Piazza Walther
Foto: Paolo Florio
Cronaca | Vademecum/update

Dal jogging alle mascherine: le novità

Il governo ha pubblicato gli aggiornamenti sui punti più controversi del decreto Conte che riguardano la limitazione della mobilità personale. E ci sono alcune sorprese.
Tre premesse importanti.
La prima: aldilà di ogni interpretazione delle norme e dell’oggettiva confusione che alcune possono ingenerare, più si sta a casa e meno si sbaglia. E quando si esce: protezione di naso e bocca, tanta distanza dal prossimo e tanta attenzione a non toccare oggetti e superfici di uso comune.
La seconda: di fronte alla tragedia di chi è toccato in prima persona, discutere di sottigliezze normative può sembrare superfluo. Il nostro obiettivo però non è di fomentare ulteriori guerre social tra garantisti e giustizialisti, bensì di cercare di fare chiarezza proprio per evitarle, alcune dispute derivanti dalla cattiva informazione che circola in rete.
La terza: ancora una volta la fonte è, come deve sempre essere, quella ufficiale, ossia il Governo. Anzi, per essere precisi la Presidenza del Consiglio dei Ministri nella propria pagina dedicata alle domande più frequenti, aggiornata nelle scorse ore per chiarire (senza tuttavia riuscirci appieno, come vedremo,) i dubbi sulle questioni più dibattute dagli italiani.

 

La passeggiata è attività motoria? Sì, no, forse

 

Alla luce delle migliaia di segnalazioni che certamente saranno arrivate agli apparati politici e amministrativi nazionali, la pagina governativa è stata aggiornata con interpretazioni più approfondite dei vari punti del Dpcm dell’11 marzo scorso. Ferme restando le raccomandazioni di non uscire di casa se non per validi motivi (lavoro, salute e altre stringenti necessità), il divieto assolutoviene imposto a “chi è sottoposto a quarantena o risulti positivo al virus”. Si può continuare ad uscire per l’acquisto di alimentari e per altri beni di prima necessità in vendita nei negozi ancora aperti, sempre nel rispetto delle distanze. Malgrado le edicole siano comprese nell’elenco di cui sopra, è stata aggiunta una nuova precisazione al riguardo: “L'acquisto dei quotidiani e dei periodici è ritenuto una “necessità”, quindi anche gli spostamenti da e per le edicole che li vendono”. E veniamo alla famigerata passeggiata. La risposta al quesito (Si può uscire per fare una passeggiata?) adesso è molto più lunga e articolata rispetto alla precedente stesura. E in attesa dei provvedimenti più restrittivi che sono stati annunciati, ecco il testo ancora vigente:

Si può uscire dal proprio domicilio solo per andare al lavoro, per motivi di salute o per necessità ovvero per svolgere attività sportiva o motoria all’aperto. Pertanto le passeggiate sono ammesse solo se strettamente necessarie a realizzare uno spostamento giustificatoda uno dei motivi appena indicati. Ad esempio, è giustificato da ragioni di necessità spostarsi per fare la spesa, per acquistare giornali, per andare in farmacia, o comunque per acquistare beni necessari per la vita quotidiana. Inoltre è giustificata ogni uscita dal domicilio per l’attività sportiva o motoria all’aperto... In ogni caso, tutti gli spostamenti sono soggetti al divieto generale di assembramento, e quindi dell’obbligo di rispettare la distanza di sicurezza minima di 1 metro fra le persone”.

 

È evidente la presenza nel testo di qualche contraddizione. Ora, non è il caso di crocifiggere l’estensore di questa risposta, che ha dovuto giocoforza ricorrere ad acrobazie semantiche per non apparire troppo permissivo da una parte e troppo restrittivo dall’altra. Anche perché, come disse il ministro Boccia il giorno dopo l’emissione dell’ultimo decreto Conte, “non si poteva fare una norma che vietasse di uscire per un giro del palazzo, per la spesa, per portare fuori il cane”. Dalla risposta sembra tuttavia che la passeggiata fine a se stessa, ovvero senza un motivo preciso – spesa, edicola, farmacia, cane ecc. – sia vietata. Insomma non si dovrebbe bighellonare. Però è consentita l’uscita da casa per l’attività sportiva o motoria. Qualcuno potrebbe dire: beh, se stai passeggiando e vedi i vigili, mettiti a correre… Ironia di bassa lega a parte, questa formula sembra – ripeto: sembra – diretta alla categoria di persone più associate alla passeggiatina nel parco o attorno al palazzo: gli anziani che hanno poco da fare e magari vivono da soli (di questi ultimi solo a Bolzano città ce ne sono circa diecimila). Un ottantenne infatti, anche se vede un vigile, di sicuro non si mette a correre.

Il punto è un altro. Che io sappia, a tutti gli anziani i medici consigliano di fare sempre un po’ di moto nei limiti delle proprie possibilità. Dove per moto non si intende certo l’allenamento per la mezza maratona ma i classici quattro passi. Quindi, a rigor di logica, una passeggiata è attività motoria a tutti gli effetti. E quindi consentita.

Anche la definizione di attività sportiva non è proprio il massimo della chiarezza. Si tende a identificarla con la corsetta, ma la norma non specifica quali sport si possano praticare o no. Ad esempio, se due persone si ritrovano in un parco poco frequentato o in un piazzale deserto e si mettono a giocare, per dire, a tamburello o frisbee a cinque metri di distanza, non commettono in teoria alcuna infrazione (a meno che non siano considerate un “gruppo”). Va da sé che dopo qualche minuto arriveranno i vigili prontamente informati dei fatti, e spetterà a loro dirimere la matassa normativa.

L’autocertificazione per l’attività motoria è necessaria? Sì, no, forse

 

Ma andiamo avanti. Dopo la risposta successiva che rafforza la mancanza di divieti alla corsetta (“l’attività motoria all’aperto è consentita purché non in gruppo. Sono sempre vietati gli assembramenti”), c’è un altro punto controverso che rischia di far venire il mal di testa anche ai più fini giuristi.

Domanda: “È necessario avere con sé l'autodichiarazione per andare a fare attività motoria all'aperto?

Risposta: “No, l'attività motoria all'aperto è espressamente prevista dai decreti come consentita, quindi non è necessaria alcuna autodichiarazione”. 

Ora, qui non solo si contraddice il principio generale della norma - secondo cui tutti gli spostamenti dovrebbero essere giustificati da autodichiarazione già compilata o da compilare al momento del controllo - ma si mette in discussione l’intera prescrizione. Se infatti per l’attività motoria non serve la dichiarazione in quanto “espressamente prevista dai decreti come consentita”, per la proprietà transitiva se ne deduce che per tutti gli spostamenti espressamente consentiti dal decreto – lavoro, salute o altre necessità – non sia necessaria alcuna autocertificazione preventiva ma solo in caso di controlli. Ripeto, non è il caso di buttare la croce addosso all’estensore delle risposte, ma è certo che la scarsa chiarezza confonde non solo i cittadini che devono rispettare le norme, ma anche chi deve controllare che siano rispettate.

 

In macchina i familiari possono viaggiare anche stretti. E in moto si va in due solo se si è conviventi

 

Detto che per le uscite in bici non c’è nulla di nuovo (“È consentito svolgere attività sportiva o motoria all’aperto anche in bicicletta, purché sia osservata una distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro”) e che comunque non si può uscire dai confini comunali sulle due ruote, ecco un nuovo paragrafo dedicato al numero di persone che possono viaggiare all’interno della stessa auto. Nella seconda puntata del vademecumci eravamo occupati della questione sentendo il comandante della polizia municipale di Bolzano, Sergio Ronchetti. Poiché sul web si trova ancora oggi di tutto – in macchina sono consentite due persone al massimo e poi scatta la denuncia, anzi forse tre se sono familiari… – gli avevamo chiesto se avesse ricevuto direttive specifiche al riguardo, ottenendo risposta negativa. Bene, questa risposta è adesso visibile sulla pagina governativa delle Faq.

Alla domanda “Quanti passeggeri possono viaggiare in automobile?”, si risponde che “Le auto possono essere utilizzate da più passeggeri solo se si rispetta la distanza minima di un metro. Non è possibile andare in due in moto, non essendo possibile la distanza minima di un metro. Questi limiti non valgono se i mezzi sono utilizzati solo da persone conviventi”.

Insomma, il limite di due persone non è mai esistito, anche perché – come aveva correttamente interpretato il comandante Ronchetti – in caso di veicoli con tre o quattro file di posti ci possono stare tanti passeggeri quanto le file, purché si siedano a debita distanza. E non ci sono neanche limitazioni alle famiglie, cosa peraltro logica visto che passano il resto della vita a strettissimo contatto. Attenzione: il fatto che le famiglie possano stare insieme in macchina, non significa che possano uscire quando vogliono. Deve infatti sempre sussistere la necessità dello spostamento familiare.

 

Ma le mascherine sono necessarie? Sì, no, forse

 

Anche questo è un argomento che impazza in tv, sui social e tra un balcone e l’altro dei condominii. Ora, io non sono un virologo e non mi permetto di esprimere il benché minimo parere al riguardo. Ma anche se lo fossi, forse eviterei di aggiungere un’opinione alle tante, tutte di autorevoli esperti, che circolano sui canali di comunicazione e che sono spesso in contraddizione. In soccorso non arriva purtroppo neanche l’informazione ufficiale. Sul sito del Ministero della Salute infatti, nella sezione dedicata a prevenzione e trattamento, si raccomanda di “usare la mascherina solo se si sospetta di essere malato o se si presta assistenza a persone malate”.

Poi, alla successiva domanda “Devo indossare una mascherina per proteggermi?”, si ribadisce che “L’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda di indossare una mascherina solo se sospetti di aver contratto il nuovo Coronavirus e presenti sintomi quali tosse o starnuti o se ti prendi cura di una persona con sospetta infezione da Coronavirus. L’uso della mascherina aiuta a limitare la diffusione del virus ma deve essere adottata in aggiunta ad altre misure di igiene respiratoria e delle mani. Infatti, è possibile che l'uso delle mascherine possa addirittura aumentare il rischio di infezione a causa di un falso senso di sicurezza e di un maggiore contatto tra mani, bocca e occhi… L'uso razionale delle mascherine è importante per evitare inutili sprechi di risorse preziose”.

 

Un’altra nota, sempre del Ministero della Salute, afferma che “Le mascherine forniscono una protezione nei confronti della diffusione all’esterno, bloccando le goccioline di secrezioni respiratorie emesse dalle persone malate che le indossano. Non sono fatte per proteggere chi le indossa nei confronti di aerosol fini, che potrebbero contenere particelle infettanti di piccolissime dimensioni come i virus”.

Dando per scontato che alcune categorie sono obbligate a indossarle – personale sanitario in primis ma anche lavoratori a contatto con un numero elevato di persone – sembra insomma che per la gente comune le mascherine non rappresentino una difesa sufficiente, e che oltretutto non bisognerebbe utilizzarle a tappeto per non creare problemi di approvvigionamento a chi ne ha effettivamente bisogno, come dimostra l’attuale carenza di mascherine per il personale sanitario. Nel dubbio comunque, sostiene una tesi piuttosto diffusa in questi ultimi giorni e condivisa anche dalla Giunta provinciale di Bolzano nelle persone del presidente Kompatschere dell’assessore Widmann, è consigliabile proteggere naso e bocca con una sciarpa, un foulard o uno scaldacollo. A voi la scelta della soluzione, naturalmente.

Bene, a chi ha avuto la pazienza di arrivare fin qui, ripeto in versione copia-incolla quanto detto l’inizio: “aldilà di ogni interpretazione delle norme e dell’obiettiva confusione che alcune possono ingenerare, più si sta a casa e meno si sbaglia. E quando si esce: protezione di naso e bocca, tanta distanza dal prossimo e tanta attenzione a non toccare oggetti e superfici di uso comune”. A questo aggiungo: sarebbe bene evitare le soste non necessarie in luoghi aperti e in particolare nelle panchine, anche perché tra l’altro il Comune di Bolzano ne ha già vietato l’utilizzo oltre a chiudere parchi gioco e altre aree verdi pubbliche. Facciamo ricorso insomma al senso di responsabilità: la civiltà di un popolo si misura anche dalla capacità di essere migliore delle proprie leggi, che perfette non possono mai essere.