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Chi era Capitano Giuntini?

Gabriel Heim, documentarista svizzero, narra in un fascinoso radiodocumentario le vicende del capitano di origini siciliane vissute tra il 1940 e il 1947 a Basilea.
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Foto: Archiv: Gabriel Heim

Il 4 maggio 1943 è entrato nel porto di Basilea il veliero DJINN III pilotato dal capitano italiano Francesco Pietro Giuntini. Presentò parecchi danni, soprattutto nei due alberi, e dovevano essere riparati prima di poter proseguire il viaggio fino a Marsiglia. La permanenza fu stimata in tre settimane, per buona pace del capo di Basilea della Fremdenpolizei (il corpo di polizia addetto agli stranieri) che all’epoca aveva a che fare soprattutto con profughi ebrei e migranti clandestini. Poi, tutto sarebbe andato diversamente… Inizia così il radiodocumentario Letzter Anker Hafenbecken II di Gabriel Heim, trasmesso dalla radio svizzera SRF 2 Kultur nel programma Passage e tuttora ascoltabile in podcast sul sito (in lingua tedesca).
Chi era Francesco Giuntini e come mai un capitano della marina reale italiana, abituato a solcare gli oceani sulle orme di altri grandi capitani prima di lui, era andato a finire a Basilea, nel suo porto di navigazione fluviale? Il capitano, Marchese di San Minato, Priore di Mon Serrat ed ex console della Turchia a Fiume, era nato a Catania nel 1878 e - nel 1939 - era già passato una prima volta a Basilea per sbrigare alcune cose prima di levare l’ancora e partire per un viaggio di esplorazione nel Sudamerica alla ricerca di nuovi territori in Colombia per i numerosi emigranti italiani. In quell’occasione si era imbattuto anche nella giovane Leonore Bodenmann che aveva alle spalle studi di fotografia e cinema, la quale si propose da subito ad accompagnarlo nella veste di documentarista e il cui padre entrò come mecenate dell’impresa nautica. Il radiodocumentario è ben costruito con tracce audio adeguate a creare l’immaginario porto, in cui si svolgono per lo più i fatti narrati, e fa uso di una voce narrante (dello stesso autore, Heim) e di attori per ricreare, dando loro un corpo vocale, i vari personaggi coinvolti: oltre al capitano Giuntini e la sua giovane compagna Bodenmann, sono il capo di Basilea della polizia per stranieri, Fritz Jenny, e l’allora direttore del porto di Basilea, Alfred Schaller (che negli anni sessanta sarebbe poi diventato il presidente del Nationalrat della Svizzera). Al capitano Giuntini è stata assegnata la voce con un notevole accento di Omar Gargantini (un giornalista di sport presso la televisione svizzera italiana) e con essa snocciola le diverse informazioni biografiche, tra cui l’acquisto del suo veliero avvenuto nel 1920: 25mila tonnellate di peso, 145 metri di lunghezza, una “nave modesta” che sa affrontare bene i molti viaggi lunghi… L’otto posti era giunto a Basilea dopo che nel 1940 il capitano Giuntini fu sorpreso nel suo intento di risalire l’Orinoco dall’entrata in guerra del suo paese, e fu costretto dal suo ministero di marina a tornare indietro. Non privo di difficoltà era riuscito a raggiungere Amsterdam, da dove era partito e dove l’intero gruppo in viaggio con lui (un cartografo, un medico, un geologo e due marinai) era sceso, salvo la fedele fotografa ventenne Leonore, che rimase a bordo con lui. Dovettero sostare nel porto olandese per oltre due anni, finché le truppe di occupazione naziste concessero il permesso di rientrare in Italia lungo il canale del Reno e della Rhône fino a Marsiglia, essendo le vie del mare troppo pericolose per la presenza massiccia di mine. La DJINN III arrivò a Basilea parecchio rovinata a causa dei bombardamenti in cui era incorsa durante l’attraversamento della Germania nazista.

L’iniziale permesso di tre settimane doveva presto essere prorogato in tre mesi perché i lavori di riparazione stavano andando al rallento, e per tutto quel periodo il capitano abitava a bordo con la sua Leonore. Non era permesso loro di scendere a terra. Ciononostante, Francesco Giuntini si divertiva a inoltrarsi nelle strade di Basilea e farsi ammirare nella sua luccicante ed elegante uniforme bianca con i bottoni dorati: si fece notare nel grigiore generale delle vesti della popolazione ormai caduta in miseria negli anni della seconda guerra mondiale, lui, di bassa statura, calvo e col pizzetto grigio che gli contornava il mento. Ci sapeva fare, Giuntini, con la gente, intrattenendo a lungo coi suoi racconti di avventure vissute in mare e fuori, nel vasto mondo.

Le autorità erano parecchio contrariate da un simile atteggiamento e continuavano le indagini nella vita del capitano: fu soprattutto la sua convivenza contro ogni limite morale con la giovane Leonore a essere una spina nel fianco di Alfred Schaller. Non erano solo queste le accuse che andavano aumentando il volume dell’atto intestato a Giuntini, no, nella sua missiva a Fritz Jenny, Schaller insistette sul fatto di trattare il capitano alla pari di tutti gli altri immigrati clandestini, ossia internarlo, per poi estradarlo nel paese di provenienza. Jenny non era dello stesso avviso e cercò un’altra via mandando a Giuntini un ultimatum con scadenza il 15 novembre 1943, tempo sufficiente per farlo saldare i conti presso coloro che aveva interpellato per le riparazioni del suo veliero. Il capitano italiano, però, si rifiutò di accettare a causa dello stato di guerra, essendo troppo freschi i ricordi delle difficoltà passate lungo il Reno. Ormai Giuntini aveva raggiunto la saggia età di sessantacinque anni, e la società armatoriale di Basilea, a fronte delle grosse difficoltà previste per altri anni di guerra, decise di formare nuove leve di giovani naviganti per la propria flotta interna. In mancanza di insegnanti validi fu chiesto al capitano Giuntini di insegnare le tecniche di navigazione a bordo della nave “Levantina”, scelta per tale scopo. Tracce di questo periodo si sono trovate in un album di un allievo, racconta la voce narrante, ed è grazie a questa fonte che si poteva risalire alle materie di insegnamento (dalla ginnastica a bordo alle lezioni di teoria e di pratica fino a quelle in sala macchine) e ad alcune fotografie del capitano assieme ai suoi allievi: il capitano era molto amato, essendo la sua una vita dedicata alla navigazione per i grandi mari. Poi accadde l’imprevisto: a causa di un attacco alla paratoia che regolava il livello delle acque nel porto di Basilea, il 7 ottobre 1944, a bacino portuale quasi a secco, il veliero di Giuntini cappottò vicino all’uscita dopo aver intrapreso un tentativo di uscirne per tempo. Il giorno successivo il livello dell’acqua era sceso ulteriormente a 3,80 metri e molte navi erano al secco. La DJINN III si trovò inclinata a 60 gradi ed era di intralcio a parecchie altre navi. Un reporter alla ricerca di notizie a riguardo andò a trovare Giuntini su un’altra nave abbandonata, dove il capitano si era rifugiato con Leonore in mancanza dell’abitabilità sul suo amato veliero. Nel frattempo, il padre di Leonore, Ernst Bodenmann, era entrato in difficoltà economiche per cui aveva sospeso i preziosi contributi in denaro al capitano, motivo per cui Giuntini venne letteralmente assillato dai creditori e parte del suo veliero ipotecato. Ora, il direttore del porto Schaller temette la fuga di Giuntini, per cui fece mettere in salvo il veliero dagli operai dell’ente portuale, mentre Giuntini continuava a vivere a bordo della nave abbandonata dove si era installato, avendola dichiarata come territorio italiano protetto dalla sua bandiera ivi issata. Schaller tornò a chiedere il suo internamento in una struttura per clandestini ma la centrale a Berna della Fremdenpolizei rifiutò.

Il 2 ottobre 1945 Schaller chiese una multa o l’arresto, l’espulsione di Leonore nel cantone di origine e il sequestro del veliero. Giuntini vinse il processo e in seguito la coppia viveva sempre a bordo della nave abbandonata, grazie a una piccola somma concessa loro dal consolato italiano. La paratoia danneggiata non era ancora stata riparata e nel bacino numero due del porto di Basilea le acque erano scese a livello quasi zero. Soltanto un anno dopo, il 12 ottobre 1946, si sarebbe festeggiata la riapertura della navigazione fluviale.
Il capitano aveva risentito sul piano della sua salute tutte le vicissitudini e si era seriamente ammalato. Il suo veliero fu messo all’asta, e lui volle rivederlo almeno per un’ultima volta. Non fu d’accordo il medico curante all’ospedale, dove ormai era ricoverato e dove Capitan Giuntini morì il 12 luglio 1947.
Poco più di un anno dopo, il suo magnifico veliero a due alberi, la sua “nave modesta” che nei tempi migliori valeva 120mila franchi svizzeri di allora, fu messo all’asta con un’offerta di partenza di 30mila franchi ma fu poi battuto per soli 1.400 franchi: l’acquirente era un trafficante in stoffe antiche che poi l’avrebbe smontato, lo storico veliero. In tanti singoli pezzi…
Il finale è affidato alla voce assegnata a Leonore che ci racconta il funerale del “suo” capitano in una bella giornata di sole al cimitero di Basilea…

PS Nelle nostre ricerche in rete abbiamo trovato il progetto espositivo “Magnet Basel” – a cura dello stesso Gabriel Heim - suddiviso in cinque luoghi e in cinque macro-argomenti che si legano alla storia della migrazione in Svizzera negli ultimi cento anni. Era il 1917 quando fu istituita la Eidgenössische Fremdenpolizei e le storie raccolte (e selezionate dagli oltre 350mila dossier trovati nello Staatsarchiv di Basilea) venivano esposte nel 2017 per la prima volta al pubblico: nel Pavillon del cortile dello stesso Archivio di stato si svolse la mostra Du bist hier (Tu sei qui) che proponeva biografie dal ricco archivio storico della Fremdenpolizei e biografie di migranti contemporanei, tra le quali si trovava anche il nome di Francesco Pietro Maria Giuntini; lo Historisches Museum Basel – Museum für Wohnkultur proponeva momenti di storia sotto il titolo Bewilligt. Geduldet. Abgewiesen (Acconsentito. Tollerato. Rifiutato); al Museum.BL Forse nella Hanro? narrava storie di sarte italiane nella fabbrica tessile Hanro nel Liestal; il Dreiländermuseum Lörrach invece storie di colf provenienti dalla Germania, Mädchen, geh in die Schweiz und mach dein Glück! (Ragazza, va in Svizzera e tenta la tua fortuna!) e nella hall del Theater Basel si vedeva l’esposizione Erhebungen zur Person (Indagini sulla persona), ossia il teatro comunale nello specchio degli atti dal 1933 al 1948 conservati presso la Fremdenpolizei.

Intervista/Interview con/mit Gabriel Heim:
Martedì/Dienstag, 13.2., Salto Afternoon