissimo nome! E pure palindromo! Quanti si possono vantare di avere un nome palindromo? Io purtroppo no. Cosa significa palindromo? Che da qualsiasi parte lo leggi il nome non cambia! Mi sento un po’ palindromo pure io (nome escluso). Da qualsiasi parte tu mi voglia giudicare sono sempre io, che mi sforzo di essere il più autentico possibile.  Con i miei tanti difetti e pochi pregi, le mie delusioni e poche vittorie.

Arrivati a questo punto vi chiederete chi fosse il cattivo...beh me lo chiedo pure io! Vado per sottrazione. Non era un orco cattivo, ne un drago (men che meno un orso). Ora che ci penso mi aveva spiazzato perché il male era un angelo bellissimo! Di nome Samuela. Ma vi rendete conto? Una figura tipicamente atipica per rappresentare il male! Quasi a voler riflettere sul fatto che non solo l'abito non fa il monaco, ma non fa nemmeno l'abito. Quello che siamo è quello che siamo dentro. Quello che proviamo. Non quello che mostriamo. E tale angelo bellissimo con il suo avvento non solo aveva portato tristezza tra la popolazione ma era l'artefice del rapimento e successivo reclusione nel suo castello stregato. Ora il cerchio si chiude e devo sforzarmi di ricordare chi fosse il rapito. Lo chiameremo Giufà perché io coi nomi ho sempre problemi a ricordarli. E poi, in tutte le storie che si rispettino, c'è sempre un Giufà. E siccome questa storia non ha solo l’ambizione di essere rispettabile ma ha la sfrontatezza di voler appartenere a quelle più classiche e importanti, Giufà era di sangue nobile e figlio, non di un Re, ma bensì di una Regina. Che aveva un bellissimo regno e tutti i sudditi vivevano in pace e spensieratezza, declamando spesso: “God save the Queen!”

Ecco, ora mi sento pronto a raccontarvi finalmente questa favola! Che inizia con un “C’ ERA UNA VOLTA UN RE, ANZI NO!”

Grazie!

PRE (o POST) FAZIONE: questa è una storia che volevo scrivere da quando ho conosciuto la bellissima realtà di SAGAPO’. E’ evidente che io non sappia scrivere ma mi piaceva l'idea di farlo dato che partiva dalla fine. Perché sono tutti bravi a cominciare dall'inizio! Una sorta di storia “palindroma” che ribalta tutti gli stereotipi possibili. Viene richiesto uno sforzo nello sforzo (un “meta sforzo”!) per capirne il senso. Non so se sia possibile narrarla in pubblico (mi piacerebbe tanto!)ma di sicuro non sarò io a farlo. Sia perché non so raccontare le storie, sia perché non riuscirei a valorizzarla (essendo tanto originale e particolare). E poi voglio rimanere ignorante, e godermi appieno l'emozione di ascoltare una storia senza pensare a nulla. La stessa che provano i bambini quando si fanno affascinare dagli eventi del mondo!