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Le "Periferie" scomparse dai tg

Un rapporto analizza le pagine esteri dei telegiornali. Si parla quasi solo di migrazioni e terrorismo. Mettendo al centro l'Europa e il "noi".
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Foto: Rai
I telegiornali italiani sembrano sempre più impreparati a raccontare il mondo e la sua attuale complessità economica, politica e sociale. È questo che emerge dalla lettura del primo rapporto “Illuminare le Periferie”, presentato a Roma il 14 novembre da COSPE onlus, Osservatorio di Pavia, Usigrai e FNSI.
Un'analisi accurata, realizzata monitorando oltre 14mila edizioni dei tg, in cinque anni, che dovrebbe rappresentare secondo Vittorio Di Trapani, segretario dell'Usigrai "uno strumento di lavoro a disposizione delle redazioni, un pungolo e uno sprone a tornare ad essere testimoni diretti dei fatti. E per farlo bisogna ripartire dalle periferie: tornare a viverle. Per capirle e raccontarle."
Se il rapporto - non a caso promosso da COSPE, un'organizzazione non governativa che opera nel settore della cooperazione allo sviluppo - è dedicato alle periferie, è perché guarda in particolare alle periferie geografiche ed alle tematiche periferiche (dall'emergenza siccità ai conflitti endemici, dalla diffusione di epidemie alle migrazioni forzate), che risultano il fanalino di coda dell’informazione sugli esteri negli anni presi in considerazione dalla ricerca: tra il 2012 e il 2017, appena 492 notizie totali, pari all'1% della visibilità sul totale delle notizie dedicate agli esteri. La media è di 7 notizie al mese per tutti i telegiornali, con un lieve ma ulteriore peggioramento anche nel primo semestre di quest’anno (79 notizie dal 2015 al primo semestre del 2017; 24 nel 2017).
Un'invisibilità (ci sono 40 Paesi cui i tg hanno dedicato meno di 5 notizie a teste negli ultimi due anni e mezzo) che stride ancora di più con il dato relativo alla presenza di notizie dall'estero nei telegiornali: dal 2012 al 2017 la media si è attestata su una visibilità del 19% (rispetto al totale delle notizie, quasi un quinto parlano di esteri), ma il dato registra un aumento continuo e nel primo semestre del 2017 si registrano punte del 24% .
 
Si parla di esteri, quindi, ma quasi esclusivamente in relazione a due fenomeni: il terrorismo e le migrazioni. Dal 2015 questi due temi insieme alla politica, ad essi legata, costituiscono il 70% dell’agenda degli esteri (rispettivamente 25%, 15% e 30%).
Quando un Paesi non europeo si colloca in posizione “alta” nella classifica della visibilità, lo è sempre in relazione ai conflitti (e alle conseguenti migrazioni, quale il caso della Siria e della Libia), o al terrorismo (il caso della Turchia per esempio). Ma vi sono Paese in guerra, come la Repubblica Centrafricana, a cui vengono dedicati meno di dieci servizi. Forse perché riguarda di meno l'Occidente.
Tra i criteri che sembrano guidare la selezione delle notizie degli esteri ci sono infatti la prossimità, l’eccezionalità, la minaccia, la semplicità del frame narrativo, il coinvolgimento di occidentali, la presenza di testimonial, prediligendo quelli di matrice cattolica. "Il rapporto documenta come esistano realtà nominate e 'illuminate' solo perché il Papa ha deciso di usare la sua voce e il suo corpo, come potente strumento di denuncia e di conoscenza di luoghi altrimenti condannati al silenzio e alla disgregazione" scrivono Beppe Giulietti, presidente della Federazione Nazionale della Stampa Italia, e Lorusso di USIGRAI nella premessa.
Il numero delle vittime, a parità degli altri elementi, non sembra invece essere tra i criteri che guidano la copertura: la strage di civili in Yemen nel 2015 è stata raccontata in 5 notizie, quella in Burkina Faso in 6 servizi.
 
 
Per quanto riguarda il fenomeno migratorio le notizie nel 2016 sono aumentate di oltre il 70% rispetto al 2014. Ma l genesi delle migrazioni, le ragioni che spingono le persone a partire o a scappare restano nell’oscurità (mediatica).
Non siamo però i soli. La ricerca mette a confronto con i nostri anche i principali telegiornali pubblici europei (di Francia, Italia, Germania, Gran Bretagna e Spagna) per scoprire che hanno un tratto in comune: l’eurocentrismo. Nel complesso, i cinque notiziari europei dedicano il 45% delle notizie della pagina esteri all’Europa a seguire, a molti punti di distanza, Asia, America settentrionale, l’Africa, l’America meridionale e l’Oceania.
Un sistema mediatico così strutturato contribuisce ad alimentare un immaginario parziale dei fenomeni che ci circondano: “Ci viene presentato un mondo 'altro' rispetto al nostro – dice Anna Meli di COSPE onlus nell’introduzione - dove carestie, catastrofi naturali, fughe e migrazioni capitano ciclicamente in modo ineluttabile. Cause politiche o ambientali che siano, ormai poco cambia. Sulle migrazioni, per esempio, oggi l’informazione si concentra molto sui luoghi di transito senza riuscire a intercettare il prima e il dopo, i luoghi di origine e le storie e i percorsi di arrivo, anche sui conflitti e il terrorismo il racconto risulta frammentato”.
 
 
La redazione del rapporto annuale “Illuminare le Periferie” nasce per dare un contributo alla riflessione nel mondo dell’informazione italiana e per questo si tratta di un’iniziativa congiunta dei Sindacati dei giornalisti, FNSI e Usigrai, da tempo impegnati oltre che sul fronte sindacale anche sul tema della qualità dell’informazione, di un organismo di ricerca qualificato come l’Osservatorio di Pavia e di una ONG come COSPE, che ha da sempre messo al centro della propria azione, oltre agli interventi di cooperazione internazionale, l’azione di stimolo e sensibilizzazione dell’opinione pubblica italiana sugli squilibri e le interdipendenze Nord-Sud.
La ricerca è stata condotta e curata da Paola Barretta dell’Osservatorio di Pavia.Sarà nostra cura –concludono Giulietti e Lorusso nella premessa al volume- segnalarlo a tutte le associazioni regionali affinché diventi strumento di confronto e, d’intesa con l’Ordine dei giornalisti e con l’Usigrai, promuovere veri e propri corsi di aggiornamento professionale, capaci di far maturare conoscenza e consapevolezza”.