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Le montagne russe della miniera

La miniera di Monteneve un tempo era una delle miniere più alte d’Europa. Ecco un’intervista con uno dei suoi abitanti più anziani: il carrello da miniera.
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Foto: Abteilung Museen Provinz Bozen

Ciao, tu chi sei?

Glückauf! Io sono un carrello da miniera e vengo dalla Miniera di Monteneve, situata tra la Val Passiria e la Val Ridanna. Abito a Masseria, nel Mondo delle miniere Ridanna Monteneve. Per molti anni ero responsabile del trasporto di minerali e pietre preziose.

 

Da quanto tempo sei lì?

L’impianto a rotaie della miniera fu costruito nel 1861, e, all’epoca, rappresentava la struttura a cielo aperto più grande del mondo. Consisteva in un sistema di piani inclinati che erano collegati con dei binari sui quali i cavalli trainavano i carrelli da miniera. A quel tempo esistevano già gli ascensori! Diversi da quelli di oggi, funzionavano solo con l’aiuto di contrappesi per i quali si usavano contenitori d’acqua o altri oggetti che dovevano essere trasportati a Monteneve. L’intero impianto di trasporto era lungo 27 chilometri fino a raggiungere Vipiteno. Oggi, quello che rimane del vecchio sistema di trasporto è stato trasformato in un sentiero didattico.

 

 

Come funzionava il trasporto delle pietre un tempo?

La miniera di Monteneve esiste già da più di 800 anni! Io non sono così vecchio, ma i miei antenati mi hanno raccontato come funzionava. È probabile che all’inizio dell’attività mineraria la galena argentifera veniva trasportata in sacchi di pelle di maiale e trascinata su slitte in direzione della Val Passiria e della Val Ridanna. All’epoca, non c’erano ancora le macchine, e quindi l’unico modo per alleviare il peso era la forza di gravità. Per scoprire come gli operai lavoravano e quali tecniche usavano, la galleria didattica della miniera offre un viaggio nel tempo dal Medioevo fino ai nostri tempi moderni ed espone sia gli antichi mezzi di trasporto, sia le prime macchine.

 

Che materiale volevano trovare?

Il primo minerale che fu estratto dalla miniera era l’argento. Già nel 1200 a Bolzano si parlava dell’“Argentum Bonum De Sneberch", l’argento buono di Monteneve. Probabilmente serviva per la coniatura di moneta dei conti di Tirolo. Dal 1500 fu estratto anche il piombo e la galena. L’attività mineraria arricchì la città di Vipiteno, la sede del giudice minerario, e condusse ad un periodo di fioritura economica e culturale. Poi, dal 1870, la blenda di zinco, il minerale principale di Monteneve, divenne una risorsa fondamentale per l’industria emergente.

 

 

Hai mai conosciuto dei veri minatori?

Ho conosciuto tanti minatori nell’arco del tempo. Prima dell’uso della polvere nera dovevano fare tutto con le loro mani. Ma con punta e mazzetta procedevano non più di 10 centimetri al giorno. Le condizioni di lavoro erano pericolose e anche il clima ruvido e freddo minacciava la salvezza dei minatori. I minatori vivevano nel paesino di San Martino, dove costruirono delle scuole per i loro bambini. Durante le visite guidate si può sperimentare la vita quotidiana dei minatori sulla propria pelle ed immergersi completamente nell’atmosfera affascinante della miniera. Vestiti come dei veri minatori, potete entrare nella galleria a bordo del mio caro amico, il classico trenino dei minatori. Dopo tre chilometri raggiungerete il giacimento del minerale. Da qui in poi, esplorerete l’interno delle gallerie a piedi, scoprirete delle caverne e delle strettoie. Potrete provare ad estrarre i minerali dalla roccia con gli antichi strumenti e ovviamente potete portare a casa tutti i tesori che trovate!

 

 

Oggigiorno cosa fai?

Nel 1985 le attività minerarie sono giunte a termine e io sono andato in pensione. Da quel momento in poi ho iniziato a lavorare nel museo del Mondo delle miniere Ridanna Monteneve e accompagno i visitatori alle visite guidate e alle escursioni nel mondo minerario. Nel mio tempo libero invece mi piace far finta di trovarmi sulle montagne russe della miniera e di sfrecciare nel labirinto di gallerie lungo più di cento chilometri.

 

www.bergbaumuseum.it

(Salto in collaborazione con: Ripartizione Musei della Provincia autonoma di Bolzano)