Economia | Tassazione

Serve una riforma complessiva del fisco

Si è aperta la discussione sulla riforma del fisco. Una fase difficile per noi, dobbiamo essere vigli e operare per non dare spazio agli appetiti particolari.
Avvertenza: Questo contributo rispecchia l’opinione personale del partner e non necessariamente quella della redazione di SALTO.
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Foto: Fabio Petrini

La sopportabilità o la considerazione verso il fisco è da sempre correlata ai benefici che ognuno riceve dalla spesa pubblica. Purtroppo per la dimensione assunta dai prelievi obbligatori si considera comunemente il fisco come un onere assai gravoso, scarsamente correlato a ciò che produce. Ma questo corrisponde anche alla realtà?

Le statistiche dicono, che su 60 milioni di cittadini solo poco più della metà pagano almeno un euro d'imposte dirette. I contribuenti che appartengono alle prime due fasce di reddito, fino a 15.000 euro per un totale di oltre 18,62 milioni di persone, o il 45% versa solo il 2,62% di tutta l’Irpef. L’Italia dal punto di vista reddituale assomiglia perciò di più a un Paese in via di sviluppo che alla settima potenza economica mondiale. Peccato però che lo stile di vita non corrisponda troppo spesso al reddito è palese.

Il “grosso” dell’Irpef è a carico del 12,28%, poco più di 5 milioni di soggetti che dichiarano redditi superiori ai 35.000 euro e che contribuiscono al 57,88% del gettito. Ma già per quelli sopra i 28.000 euro di reddito, il prelievo aumenta pesantemente. E in queste fasce troviamo soprattutto il lavoro dipendente e parecchi pensionati.

Il carico eccessivo vale particolarmente per queste categorie, spesso chiamato ceto medio, che oltre a contribuire pesantemente alla macchina pubblica è pure escluso da tante prestazioni o è costretto a contribuire pagando i ticket.

Dentro queste cifre si nasconde l’evasione e l’elusione fiscale che in Italia ha assunto un peso enorme (circa 110 miliardi). La lotta all’evasione è la prima sfida da affrontare. Ma deve esistere anche la volontà politica di farla e i condoni non sono la giusta strada. Utilizzare i dati in possesso delle istituzioni, insistere sul tracciamento dei pagamenti e le fatture elettroniche sono interventi che vanno rafforzati e a qualsiasi discostamento tra i dati deve seguire un appurato controllo.

La flat tax, invece, non funziona. Perché gli attuali evasori dovrebbero emergere per merito di una riduzione dell’Irpef, quando per beneficiarne dovrebbero poi pagare il 24% di contributi sociali, l’Inail, l’Iva ecc.? Già l’attuale “tassa piatta” discrimina i lavoratori dipendenti a favore degli autonomi e, tra quest’ultimi, tra quelli in crescita di attività e fatturato e quelli che viceversa crescono poco o niente. Per i redditi medio-bassi non ci sarebbe poi nessun vantaggio, ma in considerazione del rischio di tagli alle prestazioni sociali sarebbe pure un danno!

In questo contesto una correzione delle regole attuali, che allarghino la base imponibile e riducano l’evasione, potrà garantire un riequilibrio del carico fiscale senza aggravare i conti della Stato? Non basta riformare un solo tassello del sistema che ha introdotto di fatto un sistema duale e poco trasparente. Migliorare, la sola Irpef che ormai risulta l’imposta di maggior gettito e applicata solo ai contribuenti che non hanno la possibilità di tassare i propri redditi in maniera diversa, è riduttivo.

La Cgil è a favore di una riforma complessiva del sistema fiscale a partire dall’Irpef, ma da allargare alle politiche delle entrate e delle uscite in generale. Va rivisto tutto il sistema a partire dalle imposte dirette su persone ed imprese, per passare a quelle indirette, sul patrimonio, sulle successioni e donazioni e su quelle locali. Oltre alla lotta all’evasione, l’estensione della base imponibile, la lotta alle diseguaglianze come distribuzione secondaria, una revisione delle deduzioni e detrazioni senza aumentare il peso fiscale chiediamo finalmente la detassazione degli aumenti salariali.

Purtroppo questa strada non è facile da percorrere. Ridisegnare e riformare il sistema tributario oggi in vigore al fine di accrescere la sua efficienza, semplicità ed equità richiede un consenso politico assai vasto. Ma dentro questo Governo ci sono visioni molto diverse e contrastanti. “Riformare tutto per non riformare nulla” è uno slogan ben noto. Speriamo che la spinta che viene dall’Europa e i miliardi legati anche all’avvio di riforme fondamentali per il rilancio del paese possano avviare le riforme necessarie di cui quella del fisco non è più derogabile.

La vera sfida per il sindacato è quella di ricreare maggiore equità fiscale ed evitare una riforma a favore di pochi. Nell’attuale quadro politico questo non è un’ipotesi tanto remota, perché le lobby, che sono spesso trasversali alle forze politiche, si muovono da tempo.

Solo un piccolo cenno sulla tassazione delle imprese globali e sui paradisi fiscali che si nascondono anche dentro l’Unione europea. E’ un argomento che merita una riflessione separata e sul quale torneremo. Si tratta comunque di perdite enormi sul gettito fiscale per i bilanci pubblici, che in questa fase critica sono in difficoltà per la necessaria ricostruzione dell’economia.

Il digitale ha poi ulteriormente accelerato questo percorso. Noi siamo fermamente convinti della necessità di una Web Tax, ma per essere attuata servono accordi internazionali per evitare forme di concorrenza tra gli Stati.

Alfred Ebner