Cultura | Degrado

Il grande malato

Perché il Monumento alla Vittoria è ancora pericolante? Perché il percorso museale ipogeo è ancora chiuso? Le risposte che mancano.
Monumento alla Vittoria
Foto: (Foto: salto.bz)

A Bolzano tutti conoscono il Monumento alla Vittoria. Sta lì, nella piazza che si richiama allo stesso nome, e giganteggia e biancheggia da quasi cento anni rappresentando – almeno nelle intenzioni di chi lo costruì – il suggello dell'italianizzazione (peggio: della civilizzazione, come recita la scritta sul frontone) dell'Alto Adige intrapresa dopo la fine della Prima Guerra Mondiale. Non costituisse un elemento così ingombrante ci si farebbe di sicuro meno caso. Testimonianze dello stesso periodo, vale a dire risalenti nell'esecuzione o nella progettazione al Ventennio fascista, ce ne sono altre e vengono più o meno ignorate. Ma tutta la zona immediatamente circostante è intonata al medesimo spirito. L'investimento simbolico (e quindi potenzialmente polemico) dell'arco eretto su disegno dell'architetto Marcello Piacentini espone comunque tale spirito nel modo più plastico e paradigmatico. Per questo motivo, tardivamente ma meritoriamente, sei anni fa si decise di intervenire con un'opera di “depotenziamento” e di “storicizzazione” del famigerato “relitto” (su tutte le parole virgolettate si potrebbero scrivere saggi, molti sono stati anche scritti), in modo da restituire alla città un reperto di studio e di consapevolezza. Furono investiti molti soldi nel restauro e nell'allestimento del percorso di documentazione ipogeo. Chi non l'avesse già visitato può recuperare i dati salienti dal sito dedicato. Tutto bene, dunque? Nient'affatto. Perché due eventi hanno guastato questo paradigmatico spot al recupero di una memoria infetta, e la loro perdurante incidenza rivela oggi un quadro piuttosto desolante.

Lavori annunciati e mai eseguiti

Il primo di questi eventi fu il crollo, avvenuto verso le otto di mattina del 4 maggio 2019, di una parte del cornicione del Monumento. Non ci furono per fortuna vittime, l'area a quell'ora era deserta. Furono effettuati sopralluoghi, verifiche strutturali, operazioni quindi apparentemente rivolte a un celere ripristino della stabilità dell'opera. Il sindaco Renzo Caramaschi annunciò che sarebbero partiti i lavori di restauro per riavere la struttura agibile entro i primi mesi del 2020. Invece non è accaduto nulla. Ad oggi (9 settembre 2020) le impalcature sono sempre lì e non c'è nessun tecnico, nessun operaio che ci stia lavorando. Analoga sorte è capitata al percorso di documentazione. Qui il colpo è stato inferto non dal crollo, ma dal virus. A marzo, in ottemperanza ai noti provvedimenti di contenimento del contagio pandemico, il piccolo museo che spiega la storia di ciò che lo sovrasta è stato chiuso e non ha più riaperto i battenti. Fino a quando? Non si sa. Del resto tutto il comparto culturale (musei, biblioteche, teatri...) vive da sei mesi in una crisi profonda.

Un pugno nell'occhio, diventato per incanto invisibile

Curiosità: per decenni al centro di feroci scontri politici, lo stato di attuale abbandono del Monumento non viene mai citato dagli esponenti dei vari partiti che si contendono il voto popolare nelle prossime amministrative. Il Monumento malato (per un secolo gigantesco pugno nell'occhio) è diventato per incanto invisibile. Intanto, però, l'erba si sta mangiando la scalinata, il cartello posto all'entrata del percorso museale sbiadisce, e non si può fare a meno di chiedersi per quanto durerà ancora questa situazione. In realtà qualcosa si è mosso. All'inizio di settembre, il giorno 2, per la precisione, su sollecitazione della Ripartizione cultura del Comune di Bolzano (che non è responsabile dello stato di salute del Monumento, ricordiamo, ma lo è dell'agibilità del percorso museale), è avvenuto un sopralluogo guidato da Chiara Matteazzi, architetto che lavora presso il Polo Museale Veneto (come noto, la tutela del Monumento è in capo a questa istituzione extra-territoriale). Chi scrive ha cercato di ottenere informazioni più dettagliate, rivolgendo domande scritte, ma una risposta non è ancora arrivata. Tranne questa: “Sentito il Direttore Daniele Ferrara, vista la complessità delle risposte richieste e i numerosi impegni già programmati, legati alla Mostra del Cinema di Venezia, sarà nostra cura risponderle appena possibile”. Le domande erano: “In cosa consiste esattamente il danno che sta attualmente giustificando l'impalcatura apportata al monumento? Si tratta di un caso isolato oppure altre parti dell'edificio sono a rischio? In altre parole: possiamo parlare di una precarietà strutturale del Monumento (problemi di stabilità, di statica), oppure i problemi sono concentrati solo sul rivestimento esterno? Seguiranno altri sopralluoghi? È possibile prevedere una data per l'inizio degli interventi restaurativi e una per la fine dei lavori? È possibile formulare un preventivo, anche all'ingrosso, sui costi? Perché il percorso di documentazione che è posto nella parte ipogea del Monumento non può essere reso nuovamente accessibile, magari con accessi limitati?”. Non appena riceveremo le risposte i lettori di salto.bz saranno tempestivamente informati.

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Sigmund Kripp Mer, 09/09/2020 - 19:39

Ich weiss nicht warum, aber ich dachte beim Lesen des Artikels immer an "Asterix und die Trabantenstadt", an die letzten Bilder des Bandes, wo die künstliche Stadt von den aus verzauberten Samen erwachsenen Bäumen überwuchert wird....

Mer, 09/09/2020 - 19:39 Collegamento permanente
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△rtim post Gio, 09/10/2020 - 10:26

Krank ist hier vor allem die imperialistische und faschistische Selbstvergewisserung des offiziellen Italiens in Bozen, um dort die angestammte Bevölkerung tagtäglich zu beleidigen.
Die Verteidiger des faschistischen Monuments und anderer Denkmäler in Bozen geben vor, die Geschichte zu verteidigen, allerdings versuchen sie nur eine bestimmte Gedächtnislandschaft einzufrieren aus einer Zeit, als die Welt aus ihrer Sicht offenbar noch in Ordnung war. Denkmäler werden aber ständig errichtet und auch wieder entfernt oder sie verfallen. Einen bestimmten Zustand zu konservieren, ist rückwärtsgewandte Identitätspolitik! Und hier kommen wir zu des Pudels Kern: Da Denkmäler Monumente kollektiver Identität sind, ist der Streit um Denkmäler auch ein Streit darüber, wer darüber mitreden kann und darf und wer Gehör findet. Wenn die angestammte, ladinische und deutsche Bevölkerung wirklich zählen, dann müssen sie das auch in der Betrachtung der Geschichte tun, und ihre Stimmen müssen auch in der Debatte um die italienische Identität zählen. Sie zu diffamieren, schließt sie aus.

Gio, 09/10/2020 - 10:26 Collegamento permanente