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“Una pace europea, il nostro sogno”

Eyal Ben Reuven è un ex generale, Yousef Jabareen è docente della minoranza araba. I due deputati parlano di Israele, Palestina, Iran e della convivenza altoatesina.
Delegazione israeliana
Foto: USP

Hope, speranza. Per una pace in Palestina e nell’intero Medio Oriente, che oggi appare “far away”, ancora lontana, ma che potrebbe avvicinarsi se solo germogliassero i frutti attecchiti in altre longitudini, in mezzo alle Alpi. Una parola che ripetono Eyal Ben Reuven e Yousef Jabareen, deputati del Knesset, il parlamento d’Israele, uniti idealmente nella photo opportunity da Arno Kompatscher e venuti a conoscere da vicino l’esperienza di convivenza dell’Alto Adige.

Sono loro stessi a raccontare cosa li ha sorpresi, nella terra che hanno visitato per cogliere spunti da portare in patria, al di là del Mediterraneo, per una convivenza possibile tra la maggioranza ebraica e la minoranza arabo-palestinese. Ma la loro riflessione tocca tutti gli aspetti dell’attualità incandescente del Medio Oriente. Una riflessione doppia, perché formata da un incrocio di prospettive diverse: il primo è un militare, già generale delle forze armate della Stella di David, ora rappresentante della Sionist Union, di centrosinistra, il secondo è avvocato e docente alle università di Haifa e Tel-Hai e rappresenta la lista che unisce i quattro partiti della minoranza araba israeliana. 

Si portano a casa anche il saluto di Kompatscher che proponendo “una piattaforma istituzionale” per mantenere il contatto tra i territori sulle best practice, ha ammesso: “Anche qui abbiamo un sacco di lavoro per mantenere l’armonia tra gruppi linguistici diversi”. Come dire, il dialogo è un muscolo da tenere sempre allenato.

 

 

salto.bz: Yousef Jabareen, a che punto è il processo di pace tra lo Stato d’Israele e i palestinesi?​

Yousef Jabareen: Sfortunatamente noi avvertiamo che nella nostra regione siamo a un punto morto, le cose sono ferme. Penso che la ragione principale sia che in Israele non c’è un partner per l’iniziativa di pace avanzata dai palestinesi e dai Paesi arabi che è molto chiara. Parla dell’istituzione di uno Stato palestinese nei territori occupati nel 1967 incluso Gerusalemme est. Questa proposta ha avuto il consenso della comunità internazionale, questa è l’accordo che porta la pace. 

Il processo di pace tra Israele e i palestinesi è fermo. Il governo israeliano non vuole uno Stato palestinese: eppure questa è la proposta di tutti gli Stati arabi e della comunità internazionale (Yousef Jabareen, deputato della minoranza araba)

Attualmente però non ci sono le condizioni per procedere a un’intesa su queste basi.​

C’è l’opposizione del governo in carica in Israele. Loro dicono chiaramente di essere contrari. La destra israeliana si oppone ad uno Stato palestinese. Per questo le cose sono ferme: manca un partner per le trattative.

La tensione crescente tra l’Iran e i suoi alleati regionali e Israele è un ostacolo al processo di pace?

Devo dire che il tema Iran è manipolato dai leader in Israele per far sì che non si avanzi con il processo di pace con i palestinesi. Perché io credo che la pace può essere implementata in un’atmosfera in cui ciascuno riconosce i diritti degli altri. Una volta che avremo lo Stato palestinese, questo cambierà l’intero Medio Oriente e la sua politica. L’intesa sarà un mattone non solo per la pace tra israeliani e palestinesi, ma tra tutte le nazioni arabe e musulmane del Medio Oriente. 

Il tema Iran è manipolato dai politici israeliani per fermare il processo di pace. Uno Stato palestinese cambierebbe il Medio Oriente e la politica di tutta la regione. Inoltre, darebbe sicurezza a Israele

L’autodeterminazione dei palestinesi non è quindi a suo avviso un pericolo per l’integrità e la sicurezza di Israele?​

No, nel modo più assoluto. Il pericolo per Israele è continuare ad essere in conflitto con tutto il Medio Oriente. Quando i palestinesi accettano di avere un proprio Stato nei confini dei territori occupati nel 1967 da Israele, accettano di avere il 22% della terra che avevano prima. Il 22%, ripeto, della Palestina storica. È un grande compromesso, fatto per la convivenza.

Lei ha sottolineato la valenza dell’esempio altoatesino per i diritti della minoranza araba in Israele. In che modo può essere uno spunto?

È la ragione principale per il fatto di essere qui. Noi affrontiamo una discriminazione come minoranza linguistica, etnica e culturale in Israele. Non siamo riconosciuti come un gruppo minoritario. La nostra lingua non è una lingua officiale nello Stato, il nostro sistema di istruzione è controllato fondamentalmente da educatori ebrei e non abbiamo nessuna partecipazione politica.

La minoranza araba in Israele è vittima di una discriminazione linguistica, etnica e culturale. Non possiamo curare la nostra istruzione e non godiamo di una vera partecipazione politica, nel governo del Paese

Ma si è potuto candidare e diventare membro del Knesset, la camera dello Stato.​

Sì, io posso essere parlamentare, ma non sarò mai parte del governo. È una rappresentanza formale, ma non sostanziale. Noi crediamo invece che il sistema costituzionale debba garantire alla minoranza una partecipazione effettiva, un’influenza sulle scelte. 

Israele come Stato nazione ebraico va nella direzione opposta alla convivenza. Invece qui in Sudtirolo si parla di integrazione, di diritti delle minoranze. Questo è l'esempio da seguire

Non crede che la maggioranza tema di perdere la propria identità e anche per questo ha approvato la legge su Israele-Stato nazione degli ebrei?

Questo processo di Nation-building etnico non fa altro che aumentare l’esclusione e la discriminazione, il contrario di quanto auspicavo prima. Sono qui in Sudtirolo e si parla di integrazione, di diritti delle minoranze e questo ci dà grande speranza e energia nel portare avanti le nostre istanze, per un pieno diritto della nostra comunità. Anche se in Israele purtroppo si va nella direzione opposta. La destra che ha preso il potere nel Paese rifiuta l’idea non solo di uno Stato palestinese nei territori occupati, ma anche di un’uguaglianza per la nostra comunità, ed è una situazione pericolosa.

 

 

Eyal Ben Reuven, stessa domanda, a che punto è il dialogo per la pace tra israeliani e palestinesi?

Eyal Ben Reuven: la situazione è che abbiamo appena concluso un altro round nelle strade di Gaza, che sono sotto il controllo di Hamas, un’organizzazione terroristica. C’è tensione tra Israele e i palestinesi e tra i palestinesi fra loro: tra l’Autorità palestinese e Hamas. Io credo che possiamo fare molto meglio di così. Siamo in un tempo di opportunità.

C’è tensione tra Israele e i palestinesi e tra i palestinesi tra loro, tra l’Autorità palestinese e Hamas. Io credo che possiamo fare molto meglio di così. Siamo in un tempo di opportunità (Eyal Ben Reuven, ex generale e deputato del centrosinistra)

Cos’è cambiato?​

Condividiamo una minaccia comune, l’Iran. Una minaccia per tutto il Medio Oriente, che ci unisce a Giordania, Arabia Saudita, a tutti quelli che io chiamo gli stati moderati e sunniti che circondano il nostro Paese. Dico opportunità perché se noi riusciamo a creare buone relazioni con questi Stati arabi possiamo mettere pressione ai palestinesi che a loro volta possono premere sullo stesso governo israeliano. Possiamo spingere assieme per avere finalmente buone relazioni tra israeliani e palestinesi. Non è facile, la mancanza di fiducia è altissima. Ma dobbiamo continuare. Il nostro governo attuale è di destra, io sono di centrosinistra, credo però che siamo vicini a nuove elezioni.

L'Iran è una minaccia comune, condivisa con Giordania, Arabia Saudita e gli altri Stati arabi moderati. Se ci uniamo possiamo mettere pressione sia ai palestinesi che al governo d'Israele. Per avere finalmente buone relazioni

Cosa pensa del cessate il fuoco a Gaza e delle dimissioni del ministro Lieberman, in protesta?​

Penso che l’ultimo round è stato davvero estremo. C’è stata un’operazione israeliana, fallita, e dopo poche ore Hamas ha lanciato un missile anti-tank contro un nostro autobus. Dopo hanno aperto il fuoco contro tutte le città e i villaggi israeliani che circondano Gaza: Ashkelon, Sderot, Be’er Sheva, e hanno sparato contro i centri delle località, per uccidere persone. Naturalmente, il nostro esercito ha agito per contrastare gli attacchi. Dopo due giorni loro hanno chiesto il cessate il fuoco. Secondo me è stato un errore accettare. Non mi piace il conflitto, ma dopo che hanno provato a uccidere civili noi dovevamo continuare a colpire Hamas, non il popolo palestinese. Hamas. 

È possibile colpire Hamas senza coinvolgere la popolazione?​

Dovevamo farlo dopo quello che è successo: con un’operazione militare aggressiva ma mirata, breve, efficace. La base per poi partire con una vera operazione di aiuto umanitario alla popolazione di Gaza. Aprire il porto, l’economia, aprire la prigione dei palestinesi, perché questa è la situazione attuale nella Striscia.

Il cessate il fuoco a Gaza è stato un errore, ma perché Hamas prima ha provato a uccidere civili lanciando missili sui villaggi. Serve un'operazione per sradicare i terroristi e poi l'aiuto umanitario nella Striscia, che è una prigione per i palestinesi

La tensione tra Israele e Iran, con le implicazioni sulle alleanze nella regione e in Siria, è un ostacolo alla pace anche in Palestina?​

La distanza tra Israele e Iran è superiore ai duemila chilometri. Non abbiamo una frontiera con l’Iran. Così continuo a chiedermi: cosa vogliono da Israele, perché i loro leader si svegliano ogni mattina e dicono di volerci distruggere? Non capisco, ma è la realtà. Loro usano i gruppi che controllano sul terreno, come Hezbollah e Hamas, per aumentare la tensione. Inoltre, cercano di far esplodere la Siria e aumentare la loro presenza sempre di più in quel territorio a noi vicino. Questo per Israele è inaccettabile. Dobbiamo fermare questo tentativo.

In Iran i leader dicono ogni giorno dicono di volerci distruggere. Non so perché, ma è così. Dobbiamo fermare la loro espansione in Siria. Le sanzioni sono importanti ma il regime non cambierà. Anche se la loro economia è in crisi spendono soldi per Hezbollah

Israele auspica come gli Stati Uniti un cambio di regime in Iran?​

Credo che non sia in nostro potere un tale cambio. Anche le sanzioni statunitense che sono molto importanti e significative per gli iraniani non credo porteranno una rivoluzione in Iran. Ma è importante provare a portarli indietro dentro i loro confini. La loro economia è in crisi, l’inflazione è tremenda, e ancora spendono denaro in Siria. 

È un sogno, visto lo scenario ora, quello di un Medio Oriente che si riappacifica come ha fatto l’Europa dopo la seconda guerra mondiale?

Siamo ancora molto, molto lontani da una situazione simile all’Europa. Mi piacerebbe e così pensano gran parte delle persone in Israele che sognano una pace europea. 

Gran parte degli israeliani sognano in Medio Oriente la pace che c'è in Europa. L'Alto Adige ci dà un esempio notevole. E molta speranza: anche noi possiamo superare le tensioni

Che esempio si porta a casa dall’Alto Adige?​

Un esempio davvero notevole. Specialmente perché ho ascoltato e imparato molto della storia di questa terra. Mi dà molta speranza: come hanno trovato una via per superare le tensioni qui, così possiamo fare noi in Israele e Palestina.