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“La DAD non è per tutti”

Le difficoltà dei bambini in età scolare durante la pandemia al centro di un webinar dell'unibz. La docente Antonella Brighi: "Bisogna uscire dalle mura scolastiche".
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Studente, casa
Foto: Unsplash

Crescere in tempi di crisi: pericoli e risorse” è il titolo di un webinar dell'unibz che si svolgerà questo giovedì, 15 aprile, alle ore 17 iscrivendosi a questo link. Nel corso del webinar i docenti di Psicologia alla Facoltà di Scienze della Formazione Antonella Brighi e Demis Basso discuteranno alcune delle problematiche più rilevanti riscontrate dalla comunità scientifica nella popolazione in età scolare durante i periodi di lockdown e nella pandemia da Covid-19. Sulla base delle ricerche a cui stanno partecipando, presenteranno inoltre diverse possibilità di intervento – da parte del mondo della scuola e delle famiglie – al fine di favorire lo sviluppo della resilienza delle giovani generazioni e promuovere la salute mentale.

“Affronteremo i temi legati alle difficoltà della crescita nonché di adattamento alla situazione che hanno dovuto affrontare i bambini dall'età prescolare all'età adolescenziale – e le loro famiglie” spiega la professoressa Antonella Brighi, relatrice del webinar. Vi sono tutta una serie di situazioni correlate: “Si va dalla preparazione scolastica alle difficoltà nel gestire i compiti a casa in situazioni che non sono per tutti uguali, sino ad arrivare alle ansie e alle incertezze per il futuro, date da un quadro di andamento del virus – ma anche di comunicazione istituzionale – decisamente poco chiaro”.

 

Riguardo a quest'ultimo aspetto, il webinar approfondirà molteplici ambiti di ricerca: “Si lavorerà sulle dinamiche che possono portare a un disagio, che potrebbe perdurare anche qualora la situazione dovesse rientrare – si spera – nella norma. Cercheremo però di vedere pure gli aspetti positivi, elementi che possono aiutare i bambini a superare un po' l'ansia”. Altro tema spinoso, quello del recupero della scuola, ovvero della possibilità di prolungare l'anno scolastico sino a giugno o a luglio per recuperare il gap formativo, “cosa sulla quale ci sono dei dubbi” sottolinea Brighi. Commentando il dibattito sulla scuola in estate, infatti, Brighi sostiene che “a volte la pezza è peggiore del buco, come si suol dire. Dovremmo cercare di capire che tipo di scuola pensiamo di riproporre: se si tratta di spostare nei mesi estivi una scuola a impianto tradizionale, che non abbiamo potuto fare nel corso dell'anno, credendo di usare un mese per riempire di nozioni le teste dei bambini, onestamente penso non serva a niente”.

La DAD non era per tutti e non tutta la DAD è uguale: c'è stata una DAD organizzata bene, innovativa, che ha dato dei frutti, accanto a una DAD che è stata passare delle fotocopie scolorite sulle chat di whatsapp, e quella non è assolutamente DAD.

La didattica a distanza (DAD), inevitabilmente, è la protagonista di queste riflessioni. Bisogna cambiare paradigma, per rispondere a quanto accaduto sino ad ora? “Secondo me sì – risponde la docente – bisogna dare molta priorità al tema del benessere dei bambini, nella cornice di isolamento che hanno imparato a gestire sulla loro pelle in quest'ultimo anno. Ad esempio, occorre reincludere i bambini che sono stati ai margini di questo percorso educativo. La DAD non era per tutti e non tutta la DAD è uguale: c'è stata una DAD organizzata bene, innovativa, che ha dato dei frutti, accanto a una DAD che è stata passare delle fotocopie scolorite sulle chat di whatsapp, e quella non è assolutamente DAD".

Quali sono le alternative? “Al di là del folklore dei banchi con le rotelle, c'è bisogno di rinnovare profondamente la scuola”, rimarca Brigi, “e di cogliere l'opportunità poi di portare la scuola al di fuori delle mura scolastiche. Ad esempio, nei musei naturali a cielo aperto rappresentati dalle città d'arte, riportando la scuola dove le cose avvengono, non solo attraverso un apprendimento di tipo trasmissivo bensì più esperienziale. Il problema con la DAD è che ci ha privato di attività didattiche più concrete: i bambini imparano tantissimo con la manualità, o facendo prove ed esperimenti. Se invece dobbiamo tornare a una scuola di tipo prettamente formale, con una maestra che dice queste cose al di là dello schermo, anche no” conclude la docente della Libera Università di Bolzano.