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“Vaccini, un allenamento"

Hubert Messner, a lungo primario di neonatologia e fratello di Reinhold, testimonial di Sabes: “Sistema immunitario più forte con i vaccini. I cittadini abbiano fiducia”.
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Foto: Foto: foto-dpi.com für den Südtiroler Sanitätsbetrieb

salto.bz: Hubert Messner, per dieci anni primario del reparto di Neonatologia e terapia intensiva dell’ospedale San Maurizio di Bolzano e ora in pensione, Lei è uno dei nuovi testimonial di Sabes, Azienda sanitaria dell’Alto Adige, sul tema delle vaccinazioni. Perché ha deciso di impegnarsi in prima persona su questo argomento?

Ho deciso di accettare la richiesta essendo ora un po’ fuori dall’Azienda sanitaria rispetto a prima e vista soprattutto la situazione in Alto Adige: siamo sempre il fanalino di coda a livello italiano in fatto di copertura vaccinale. Personalmente, ritengo che questo dato sia una vergogna. Ecco perché è giusto ripartire con un’altra azione da parte dell’Azienda sanitaria di stimolo e informazione verso la popolazione.

Affermazioni, le Sue, che vengono da un professionista con una lunga esperienza come medico e primario in Alto Adige. Quali sono state le tappe della sua carriera?

Sono stato primario all’ospedale di Bolzano in terapia intensiva neonatale e ho lasciato l’Azienda sanitario il primo gennaio scorso, con quasi 40 anni di lavoro alle spalle. Ho cominciato all’ospedale di Bolzano nel 1978, in pediatria nell’80, poi sono passato velocemente in terapia neonatale perché lì in quegli anni è cominciato il percorso basato sull’idea di regionalizzare le cure intensive. Portando i bambini a rischio in un centro più grande. Grazie alla maggiore esperienza e ai criteri di miglioramento abbiamo abbattuto la mortalità neonatale che all’epoca era più alta.

Quanti bambini sono passati per il reparto durante la Sua direzione?

Sicuramente a livello di terapia intensiva neonatale qualcosa come 15.000 neonati. In questi anni è stata portata avanti la regionalizzazione, è stata costruita una rete con un centro a Bolzano dove sono affluiti i bambini prematuri con problematiche da tutta la provincia. Questo ha portato all’incremento non tanto della sopravvivenza, quanto della qualità di vita di questi bambini, che è migliorata nettamente negli ultimi anni.

Tornando alle vaccinazioni, Lei come si spiega la bassa copertura della provincia di Bolzano, è un motivo culturale, un legame con il mondo tedesco o con altre regioni alpine?

Non direi. In Germania sicuramente si vaccina di più. Certo, sia in questo Paese che in Austria ci sono nette differenze tra diversi Bundesländer, o regioni per dirla così. E anche in Svizzera si vaccina, non c’è nessun problema. In Tirolo forse abbiamo un piccolo problema, non nell’ordine di quello che abbiamo in Alto Adige. Io penso che la spiegazione stia nel fatto che andiamo verso l’individualizzazione della società, specialmente di quella altoatesina. È un fenomeno globale, ma ho l’impressione che qui in provincia di Bolzano il trend sia più forte. Anche perché chiaramente stiamo bene e lo si vede anche in altri Paesi o aree. Laddove il Pil è alto si vedono queste tendenze all’individualizzazione. Ognuno pensa di poter fare quello che vuole e la comunità ne soffre, lo constatiamo ogni giorno nel nostro territorio.

Qual è il suo messaggio rivolto ai cittadini/alle cittadine riguardo ai vaccini?

In generale dirò che la vaccinazione è una cosa importantissima, costituisce uno dei maggiori successi della medicina, anche se talvolta si dice il contrario. Certamente al miglioramento della nostra salute hanno contribuito l’acqua pulita, l’igiene, l’alimentazione, ma i vaccini sono una delle cose più importanti nello sviluppo della medicina, rivolto agli obiettivi di far sopravvivere i bambini e ridurre la mortalità infantile. C’è un nesso causale chiaro. Dagli anni Cinquanta la mortalità infantile in Alto Adige è diminuita nettamente, anche dagli anni Settanta, quando il tasso era 20 per mille, mentre oggi siamo sul 3 per mille. In quella decade avevamo già l’acqua pulita e l’igiene, quindi il contributo delle vaccinazioni è indubbio. Poi dirò un’altra cosa, sulla fiducia. In questi tempi dove c’è scetticismo verso qualsiasi istituzione, la gente deve avere fiducia in noi medici. Quindi anche quando proponiamo la vaccinazione.

Lei è noto anche per la Sua attività sportiva e per le imprese alpinistiche, di esplorazione e agonistiche che ha compiuto sia da solo che con Suo fratello Reinhold Messner. Esiste un nesso con l’argomento di cui stiamo parlando?

Io ho fatto diverse cose in vita mia, sono stato sempre una persona sportiva. Con mio fratello ho fatto diverse cose, sia a livello delle spedizioni sull’Himalaya, poi sono stato al polo Nord, ho attraversato con lui la Groenlandia, la via lunga da sud a nord che è una delle traversate più lunghe, la Mongolia e in parte il deserto del Gobi. Mi sono sempre tenuto in forma correndo e adesso nel tempo libero vado con gli sci, con il surf, il kite. Ebbene, dirò una cosa che viene in parte da me, proprio dalla mia storia. La vaccinazione è un allenamento del sistema immunitario sia verso le malattie per le quali sono diretti i vaccini, ma non solo, anche nei confronti di altre patologie. Un allenamento, sottolineo, che si fa con qualcosa che non è pericoloso. Assumendo il vaccino l’organismo non lotta contro elementi nocivi. La gente deve avere ben chiaro questo concetto.

Si temono appunto gli “effetti collaterali” dei vaccini.

La storia dell’autismo, delle allergie, della sclerosi multipla sono cose che non sono mai state dimostrate. Per l’autismo la tesi di una correlazione è stata smentita addirittura negli anni Novanta. Si tratta quindi di convinzioni totalmente prive di fondamento.