Società | Primo maggio

Sicurezza: il cuore del lavoro

Ha ancora senso festeggiare il Primo maggio? Ne è convinto il sindacato che in questo articolo spiega perché oggi i valori di allora siano più attuali che mai.
Avvertenza: Questo contributo rispecchia l’opinione personale del partner e non necessariamente quella della redazione di SALTO.
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Foto: CGIL

Il 14 luglio del 1889, cento anni dopo l’assalto alla Bastiglia, tra i 400 delegati dei partiti socialisti e sindacati di molti paesi, che si trovavano a Parigi, nessuno ipotizzava di aver dato l’avvio a un percorso che fa discutere ancora. Tra le tante altre cose fu deciso di “ organizzare in un determinato momento una grande manifestazione internazionale in tutte le città per rivendicare le otto ore giornaliere”.
E si decise di aderire a quanto già programmato dal sindacato americano per il Primo maggio del 1890. Il resto è storia. Una storia fatta di successi - come appunto la conquista delle otto ore nel primo dopoguerra - ma anche di repressione, con tanto di morti e feriti, e di strumentalizzazioni durante gli anni bui del nazismo e fascismo. Forse prima di rinunciare a giornate come queste sarebbe bene fermarsi e riflettere, anche solo per ricordare ai più giovani che nulla è scontato e che dietro a tante conquiste, ritenute ovvie, ci sono anni di lotta e a volte anche di dolore.

Fin dai primi anni si trascina la discussione se trattasi di giornata di lotta o di festa. Se all’inizio prevaleva la necessità di conquistare dei diritti, cioè la protesta e la lotta, con il miglioramento delle condizioni di vita dei lavoratori, si faceva larga l’idea di coniugare le due cose. L’idea di far diventare il Primo maggio una festa popolare (Volksfest) è stato un compromesso fatto dal Parlamento della Repubblica di Weimar per introdurre per legge la giornata del lavoro, che, come congeniata a suo tempo, era vista dalla borghesia tedesca come una forma di lotta di classe e perciò legata solo ad una parte della popolazione. Organizzata come festa popolare poteva invece mitigare la “frontiera" tra proletariato e borghesia e servire alla rappacificazione tra le classi messa a dura prova dopo la guerra.

Ogni anno qualcuno pone la domanda se con i tempi che corrono il Primo maggio abbia ancora senso. In alcuni settori questo interrogativo sembra già risolto. Penso al settore del commercio, dove la festa sembra che stia già diventando una giornata di lavoro “normale”. Non è chiaro se come attacco ad una ricorrenza sacra del mondo del lavoro oppure se inconsapevolmente e per motivi concreti, come per guadagnare qualche soldo in più. Eppure i valori di allora sono oggi più attuali che mai. L’individualismo al posto della solidarietà, l’egoismo al posto dell’interesse collettivo, la crescita delle diseguaglianze, la riduzione delle tutele per chi non riesce a stare al passo, la pace sempre più minacciata e i nazionalismi che stanno prendendo nuovamente piede. Per il sindacato è importante ricordare che questi sviluppi non hanno mai portato vantaggi al mondo del lavoro e neppure nuova occupazione; basta vedere la precarietà e la mancanza di una prospettiva per il futuro di tante persone, spesso giovani.

Cgil, Cisl e Uil dedicano quest’anno il Primo maggio alla sicurezza sul lavoro. Se negli ultimi anni abbiamo assistito a una leggera diminuzione del numero di incidenti, con la lenta ripresa dell’economia stiamo tornando indietro. I primi mesi dell’anno hanno visto una crescita degli infortuni, anche quelli mortali inaccettabile. Non ha nessuna logica legare la crescita dell’occupazione con l’aumento del numero di incidenti, cioè prevedendo un determinato numero di lavoratori su mille infortunati come fattore statisticamente prevedibile. Ovviamente non esiste nessuna attività umana a rischio zero, ma questi rischi si possono sicuramente evitare o almeno ridurre. Le leggi ci sono, poi possiamo discutere se da sole possano bastare, ma purtroppo spesso non vengono rispettate, vuoi per la scarsità di investimenti, oppure a causa della pressione della concorrenza, o per una mancata sensibilità dell’azienda, a volte anche per la scarsa attenzione del singolo alla tutela della propria salute. E’ indispensabile una rete di controlli a maglie più strette, così come è forse ancora più necessaria una formazione dei responsabili d’azienda e dei dipendenti, non per assolvere un obbligo previsto dalle normative, ma come strumento per evitare morte e dolore a tante persone. Parlare di costi in caso di incidente può sembrare inopportuno, ma va comunque ricordato che oltre ai problemi di salute per il singolo, la collettività si deve poi spesso accollare, dico anche giustamente, i costi degli infortuni. Formare, prevenire, creare una cultura della sicurezza, ma anche controllare e, dove necessario, punire, rappresentano perciò pure un investimento per la collettività e non solo una tutela per il singolo.
Per queste ragioni il sindacato il Primo maggio di quest’anno vuole rivendicare una nuova sensibilità  per la tutela e la sicurezza sui posti di lavoro. Poi, ovviamente, ci sarà anche spazio per festeggiare con il tradizionale concerto sui prati del Talvera a Bolzano. In questo senso buon primo maggio a tutti!