Società | Salto Gespräch

“Un furto di coscienza storica”

Giuliano Turone, il magistrato che scoprì la P2, autore de “L’Italia occulta”, sul triennio ’78-80 che sconvolse la Repubblica e l’impegno verso le nuove generazioni.
Giuliano Turone
Foto: Diego Figone

Un giudice “con la faccia da uomo”, per citare De Andrè, è stato protagonista del post Ferragosto in Alto Adige\ Suedtirol. Giuliano Turone, ospite venerdì dell’accademia di studi italo-tedeschi di Merano, rilanciata dall’impegno del nuovo presidente Cuno Tarfusser, ha presentato il suo nuovo libro “Italia occulta”, edizioni Chiarelettere. Ma non solo. A tutti coloro che ha incontrato – e senza mettersi in cattedra – ha offerto una lezione di stile, di storia, di Costituzione e di attenzione verso la criminalità organizzata. Una lezione di rispetto verso le leggi che arriva molto opportuna in questi giorni nei quali c’è chi prova a stravolgere l’ordinamento costituzionale persino nell’ambito, sfiancante, della crisi di governo in Italia.

 

salto.bz: Giudice Turone, perchè questo libro?

Giuliano Turone: Questo è un libro di storia contemporanea basato in netta prevalenza su fonti giudiziarie. Riguarda un periodo piuttosto breve della storia del nostro paese, a cavallo tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta del Novecento, ma si tratta di un periodo terribile, ricco di misteri e di delitti efferati. Un tratto di storia così profondamente legato a fenomeni criminali e anti-istituzionali di devastante pericolosità, da mettere a rischio lo stesso equilibrio costituzionale del Paese. È stato osservato, non a torto, che l’Italia è la nazione in cui l’intreccio fra politica e criminalità, fra istituzioni e illegalità, fra potere ufficiale e potere occulto è stato talmente stretto «che probabilmente non esiste in Europa e nel cosiddetto “primo mondo” un altro paese in cui questo intreccio sia stato altrettanto costante e radicato».

Lei denuncia in questo saggio anche una sorta di “furto di consapevolezza”: è così?

Sì. Questo pezzo di storia è stato volutamente reso il più possibile oscuro, sibillino, indecifrabile ai cittadini «normali»; costellato da una quantità esorbitante di segreti e di vere e proprie bugie, per opera di ambienti e personaggi che, in modo interessato e cinico, hanno perpetrato quel mastodontico furto di consapevolezza ai danni della popolazione. Questo libro si rivolge a chiunque si senta parte lesa di quel furto.

Particolarmente danneggiate da quella sottrazione di coscienza storica sono le nuove generazioni. Chi frequenta i ventenni di oggi sa bene quanto essi siano disorientati di fronte ai misteri della storia recente del loro paese e quanto siano desiderosi di conoscere e di capire il senso di certi eventi sconvolgenti accaduti vent’anni prima che loro nascessero. Questo libro è dedicato in modo particolare a loro ed è stato scritto, quindi, con un particolare sforzo di chiarezza espositiva, senza mai dare per note circostanze che i ventenni di oggi è invece ben possibile che non conoscano. 

Questo pezzo di storia è stato volutamente reso il più possibile oscuro, sibillino, indecifrabile ai cittadini «normali»; costellato da una quantità esorbitante di segreti e di vere e proprie bugie, per opera di ambienti e personaggi che, in modo interessato e cinico, hanno perpetrato quel mastodontico furto di consapevolezza ai danni della popolazione. Questo libro si rivolge a chiunque si senta parte lesa di quel furto.

Del resto, lei è stato anche docente di Tecniche dell’investigazione all’Università Cattolica di Milano: che cosa vuol dire indagare con gli strumenti delle Leggi e dei Codici? 

Il magistrato inquirente, oggi il pubblico ministero, dirige la fase delle indagini di ogni procedimento penale, avvalendosi dell’operato degli ufficiali di polizia giudiziaria (carabinieri, polizia e guardia di finanza) e vigilando che le indagini vengano condotte rispettando le regole prescritte dal codice di procedura penale e, a monte, nel rispetto dei principi costituzionali. Sia ben chiaro che anche le forze dell’ordine indagano “con gli strumenti delle leggi e dei codici”, ma il pubblico ministero è una sorta di direttore d’orchestra che, essendo un magistrato, e a differenza delle forze dell’ordine, è un organismo indipendente dal potere esecutivo. In linea di principio, infatti, la nostra Costituzione vuole che l’indipendenza del pubblico ministero possa garantire che sulle indagini giudiziarie non abbiano a interferire interessi diversi da quelli di giustizia ed eventualmente riconducibili ad altri poteri dello Stato.

 

 

Lei è stato anche giudice istruttore che, prima di occuparsi delle inchieste su Michele Sindona e sulla Loggia P2, ha indagato sulla presenza di Cosa nostra a Milano negli anni Settanta arrivando all’incriminazione del capomafia di allora, Luciano Liggio. Quali ricordi sono per lei più vivi e significativi?

L’attuale codice di procedura penale, in vigore dal 1989, non contempla più la figura del giudice istruttore, il quale era invece, nel codice precedente, una figura fondamentale di magistrato inquirente (inquadrato nei ruoli del Tribunale e non in quelli della Procura della Repubblica) ed aveva esclusivamente il compito di dirigere le istruttorie, vale a dire le indagini giudiziarie, dei procedimenti penali più complessi. Con il vecchio codice di procedura penale il pubblico ministero dirigeva con istruzione “sommaria” le indagini dei procedimenti penali meno laboriosi e trasmetteva invece all’Ufficio istruzione del Tribunale i procedimenti più complessi perché fossero gestiti dal giudice istruttore con istruzione “formale”. A mio avviso, la soppressione del giudice istruttore ha decisamente indebolito l’efficienza investigativa della magistratura inquirente, proprio con riferimento alle inchieste penali più laboriose. Personalmente, ho lavorato come giudice istruttore a Milano dal 1971 al 1987 e i miei ricordi più vivi sono ovviamente quelli legati alle inchieste penali più complesse e rilevanti che mi è capitato di dover istruire, tra le quali campeggiano appunto quella sulla cosiddetta “anonima sequestri” di Luciano Liggio, che ci ha consentito di porre fine alla lunga latitanza di quel capo-mafia a Milano (1974), e più ancora quella relativa ai delitti commessi da Michele Sindona, primo fra tutti l’omicidio dell’eroe borghese Giorgio Ambrosoli (1979), che ci ha consentito di localizzare e sequestrare, nel 1981, gli elenchi degli affiliati e tutta la documentazione supersegreta relativa a quel possente centro di potere occulto che si è rivelata essere la loggia massonica P2, amministrata da Licio Gelli.

E chi è stato Liggio?

Luciano Liggio è stato per molti anni il capo assoluto di Cosa Nostra ed è rimasto tale per qualche tempo anche dopo il suo arresto del 1974, per essere poi sostituito dal suo luogotenente Totò Riina. La latitanza di Liggio a Milano era in qualche misura una latitanza protetta da ambienti vicini ai servizi, tanto è vero che era previsto che Cosa Nostra, per suo tramite, avesse qualche ruolo da svolgere nel golpe Borghese del 1970, poi abortito. E’ molto probabile che la cattura di Liggio a Milano sia stata in qualche misura agevolata grazie a una soffiata confidenziale pervenuta nella primavera del 1974 agli ufficiali della Guardia di Finanza che lavoravano con me. I pentiti di mafia degli anni Novanta hanno poi rivelato che lo stesso Riina avesse agevolato la cattura del suo capo, facendo pervenire quella soffiata, proprio per potergli succedere.

Chi frequenta i ventenni di oggi sa bene quanto essi siano disorientati di fronte ai misteri della storia recente del loro paese e quanto siano desiderosi di conoscere e di capire il senso di certi eventi sconvolgenti accaduti vent’anni prima che loro nascessero.

Lei ha svolto attività di pubblico ministero presso il Tribunale penale internazionale dell’Aja, diventando un autorevole punto di riferimento come del resto Cuno Tarfusser. L’unione Europea serve anche a lavorare meglio, per un magistrato, superando ostacoli e campanilismi (oltre ovviamente a codici e leggi diversi da Paese a Paese)?

L’esperienza al Tribunale Internazionale dell’Aja per l’ex-Jugoslavia è stata un’esperienza molto interessante. E’ molto importante che esista la giustizia internazionale. Tutti gli organismi internazionali – Nazioni Unite, Consiglio d’Europa, Unione Europea – sono preziosissimi, nonostante i difetti che possono avere. I sovranismi e i populismi che lo negano qua e là per il mondo sono i peggiori nemici della democrazia e della pace.

Divulgare, ragionare, informare: quale è da anni ed anni il suo primo stimolo civile? 

Sono anni, ormai, che ho smesso di scrivere per gli addetti ai lavori. Il tempo libero che oggi ho, come magistrato a riposo, intendo dedicarlo proprio alla divulgazione. Quel poco o tanto che ho imparato in quaranta e più anni di professione giudiziaria desidero metterlo a disposizione delle nuove generazioni, mettendolo per iscritto con una prosa piana e facilmente comprensibile a tutti. La mia materia, quindi, non è più tanto il diritto, quanto la storia contemporanea dell’Italia, con particolare riguardo ai decenni successivi alla seconda guerra mondiale, contrassegnati da eventi criminosi tragici e gravissimi, che hanno influito negativamente sull’evolversi dell’assetto democratico del Paese e che sono stati faticosamente lumeggiati – ma solo in parte – proprio attraverso lunghe e laboriose inchieste giudiziarie.