Società | ciclismo e vita

Solo 25 metri all’arrivo

La narrazione di un'Italia campione d'Europa a noi ha saziato, ora siamo affamati di sconfitte e questo è il nostro racconto. 25 metri all'arrivo non è solo un cartello..
Avvertenza: Questo contributo rispecchia l’opinione personale dell’autore e non necessariamente quella della redazione di SALTO.
Europei ciclismo
Foto: Edoardo Nardelli

Ci sono sport che appagano tutta una nazione, o quasi; ci sono vittorie sportive che rimangano nella memoria collettiva, di tutti e di ciascuno, che non si scordano mai. Questi sport, come queste vittorie, si portano con sé dei luoghi, dei personaggi, delle malinconie e delle gioie; insomma dei simboli.

Simboli e storie

Ed è proprio attraverso questi simboli, materiali e non, che andremo a rispolverare una storia sportiva tanto epocale quanto sconosciuta ai più. Ma prima di farlo, però, specifichiamo che spesso le narrazioni sportive mettono l’accento sempre e solo sul vincitore –, soprattutto se della propria nazionalità, come nel nostro caso – ma sono quelle che stanno dalla parte degli sconfitti, che più ci emozionano. Lo sconfitto di questa storia si chiama Remco, ha 21 anni, ed è probabilmente il ciclista più promettente del nostro tempo. Ma, a noi, mettere pressione sui giovani atleti non piace, e i successi che ci appassionano di più sono quelli inaspettati, che capovolgono ogni pronostico, che, come la presenza del sole sul cielo nuvoloso d’Irlanda in una mattina d’inverno, sono i più sorprendenti. Le cose rare, si sa, ci attraggono più facilmente. Se – come abbiamo potuto ascoltare direttamente dalla voce di Stefano Massini a Modena – venissimo portati in una galleria d’arte con 50 tele tutte completamente rosse, e solo una di queste avesse un puntino giallo in basso a sinistra; la nostra mente non si chiederebbe il perché delle 49 tele rosse, bensì il perché della macchiolina gialla sulla cinquantesima tela. A noi le varianti attraggono, anche se il più delle volte possono metterci paura e farci provare un sentimento di smarrimento, ma ci fanno vivere esperienze diverse. Ed è forse anche per questo che quello sport tanto osannato dal popolo italiano fin dai tempi delle scuole elementari, il calcio, non ci ha mai appassionato più di tanto, o quasi per niente. Ma per fortuna, o purtroppo – come cantava Gaber – questo nostro essere italiani ce lo siamo vissuti in modo diverso, e la nazionale che più abbiamo seguito è stata quella di ciclismo.

Al via

Siamo agli Europei di ciclismo di Trento 2021 (salto+) e, finalmente, dopo più di un anno di attesa – causato dalle limitazioni da Covid-19 – l’evento è incominciato. Sono stati 4 giorni di pendolarismo tra Bolzano e Trento, e scatti fotografici a ogni ciclista, indipendentemente dalla nazionalità o categoria, quelli che ci hanno accompagnato fino alla domenica più attesa, la domenica degli Europei Elitè maschili su strada.
Splende il sole nel cielo di Trento –, il che è un’ottima notizia per noi spettatori, ma non si può dire altrettanto per i coraggiosi ciclisti europei che quel giorno avrebbero affrontato salite dure ad un ritmo incessante – al via ci sono 150 corridori, di questi solo 31 finiranno la gara.

25 m

A tagliare per primo il traguardo è Sonny Colbrelli. Esultiamo tutti; è l’ennesimo Europeo di quest’anno portato a casa da un italiano. Ma dopo mesi, questa narrazione ci ha saziato. Ed ora, noi, abbiamo sete di sconfitte. O meglio: delle storie che stanno dietro alle sconfitte. Ma visto che contattare Remco, il belga ventunenne arrivato secondo, per farci raccontare come ha vissuto quel giorno, non possiamo permettercelo, vi raccontiamo noi la sua sconfitta, in Italia, con gli occhi di due italiani che ora si trovano su un divano di casa e sopra di loro hanno un cartello appeso con incise le seguenti scritte: 2021 TRENTINO, 25 m. Si tratta del cartello dei 25 metri all’arrivo. L’ultimo che segnala la distanza dalla fine della gara, un cartello girato dalla parte opposta della linea del photofinish, un cartello che è di fondamentale importanza: avverte i corridori, li vede transitare, ed è lì fermo immobile, vicinissimo all’arrivo, sotto di lui transitano per primi i due corridori – Colbrelli e Remco – quasi spalla a spalla, ma il cartello non può girarsi, non può godere dello spettacolo che i due sfidanti stanno regalando al pubblico. Una volata mozzafiato, dopo 179 chilometri percorsi sulla sella delle loro biciclette. Cosa sono, dopotutto, 25 metri in quei 179 chilometri di sudore e fatica? Sono niente e sono tutto. Sono ciò che separa la vittoria di Colbrelli, dalla speranza delle ultime pedalate di Remco. Sono ciò che ci segnala la fine, quando ancora alla fine non ci siamo arrivati. 25 metri sono l’ultimo avvertimento che ci dice: “pedala più forte ora, o non farlo mai più”. Sono una parte di strada minuscola, in confronto a tutta quella percorsa per allenarsi.

Sono le piccolissime cose, i piccolissimi dettagli, la macchiolina gialla sulle 50 tele rosse, ciò che più fa la differenza. Il cartello, che ora abbiamo qui sopra le nostre teste, è un simbolo che racconta contemporaneamente una storia di vittoria e di sconfitta. O anzi: di una storia ancora da scrivere, perché di metri, all’arrivo, ne mancano solo 25. Questi 25 metri sono tutto ciò per cui vale la pena vivere.

Di Edoardo Nardelli e Andrea Dalla Serra
due studenti fuori sede a Bologna. Tra filosofia e scienze naturali cerchiamo risposte a domande impossibili, o quasi - ma qualche volta riusciamo a elaborare anche qualcosa di simpatico. Un ringraziamento va a tutti i nostri lettori che, tra Bolzano e Bologna, scelgono di lasciarsi trasportare dalle nostre parole e dalle nostre foto che raccontano le nostre esperienze, che ora, ci auguriamo, siano diventate anche un po' vostre. #Unibo