Economia | La visita

Dentro la fabbrica del silicio

Mentre Solland Silicon ha chiuso, Memc gode di buona salute. Sabato la fabbrica di Sinigo che dà lavoro a 250 persone ha aperto le proprie porte.
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Foto: Memc

“Dove lavori? Alla Memc. Ah, non avete chiuso?”. Questo non è un dialogo immaginario, ma rispecchia una situazione in cui si trovano regolarmente i lavoratori della fabbrica di Sinigo. Sabato 17 settembre le porte dello stabilimento si sono dunque aperte alla cittadinanza anche per chiarire che la fabbrica prosegue nella sua attività di crescita del monocristallo di silicio, dipanando la confusione con la fermata della produzione di policristallo della adiacente Solland Silicon. Un’occasione che è stata colta sia da parecchi cittadini curiosi di vedere com’è lo stabilimento, ma anche dai familiari dei lavoratori stessi.  

 

Memc Italia produce cristalli e fette di silicio, semiconduttore indispensabile per la realizzazione di microchip in tutti i dispositivi elettronici. “La nostra società - ha detto il presidente Mauro Pedrotti - gode in generale di buona salute”. “C’è una buona probabilità che l’auto o il mezzo pubblico su cui avete viaggiato venendo qui, abbia un sensore costruito con il silicio prodotto proprio qui da noi”, ha aggiunto con un certo orgoglio. E le cifre che ha snocciolato sembrano non lasciare dubbi sulla salute della società. Basti pensare che il gruppo taiwanese Global Wafers (GWC) di cui la fabbrica di via Nazionale è l’avamposto europeo, è il terzo produttore mondiale di silicio. Ma andiamo con ordine.

Il tour, davvero efficacemente organizzato, comincia con un’infarinatura sulle attività della fabbrica nel parchetto. Il silicio è un semimetallo e semiconduttore presente ad esempio nella sabbia, che per aumentare la propria conduttività o migliorare le proprie caratteristiche deve essere “drogato” con elementi come il boro, il fosforo o l’arsenico. Quando arriva nella fabbrica in via Nazionale il silicio si presenta sotto forma di sassolini di alta purezza ma è del tutto “disordinato” dal punto di vista atomico. I grandi cristalli di silicio vengono fatti crescere sottoponendo il materiale ad un processo di fusione a 1.450 gradi di temperatura. E ogni cristallo viene trattato in modo da soddisfare le specifiche chieste dai clienti secondo migliaia di possibile combinazioni. Per realizzare i processi vengono impiegati macchinari che arrivano da varie parti del mondo ma ve ne è anche uno disegnato e prodotto da Memc (ed anche per questo all’interno è stato possibile fare fotografie sotto stretto controllo degli addetti). I cristalli si presentano come dei siluri da sottomarino, di diametro  tra i 150 e i 300  millimetri. Il peso specifico del silicio non è altissimo, per cui un cristallo di 2,45 metri pesa “solo” 195 kg. Il semiconduttore viene poi inviato nello stabilimento di Novara dove si ha la seconda parte del processo di lavorazione e dove viene ad esempio tagliato in fette sottili che saranno lucidate a specchio. A questo punto della lavorazione le fette possono essere inviate  ai costruttori di dispositivi.

 

La fabbrica di Sinigo, fondata nel 1926, divenuta SMIEL negli anni Settanta come parte del gruppo chimico Montecatini. A questo periodo risale la storica occupazione del 1972 ricordata di recente con una mostra (salto.bz ne scrisse in questa intervista). Prende il nome Memc alla fine degli anni Ottanta. “La Memc Italia – ha spiegato Pedrotti – dal 2016 fa parte del gruppo Global Wafers che ha sede a Taiwan ed ha  complessivamente 16 stabilimenti in 8 Paesi e 7.000 dipendenti”. Mille di questi sono i lavoratori della Memc Italia, 750 nello stabilimento di Novara e 250 in quello di Sinigo. Fra i clienti dello stabilimento vi sono anche giganti come Bosch, ST e Infineon. Le fette di silicio della Memc si trovano nell’Automotive (ad esempio nei sensori dell’airbag o nei sensori degli pneumatici), nei macchinari del settore elettromedicale, nell’informatica, nell’elettronica di consumo (sensori ottici delle fotocamere), nell’e-mobility. “E’ un mercato importante – ha aggiunto Pedrotti – che è in crescita ma anche in trasformazione, per cui l’innovazione è fondamentale così come cercare di anticipare gli sviluppi del mercato stesso”.

 

Il fatturato del Gruppo GWC è di 2 miliardi di euro, mentre quello di Memc Italia nel 2021 è stato di 334 milioni di euro. (crescita dell’8% sull’anno precedente). Lo stabilimento di Merano si sviluppa su 35.000 metri quadrati ed è in grado di produrre 9.000 cristalli all’anno (1 cristallo all’ora). In un anno vengono realizzati 844 prodotti diversi dei quali 356 nuovi. “Questo è un elemento per noi importante – ha aggiunto Pedrotti – perché per noi la qualità e la specializzazione sono indispensabili per stare sul mercato con competitor che nel mondo hanno costi di produzione nettamente più bassi dei nostri. Queste sfide servono anche per motivare il nostro personale”. Quello delle difficoltà nella ricerca della manodopera è un problema trasversale a tutti i settori. “Lo è anche per noi – a tutti i livelli – dagli operai qualificati ai laureati. Noi abbiamo dipendenti di 23 nazionalità diverse e che arrivano anche da diverse parti d’Italia. Ma non è facile farli restare qui. Il costo della vita in Alto Adige è davvero molto alto e molti, dopo un po’ di anni, se possono magari cercano di tornare “a casa”. Le sfide produttive imposte dal nostro settore possono comunque fornire delle buone motivazioni”.

A febbraio di quest’anno Memc  Italia ha deciso di investire 300 milioni di euro per costruire il maggiore impianto europeo per la fabbricazione dei “wafer di silicio iperpuro” da 300 millimetri, il cuore di tutta la tecnologia microelettronica, dagli Ipad alle centraline di controllo di auto e linee di produzione. L’ha spuntata Novara, “per l’eccellenza qualitativa della produzione”, ha spiegato Mauro Pedrotti. Una buona notizia anche per la fabbrica di Sinigo, le cui sorti sono legate a doppio filo con quelle dello stabilimento piemontese.