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Politica | Avvenne domani

La grande fuga dalle urne

A Merano cinquemila elettori “persi” negli ultimi vent’anni.

In riva al Passirio, come è anche giusto che sia, tutta l’attenzione a questo punto si concentra sul ballottaggio, sulle possibilità di ciascuno dei due contendenti di spuntarla sull’altro, sulle alchimie politiche necessarie poi per costruire una maggioranza attorno al vincitore. Al fenomeno dell’assenteismo elettorale, che, con ogni probabilità, si ripeterà in proporzioni ancora maggiori nella votazione di domenica prossima, sono stati dedicati pochi e frettolosi accenni.

La questione, invece, meriterebbe un minimo di approfondimento perché il caso di Merano ha caratteristiche tutte proprie, inquietanti se vogliamo, anche se inserito in un panorama nel quale la propensione dei cittadini a recarsi alle urne si affievolisce un po’ ovunque. Partiamo dalle cifre. Al primo turno di queste comunali 2021 in quel di Merano ha votato il 52% degli aventi diritto pari a 16.039 elettori. Vent’anni or sono, alle comunali del 2000, i votanti, nella stessa città, furono 21.158 pari al 74,2%. Se si risale indietro nel tempo le percentuali sono più o meno le stesse o di poco superiori.

Il nuovo record negativo a conferma di un trend che pare inarrestabile

A partire dall’anno zero del nuovo millennio inizia però la discesa sempre più precipitosa delle percentuali di voto. Nel 2005, e tutti i dati qui riportati si riferiscono sempre e solo alla città di Merano, vota il 68,9%, cinque anni dopo il 63,8. Nel 2015 i votanti sono il 56,4%, percentuale che aumenta, ma di poco, lo scorso anno in occasione delle elezioni poi annullate. Nel 2000 vota infatti il 57,3% dei meranesi. Adesso il nuovo record negativo a conferma di un trend che pare inarrestabile e che, salvo sorprendenti inversioni di marcia, porterà il voto meranese per le comunali a frantumare la barriera del 50% già nei prossimi appuntamenti.

Un dato assolutamente particolare e che va tenuto in attenta considerazione è quello che però riguarda le altre elezioni. Nel 2018, solo per fare un esempio, si è votato per ben due volte. Alle politiche di primavera i meranesi hanno dimostrato una certa sollecitudine, andando a votare con una percentuale pari al 68,1. Di poco inferiore il risultato delle provinciali d’autunno con una percentuale del 62,1. Dati forse lontani da quelli plebiscitari del secolo scorso, ma comunque superiori a quelli, recenti o meno, delle elezioni comunali. Ai meranesi, a parecchi di essi perlomeno, sembra stare antipatico il Municipio.

Potrebbe non essere uno sforzo del tutto inutile quello di cercare di capire, con gli strumenti dei sondaggi e dell’analisi politica, perché, negli ultimi vent’anni, un quarto degli elettori meranesi abbia deciso di disertare le urne e perché questa forma di rifiuto sia meno pesante quando si tratta di votare per le politiche o le provinciali.

In teoria, verrebbe da pensare, dovrebbe succedere esattamente il contrario e ad essere meno attrattive per un cittadino dovrebbero essere elezioni come quelle nazionali dove spesso i candidati vengono paracadutati dall’alto, sconosciuti o quasi a singolo elettore. Le elezioni comunali, in una piccola città come Merano, proiettano candidati ed elettori in una dimensione familiare, quasi da assemblea di condominio. Le questioni in discussione sono quelle che riguardano la vita di tutti i giorni, la sicurezza, il traffico, la raccolta dei rifiuti. In questo caso specifico, come del resto avviene quasi sempre, il ventaglio delle proposte presentate dalle varie liste copriva senza alcun dubbio tutto lo spettro dello scibile politico, sia per gli elettori di lingua tedesca che per quelli italiani.

Un meranese su quattro ha deciso di andarsene in montagna o di restarsene a casa.

Eppure un meranese ammesso al voto su quattro ha deciso, domenica scorsa, di andarsene in montagna o di restarsene a casa. Il fatto che questo avvenga proprio quando è in ballo ci sono scelte che riguardano quel che succede e quel che succederà davanti al proprio pianerottolo o al giardino di casa può significare una cosa sola: al di là di particolari problemi individuali, sta crescendo la sensazione che tutto quanto avviene nel mondo della politica e dell’amministrazione della cosa comune sia del tutto ininfluente rispetto ai propri interessi individuali. È come se il cittadino che non vota ritenesse di vivere in una realtà che gli amministratori della cosa pubblica non possono alla fin fine influenzare e soprattutto che non può essere cambiata a seconda di chi è chiamato a governare.

È un senso di sfiducia totale delle persone elette per governare una città, ma anche in quelle che ad esse, nell’esercizio della normale dialettica democratica, si oppongono. Una sfiducia che finisce per investire l’intero sistema della democrazia rappresentativa. Quando questo accade occorre porre molta attenzione, perché la tentazione di scegliere altre strade è appena dietro l’angolo.

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Josef Ruffa Mar, 10/19/2021 - 17:29

Visto come si comportano gli amministratori, in generale intendo, il popolo degli elettori non si interessa piú della "res publica". Questo è grave. Ognuno vive nel proprio limbo. La realtà però è che viviamo in un condominio che alla fine si chiama mondo e allora forse potrebbe interessarci quello che avviene attorno a noi e se possiamo cambiare qualche cosa, allora ci rimangono due strade a) essere parte attiva nella politica e per questo dare la disponibilità ad una candidatura oppure b) andare a votare e sperare di scegliere il migliore. Se non facciamo ne l'uno ne l'altro .... non dobbiamo protestare poi se chi è al comando decide cose che non garbano. Comunque faccio una proposta radicale. Se un candidato sindaco avesse detto, per migliorare l'ambiente a Merano per tutta la legislatura ogni sabato e domenica si può girare solo in bici o a piedi, penso abbia poche probabilità di essere il candidato sindaco vincente, ma penso anche che molti sarebbero andati a votare, per il solo fatto di far soccombere questo candidato.

Mar, 10/19/2021 - 17:29 Collegamento permanente