SanPa
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Società | Finferli e nuvole

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Luci e ombre su San Patrignano, la celebre comunità di recupero da dipendenze, e sul suo fondatore Vincenzo Muccioli. Un documentario da vedere. Senza verità assolute.

Netflix ha prodotto un documentario su San Patrignano, SanPa. Si tratta di una miniserie italiana tra le più viste. Parla della famosa comunità per il recupero dei tossicodipendenti nata alla fine degli anni Settanta.

La mette in piedi, dal nulla, Vincenzo Muccioli. È benestante. Ha un podere, alcuni casolari, dei frutteti, un allevamento di animali. Arrivano due, dieci, centinaia, migliaia di ragazzi. Da tutta Italia e di ogni ceto sociale. La prima ospite è una ragazza trentina.

Ci sono neofascisti, brigatisti rossi, operai e molti figli di gente ricca. Tutti finiti dentro l'eroina che in quegli anni invade le piazze. Costa poco e viene spacciata in quantità industriali.

Ricordo che all'inizio degli anni ottanta, a Firenze, in piazza Brunelleschi, davanti alla Facoltà di Lettere e Filosofia, i tossici si bucavano dietro le rastrelliere per le biciclette. Oppure un po' più in giù, sotto un albero nel quale conficcavano poi le siringhe usate. Per strada era pieno di zombie.

Il documentario inizia descrivendo quel clima.

Muccioli riempie un vuoto assoluto: non ci sono comunità di recupero, in Italia. Lo Stato è impreparato e assente. Ne raccontano la nascita e lo sviluppo i ragazzi che vi entrarono allora. Decine di interviste, racconti toccanti, storie dure, quattro ore di immagini per cinque puntate. La maggior parte di loro ce la fa. Il 70%, sembra. Sulle cifre ci sono molti dubbi.

E poi c'è un ma: Muccioli è un padre-padrone. Non ha nessuna formazione specifica. Non è uno psicologo, un assistente sociale o un medico. Non usa medicine e la sua unica terapia è quella del lavoro duro da mattina a sera. Impone una disciplina ferrea. Assesta manrovesci. Chi scappa viene riacciuffato da squadre speciali. Riportato indietro e, anche, incatenato dentro celle punitive. Nella comunità di San Patrignano ci sono due suicidi e un omicidio. Muccioli, che qualcuno chiama Mucciolini, insabbia. Ci sono denunce e iniziano quattordici anni di processi.

I “suoi” ragazzi lo amano e lo odiano. Lo condannano e lo perdonano

Fa un certo effetto vedere, oggi, quell'aula di tribunale.

LA LEGGE È UGUALE PER TUTTI.

E, sopra, il crocifisso.

Muccioli viene assolto, condannato, assolto, condannato parzialmente. Muore nel 1995. Per Aids, si dice.

L'opinione pubblica italiana è quasi tutta con lui. È ormai un santone, una celebrità, un personaggio da frequentare e da esibire. Come fanno Craxi e Andreotti.

I “suoi” ragazzi lo amano e lo odiano. Lo condannano e lo perdonano. Quasi tutti dicono che lì dentro, a Sanpa, sono sfuggiti alla morte.

Strazianti sono le testimonianze dei genitori. Disperati, rovinati economicamente, impotenti, soli. A Vincenzo Muccioli chiedono una cosa sola: di salvare loro e i loro figli.

Per alcuni lui ce l'ha fatta, per altri no.

Un documentario da vedere. Senza verità assolute.

 

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Massimo Mollica Mar, 01/12/2021 - 21:34

Ho trovato questo documento bellissimo, perché parla della vita e della morte. Parla di vite che sono state salavate grazie a Sanpa e nonostante Sanpa. Una chiave di lettura io l' ho trovata. Ed è che l' uomo solo al comando, il salvatore unico, non funziona perché non esiste. Ed è lo stesso errore che gli italiani hanno commesso e commettono tutt' ora in politica. Gli anni migliori di questa nazione sono stati quando tutti hanno lavorato e contribuito al benessere comune, una visione di comunità. Una forte personalità, un forte carisma, può portare al sogno, a credere in determinate cose, anche a spingerti a migliorare, ma non vi sarà mai un seguito, non sarà mai una cosa duratura. Un esempio da esportare.

Mar, 01/12/2021 - 21:34 Collegamento permanente