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Foto: upi
Società | Il Cappuccino

Il Sudtirolo? Si è fermato a Urbino

L’unico convegno internazionale dedicato ai primi cento anni di questa terra si terrà nelle Marche. Un sopralluògo.
La storia dell’Alto Adige\ Sudtirolo ricomincia da Urbino. L’unico convegno internazionale dedicato ai primi e densissimi cento anni di questa terra così come è attualmente si terrà, infatti e per ora, nelle Marche il 20 e il 21 marzo.
Per carità: che uno dei più longevi e importanti atenei d’Europa voglia ripercorrere la nostra Storia recente (dal Trattato di St.-Germain del 1919 all'accordo De Gasperi-Gruber del 1946 al Pacchetto per l'Alto Adige degli anni 1962-69 e le misure successive fino ad oggi) ci deve solo inorgoglire, lusingare e spingere a fare meglio. Del resto a Urbino ci saranno storici come Andrea di Michele, poi Sabine Gruber e si dibatterà molto delle opere di Joseph Zoderer (trattenuto a casa da impegni). Salvo l’assenza di Kurt Lanthaler e di Alessandro Banda, ci saranno tutti i veri grandi scrittori della nostra terra: non è poco.
Non solo. In due giorni - invitati dai docenti urbinati Luca Renzi e Raffaella Sarti – interverranno una ventina di studiosi e politologi di tutta Europa. E il Sudtirolo avrà una visibilità scientifica, storiografica e letteraria straordinaria.
Tutto bene, allora?. Non proprio. Per ora non si hanno notizie di giornate di studi e simposi organizzati dalle pur numerose istituzioni locali. Salvo un convegno sul fascismo (che ha qui perpetrato delitti non solo storici ancora non del tutto estinti) a Bolzano dopo l’estate e poco di più.
Probabilmente, in ambito Euregio (con la mediazione di uno studioso del calibro di Günther Pallaver) si farà qualcosa. E vedrete che la piccola associazione pseudo-culturale di chissà dove in provincia proporrà – ahinoi con finanziamenti pubblici - alcune serate su come si sono evoluti i recinti delle mucche, chiedendosi anche se i cani pastore scodinzolano o meno quando hanno fame.
Ma i cittadini che non si fermano a riflettere sulle proprie eredità e sul futuro sono cittadini dimezzati. E le istituzioni che tardano ad organizzare approfondimenti e studi ad hoc non fanno il loro dovere.
Fa bene un giornalista di alto lignaggio come Toni Visentini a declinare la convinzione che “qui non siamo l’ombelico del mondo”. Serve ad essere meno provinciali e meno ripiegati su noi stessi, a qualunque delle tre lingue ufficiali si faccia riferimento. Per non parlare degli idiomi da tutto il mondo che ci hanno raggiunto.
Ma i cittadini che non si fermano a riflettere sulle proprie eredità e sul futuro sono cittadini dimezzati. E le istituzioni che tardano ad organizzare approfondimenti e studi ad hoc non fanno il loro dovere.
Che facciamo? Aspettiamo di uscire dal letargo invernale per pensarci su?