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Femminicidi, la punta dell’iceberg

Christine Clignon, presidente di GEA (oggi diventata cooperativa), sullo stillicidio di violenza contro le donne, il problema culturale e la vita dopo gli abusi.
Avvertenza: Questo contributo rispecchia l’opinione personale del partner e non necessariamente quella della redazione di SALTO.
GEA - solidarietà femminile contro la violenza
Foto: Gea

Abito nuovo, stesso indefesso impegno a favore delle donne. Di recente GEA – per la solidarietà femminile contro la violenza si è trasformata da associazione in cooperativa, un passo che a dirla con la presidente Christine Clignon “rappresenta una possibilità di crescita e un’occasione di rinnovamento dopo vent’anni di attività”. Una novità che “permette inoltre di assumere un ruolo chiaro in previsione della Riforma del Terzo Settore”. Un asset capitale, quello rappresentato da GEA, in una società in cui le resistenze culturali restano fortissime e le sacche di pregiudizio da svuotare ancora troppe.

Presidente Clignon, la catena di femminicidi dell’ultimo periodo dimostra che c’è ancora un problema di carenze di sistema se spesso si tratta di delitti annunciati?

Ogni femminicidio è un chiaro segno di fallimento di tutta la società. Sono la punta dell’iceberg, parte visibile del fenomeno della violenza sulle donne e per combatterla è indispensabile un lavoro culturale ad ampio spettro sia a livello individuale che collettivo e istituzionale. Si parla di prevenzione e sensibilizzazione per tutte le fasce di età, di formazione continua per chiunque si trovi a lavorare in questo ambito (forze dell’ordine, sanità, sistema giudiziario, servizi sociali ecc.) e di misure concrete per abbattere le disuguaglianze di genere (gender gap), rafforzare i diritti delle donne e combattere attivamente la violenza strutturale.

Sul ddl provinciale ha già espresso la sua opinione, più in generale le leggi sulla violenza di genere di fatto ci sono, ma sono anche adeguate?

Le leggi ci sono. Molto dipende da come vengono applicate e anche da un altro fattore, ovvero se chi applica queste leggi sia formato o formata e conosca le dinamiche della violenza. Consideriamo inoltre pregiudizi e stereotipi legati alla violenza sulle donne che troviamo anche in queste sedi e che quindi portano spesso pure qui a una minimizzazione o addirittura a una vittimizzazione secondaria. Per lavorare con donne e minori in determinate situazioni non si improvvisa, sono indispensabili una buona conoscenza del fenomeno e professionalità per affrontarlo come si deve.

Il nodo, si ripete spesso, è culturale. Perché ancora oggi molte relazioni non si fondano su una parità tra le parti.

Sì, il nodo è soprattutto culturale, la società è basata proprio sulla disparità di potere fra uomo e donna, che è presente a livello collettivo (vedi il gender gap) e rispecchiato nelle relazioni (ad esempio: chi ha il potere economico in famiglia? Chi si trova in una situazione di “dipendenza” anche a causa dell’accesso alle risorse?). Ecco, questi disequilibri e disparità creano violenza strutturale, il terreno fertile per violenza in relazioni famigliari che vede come punta dell’iceberg il femminicidio.

E qual è il portato di una società largamente patriarcale?

Come dice la sociologa Sylvia Walby il patriarcato è “un sistema di strutture sociali interconnesse che permettono agli uomini di sfruttare le donne”. Tutte e tutti noi siamo parte di questa cultura che afferma come pilastro della società la disparità di potere fra uomo e donna. E che comporta un intreccio di pregiudizi e stereotipi costruiti nei millenni. Questi hanno portato a minimizzare e banalizzare la violenza di genere sia nelle vite singole che nelle vite collettive, una grande inibizione ci impedisce di vedere e riconoscere questa violenza per la gravità che effettivamente rappresenta.

Soffermiamoci sugli interventi: quali sono i servizi, i progetti e gli strumenti che GEA offre alle donne maltrattate?

GEA gestisce a Bolzano il Centro antiviolenza e la Casa delle donne in appalto dall’Azienda Servizi Sociali di Bolzano. I nostri servizi di sostegno alle donne in situazioni di violenza prevedono risposte concrete alle richieste di aiuto in forma anonima e gratuita e l’accoglienza per donne che sono in situazioni di pericolo.

GEA offre un servizio appunto anonimo, gratuito e reperibile 24 ore su 24 che si rivolge a donne che nel corso della loro vita hanno vissuto o vivono situazioni di violenza fisica, sessuale, psicologica, economica, stalking ecc. Operatrici qualificate offrono consulenze psico-sociali mirate a ricostruire l’autostima persa a causa della situazione di violenza. Questi percorsi sostengono le donne nell’azione di rinforzarsi per poter compiere decisioni in autonomia e cercare una via per uscire dalla violenza vissuta. Inoltre il Centro antiviolenza offre consulenza legale per garantire alle donne informazioni circa i loro diritti.

GEA gestisce anche la Casa delle donne di Bolzano, una struttura ad indirizzo segreto dove donne e i loro figli e figlie in situazioni di pericolo possono trovare un rifugio sicuro.

Inoltre Gea porta avanti attività di sensibilizzazione, prevenzione e formazione in sinergia con le realtà locali.

I centri antiviolenza in Alto Adige hanno fondi sufficienti per operare?

La situazione è privilegiata anche grazie alla prima legge specifica a livello nazionale, risalente al 1989. Certo il margine di miglioramento c’è sempre: più fondi significa più possibilità soprattutto anche nell’ambito della sensibilizzazione e della prevenzione.

In generale auspichiamo un maggiore coinvolgimento e potenziamento dei centri come da Convenzione di Istanbul.

Parliamo del “dopo”. Cosa accade una volta che una donna esce dal contesto protetto con il supporto dei centri antiviolenza? Come avviene il reinserimento sociale?

Le donne escono dalla struttura protetta quando hanno un posto sicuro dove stare. Accade quando, tramite una misura cautelare, la donna è certa che il maltrattatore non possa avvicinarsi all’abitazione o quando il percorso di accoglienza è terminato e la donna trova un alloggio sul libero mercato.

Il percorso di accoglienza in una struttura protetta prevede la creazione o, nel caso in cui fosse già esistente, l’implementazione di una rete di supporto per la donna e i suoi figli e figlie. È importante lavorare in accordo con la donna e in sinergia con tutti gli attori coinvolti nel percorso della donna stessa, in modo che al momento dell’uscita abbia un sostegno già impostato e calibrato sulla sua situazione personale.

La donna ha inoltre la possibilità di rimanere in contatto con il Centro antiviolenza per continuare il percorso di rielaborazione del vissuto di violenza e per il sostegno e la condivisione di questa nuova fase della sua vita.

Numero verde 800276433
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Karl Trojer Mer, 10/27/2021 - 10:12

Wenn Frauen bei Behörden Misshandlungen und Gewaltakte einklagen, so sind diese unbedingt ernst zu nehmen und mit angemessenen Gegenmaßnahmen zu schützen. Wir brauchen diesbezüglich mehr geschützte Wohnungen, mehr Vorbeugung in der Erziehung und verpflichtende Beratung für gewalttätige Männer.

Mer, 10/27/2021 - 10:12 Collegamento permanente
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Sylvia Rier Mer, 10/27/2021 - 10:47

(Bin leider aus mir unbekannten Gründen nicht imstande, diesen Kommentar unter Karl Trojer zu platzieren.) Vor allem brauchen wir verpflichtende Beratung - aber auch Hilfe - für aggressive und gewalttätige Männer. Man könnte sich ja (auch) in dieser Sache an Österreich orientieren, wo es (jetzt), zum Schutze der Frauen, ein "Männertelefon" gibt, mit 20 (!) Mitarbeitern, die rund um die Uhr (!) Männer und ihre Angehörigen beraten. Es muss - endlich! - der Fokus von den Frauen weg und zu den Männern hin verlagert werden - interessant, oder?, dass das sog. Verursacherprinzip hier nicht zu greifen scheint. (Denn es sind immer noch die Opfer von häuslicher Gewalt in fast drei Viertel der Fälle Frauen. Fast ebenso oft sind die Beschuldigten Männer.)

Mer, 10/27/2021 - 10:47 Collegamento permanente