Economia | Sicurezza sul lavoro

Infortuni sul lavoro, bisogna cambiare

Alfred Ebner, segretario Cgil: “Troppi 15 morti l’anno e 15.000 incidenti in Alto Adige. Tutti dobbiamo riflettere su cosa fare”. Mercoledì 15 l’incontro dei sindacati.
Avvertenza: Questo contributo rispecchia l’opinione personale del partner e non necessariamente quella della redazione di SALTO.
sicurezza sul lavoro
Foto: CC0

Una riflessione seria e approfondita tra tutte le parti in causa. Per aumentare la consapevolezza sul fenomeno e adottare le contromisure efficaci volte a ridurre il numero degli incidenti, che in Alto Adige rimane alto. Alfred Ebner, segretario generale, invita le istituzioni, i sindacati e il mondo degli imprenditori e anche i lavoratori a prendere coscienza dell’importanza della sicurezza sul lavoro.

 

Alfred Ebner, segretario generale CGIL-AGB

 

Alla questione Cgil-Agb, Cisl, Uil e ASGB dedicano l’appuntamento di mercoledì 15 novembre ospitato nella sala di rappresentanza del Comune di Bolzano. Ma il ragionamento di Ebner va oltre, investe tutta la società e l’economia altoatesina. «Gli incidenti sul lavoro – esordisce il segretario generale – sono un problema per il singolo, ma anche per i familiari e per la collettività in generale. Ricordo che qui in Alto Adige ci sono 10-15 infortuni mortali e circa 14-15.000 incidenti denunciati ogni anno. Non siamo tra i più virtuosi d’Italia. È vero che magari da noi vengono segnalati in misura maggiore rispetto ad altre zone d’Italia, dove il lavoro nero è maggiore, ma non possiamo per questo consolarci. Ogni infortunio è uno di troppo. Credo quindi che una riflessione vada fatta. Non solo da parte dei sindacati, ma anche dei datori di lavoro e della politica». Ebner insiste anche sull’acquisizione di maggiore consapevolezza da parte dei lavoratori dipendenti, che devono rispettare le misure e le dotazioni di sicurezza che secondo gli obblighi di legge devono predisporre i datori di lavoro. «Chi lavora deve comprendere che la salute è sua. Per questo dobbiamo fare sì che si affermi la cultura della sicurezza».

 

Per il sindacalista, «le parti sociali invece che denunciare il fenomeno sui mass media, cosa senz’altro utile, dovrebbero sedersi davanti a un tavolo e analizzare dati e cause». Cominciando con il guardare cosa c’è dietro i numeri. «Dentro quei 15mila infortuni c’è chi finisce all’obitorio, chi rimane in sedia a rotelle, chi perde un braccio o chi si fa solo un taglio. Non che un incidente leggero vada bene, ma bisogna analizzare più nel dettaglio il fenomeno». A fare la parte del leone sono gli incidenti nell’edilizia, seguiti dall’agricoltura (molto pericolosi i trattori) e nei boschi. Ma anche negli altri settori il fenomeno non è certamente trascurabile ne possiamo accettare che la crescita economica e i carichi di lavoro maggiori facciano aumentare i rischi. «E poi ci sono gli infortuni in itinere, nel percorso casa-lavoro-casa», aggiunge.

 

Ebner ragiona sul costo individuale e sociale del fenomeno. «Gli infortuni sono anche un problema dal punto di vista socio-economico. Sono un dramma sia per il singolo che per la collettività, dato che comportano un esborso evitabile per l’Inail e per il welfare. Le istituzioni hanno quindi tutto l’interesse a ridurli».

Ma quali sono le contromisure giuste? «Bisogna fare tutto il possibile, a livello tecnico e di formazione, per ridurre a zero il rischio – conclude Ebner –. I controlli e le sanzioni sono fondamentali, così come la formazione: il lavoratore non deve viverla come un’imposizione ma come un’attività nel suo interesse. E per la vigilanza bisogna intervenire, gli ispettori provinciali sono da sempre troppo pochi».