Cultura | Video del venerdì

Moscaburro!

Moscaburro sind zurück! Und fast alles ist neu an ihnen: ihr Sound, das Album und ein unterhaltsames Musikvideo zum Song Talking Crickets, das vor Farben nur so strotzt.
Moscaburro
Foto: Marika Montesano

Sechs Jahr sind vergangen seit der Veröffentlichung ihres ersten Albums “Bread-and-butterflies”.

Jetzt hat sich die Band mit neun neuen Songs im Gepäck zurückgemeldet. “The Minimal Banquet” so der Name der neuen CD. Wir haben uns mit Sänger Simone Gelmini, der auch alle Lieder geschrieben hat, darüber unterhalten. Neben ihm besteht die Band aus Arianna Merlino und Michela Campaner (Gesang), Michele Baldo (Gitarre), Michele Conci (Bass) und Fabio Sforza (Schlagzeug).

 

salto.bz: Ciao Simone, siete attivi da ormai più di 10 anni, cambiando a volte anche sound nel corso degli anni – com’è stato il vostro percorso musicale come band?

Simone Gelmini: Dunque, in breve, l’idea di mettere in piedi una band è nata quando io e Arianna ci siamo conosciuti. Lei cantava benissimo e avevamo molti gusti musicali in comune. Qualche anno dopo, nel 2006, si concretizzò l’idea della band e coinvolgemmo subito Michela, con cui io già suonavo da un po’ di tempo, con l’intento di fare soprattutto la musica che ci piaceva alternandoci nelle linee vocali. Era una band particolare perché in sostanza eravamo solo tre voci, una chitarra acustica ed un’arpa, e con questa strumentazione un po’ assurda facevamo Björk, i Radiohead, Carmen Consoli, Ben Harper e un sacco di altre cose. Abbiamo cominciato a fare canzoni originali, scritte da me e Michela, credo intorno al 2010 con Upload. La svolta per noi è stata senz’altro vincere il premio come miglior band locale ad Upload 2011, e registrare il nostro primo disco “Bread-and-butter-flies”, alla Red House di Senigallia. Nel disco con noi suonavano Mattia Mariotti alla chitarra acustica, Roberto Tubaro al basso e Marlis Steinegger all’arpa, oltre ad un piccolo ensemble d’archi. Abbiamo registrato 10 brani, tutti originali e con quella formazione abbiamo suonato alcuni concerti che ci sono davvero rimasti nel cuore, come quello al Museo Pecci di Prato. Poi in maniera abbastanza casuale le cose si sono evolute in una direzione più rock e siamo arrivati sul palco di Musica da Bere con le chitarre elettriche e una formazione nuova e pezzo dopo pezzo abbiamo inciso il nostro nuovo album.

 

Nel 2015 appunto siete riusciti a vincere questo concorso musicale nazionale dove c’erano quasi 300 gruppi in gara – raccontaci un po’ questa storia…

Ci siamo iscritti a “Musica da bere” un po’ casualmente. Come in molti altri contest anche in questo caso si trattava di inviare delle canzoni sulla cui base una giuria selezionava i finalisti. All’epoca avevamo appena registrato “For Anja” per la giornata della memoria, la prima cosa che abbiamo prodotto insieme a Fabio Sforza al No logo, con Fabio appunto alla batteria, Michele Conci al basso e Michele Baldo alla chitarra elettrica. Così abbiamo deciso di mandare quel brano insieme a qualche canzone del nostro primo disco. Essere selezionati tra 260 band per le finali e poi vincere il concorso ci ha fatto capire che quello che stavamo facendo in quel momento funzionava davvero bene: il sound, le canzoni, la nuova formazione. Tra l’altro sul palco di “Musica da bere” abbiamo suonato alcuni brani che poi sono finiti nel nostro nuovo disco, ed era davvero una delle prime volte che li eseguivamo. La cosa divertente è che in quell’occasione non avevamo neanche ben capito di aver vinto perché eravamo convinti che dovesse esserci un ulteriore fase di selezione.

 

La cosa divertente è che in quell’occasione non avevamo neanche ben capito di aver vinto perché eravamo convinti che dovesse esserci un ulteriore fase di selezione.

Le canzoni del nuovo album “The Minimal Banquet” - il vostro secondo dopo “Bread-and-butterflies” di sei anni fa - sono molto minimal indierock, se vogliamo definirle così? Come descriveresti il sound dei nuovi brani?

Sì, è una buona definizione credo. The Minimal Banquet è minimale perché la forma delle canzoni è molto semplice pur non avendo sempre la classica successione di strofa e ritornello, già a partire dal primo brano Talking Crickets. Non ci sono armonie complicate, gli arrangiamenti sono fatti con pochi elementi. Ed è rock perché abbiamo scelto di usare soprattutto le chitarre elettriche per arrangiare i brani, c’è qualche rara incursione della chitarra acustica e degli archi ma non sono così caratterizzanti per il sound.

 

Moscaburro - Talking Crickets

 

Due parole sul nuovo singolo ed il piacevole videoclip “Talking Crickets”…

Talking Crickets è il brano di apertura del disco ed è secondo me quello che lo rappresenta meglio. E’ un brano estroverso, ironico, e ha una bella carica. Ci sembrava naturale sceglierlo come biglietto da visita per The Minimal Banquet. Il video è opera di Alessio Vasarin, videomaker bolzanino che ha messo in piedi la sua piccola casa di produzione Frabiato Film. Alessio è il regista di quasi tutti i nostri videoclip ufficiali. Questo credo sia il migliore e il più divertente che abbiamo girato insieme.

 

Talking Crickets è il brano di apertura del disco ed è secondo me quello che lo rappresenta meglio. E’ un brano estroverso, ironico, e ha una bella carica.

L’anno sta per concludersi, potete svelarci i vostri piani e progetti per il 2019?

Non abbiamo molti piani, se non trovare qualche bella occasione di presentare il disco fuori da Bolzano. Per il momento in programma c’è un concerto alla Bookique di Trento il 2 febbraio e all’Est Ovest di Merano il 15 febbraio, ma certamente se ne aggiungeranno altri. Abbiamo anche intenzione di girare un nuovo video mettendo in piedi una campagna di fundraising, quindi tenete d’occhio la nostra pagina facebook!

 

E per chiudere in bellezza, una domanda che sicuramente non vi è ancora mai stata fatta: il nome Moscaburro da dove arriva?

E’ un po’ che non ci fanno questa domanda, non ci mancava!! Il nome Moscaburro è nato un po’ stupidamente quando non sapevamo che ce lo saremmo tirato dietro più di dieci anni. Ci piaceva il fatto che fosse misterioso e un po’ assurdo. Lo abbiamo trovato in una traduzione errata di un passaggio di “Alice oltre lo specchio” di Lewis Carroll, dove per via di un gioco di parole di difficile traduzione il termine butterfly viene tradotto moscaburro.

 

Il nome Moscaburro è nato un po’ stupidamente quando non sapevamo che ce lo saremmo tirato dietro più di dieci anni. Ci piaceva il fatto che fosse misterioso e un po’ assurdo.