Economia | L’INTERVISTA

“Semplificare non significa banalizzare”

Se la finanza è per molti un mondo sconosciuto è anche perché si è sempre voluto usare un linguaggio escludente. L'intervista alla divulgatrice finanziaria Pecuniami.
Pecuniami
Foto: Pecuniami

Aminata Gabriella Fall, in arte Pecuniami, conduce la vita di una super eroina. Di giorno, è impiegata bancaria alle prese con la riqualificazione di portafogli composti da non-performing loans, cioè crediti deteriorati. Nel tempo restante, è divulgatrice finanziaria presente sui social media, per spiegare a quanta più gente possibile le basi della gestione finanziaria. Il suo ultimo progetto è un manuale di consapevolezza finanziaria intitolato “Signore, è ora di contare” con il quale tenta di contribuire a colmare gli enormi vuoti dell’analfabetismo finanziario, gender gap e digital divide.

 

salto.bz: Dott.ssa Fall, la sua è un’esperienza in prima linea tra il mondo della finanza e i piccoli risparmiatori, prima in banca come direttrice di filiale e ora come manager di un portafoglio NPL. L’educazione finanziaria è ormai un’emergenza nel nostro Paese, cosa non ha funzionato secondo Lei?

Pecuniami: È vero, c’è molto lavoro da fare, ma al contempo c’è anche molto interesse e necessità di conoscere da parte delle persone. Credo che alla base sia un problema di linguaggio. Le banche e gli altri istituti finanziari hanno sempre usato un linguaggio escludente ed esclusivo. La comunicazione finanziaria si rivolge quasi unicamente ad un pubblico rappresentato dall’uomo di mezza età. Chi non fa parte di questa categoria, penso ad esempio alle tante donne, imprenditrici e non, ma anche ai più giovani, viene automaticamente escluso. È un problema a livello sistemico.

Il problema è sistemico ma Lei si concentra soprattutto sulla dimensione femminile. A cosa è dovuto?

Sì, le donne risentono maggiormente di questa esclusione perché è un tema che non si affronta a scuola. Quando sono stata responsabile di filiale ho concesso credito a un numero troppo esiguo di donne. Ciò non significa che fossero nate tutte ricche o non avessero i requisiti necessari, il fatto è che non si presentavano nemmeno a richiederlo. E questo è un sintomo molto grave che sta a mostrare l’esclusività del tema della gestione patrimoniali. Al netto di qualche tentativo maldestro da parte degli istituti, nella pubblicità si continua a portare avanti un linguaggio escludente, estremamente tecnico. Inoltre c’è sempre la sindrome dell’impostore, insomma una vera e propria profezia che si autoavvera e che si traduce con un danno per le donne e per tutta l’economia. Con il mio progetto di divulgazione Pecuniami voglio contribuire a cambiare le cose.

Come si fa a spiegare un tecnicismo a una persona che non ha dimestichezza con il mondo finanziario?

Personalmente, ho sempre rifuggito la matematica, anzi provengo da un percorso umanistico, prima studi classici e poi giurisprudenza. In primis, l’ho provato quindi sulla mia pelle. Spiegare e quindi rendere più semplice un tecnicismo non significa banalizzarlo. Dev’esserci un altro modo per spiegare la materia finanziaria, propendo piuttosto per una riduzione ai minimi termini che ne mostri l’essenza del meccanismo. Ciò che conta è non dare nulla per scontato.
Per esperienza posso dire che le persone vivono un conflitto di interesse. In generale, quando si parla di investimenti c’è molto interesse e la gente vorrebbe capirne di più. Per affrontare il tema, ci si sente in obbligo di affidarsi a una banca, ma al contempo ci si sente poco tutelati per via di anni di scandali e polemiche. Dando per scontati elementi base si aggiunge ignoranza e c’è il rischio che di generare ulteriore ignoranza e perdite economiche.

Alla luce di questo, quanto è importante secondo Lei il ruolo del promotore finanziario?

Spesso paragono la gestione dei propri soldi alla dieta. Così il consulente, come il dietista, è bravo se condivide un ragionamento e fornisce al cliente gli strumenti necessari per ragionare assieme. C’è poi il consulente che prescrive la soluzione chiavi in mano in base alle esigenze del momento creando però in tal modo un rapporto di dipendenza pericoloso. Quest’ultimo approccio è sicuramente più comodo per entrambi ma va a corroborare una situazione sfavorevole per il cliente. Inoltre troppo spesso trovo mancare alcuni concetti molto base in molti approcci. Anche solo i concetti di orizzonte temporale e propensione al rischio, fondamentali per qualsiasi discorso attorno all’investimento.

Oltre al fenomeno del gender gap, che lei ha sempre affrontato in maniera diffusa e puntuale, sullo sfondo troviamo anche il grande tema del digital divide. Come vede in questo frangente le piattaforme di investimento online?

Queste piattaforme sono ottimi strumenti quando permettono ad una molteplicità di soggetti di accedere in maniera vantaggiosa a sistemi di investimento a cui anche in banca non si avrebbe accesso. Ad esempio a strumenti come gli ETF. Dall’altro lato, è come dare in mano una macchina di grossa cilindrata a uno che non ha nemmeno la patente, alla prima curva c’è il rischio che si schianti. Si tratta di strumenti che semplificano l’accesso ma diventano pericolosi se uno non ha le basi. La semplicità di accesso fa credere che sia tutto molto facile, ma accessibilità non significa semplicità, ed è questo che viene spesso confuso.

Serve metterci del proprio, competenza e innanzitutto consapevolezza. Partire dal guardarsi dentro, capire qual è il proprio punto di partenza, senza vergognarsi. L’approccio al mondo dei soldi, dev’essere prima ancora rispettoso di noi stessi.

C’è un canale preferenziale dal quale partire per combattere l’analfabetismo finanziario?

Serve metterci del proprio, competenza e innanzitutto consapevolezza. Partire dal guardarsi dentro, capire qual è il proprio punto di partenza, senza vergognarsi. L’approccio al mondo dei soldi, dev’essere prima ancora rispettoso di noi stessi. Un approccio sereno dove mettiamo ben in chiaro che i soldi non ci giudicano e lasciamo da parte i moralismi che ci frenano. Il mondo dei soldi è estremamente personalizzato e non esiste una soluzione standard uguale per tutti. È come imparare una nuova lingua. I progressi più o meno rapidi dipendono dalle basi con cui uno parte. Anche partire da strumenti semplici come le azioni non ha senso se uno non ha chiaro cos’è il capitale o come funzionano le aziende. Con il mio progetto Pecuniami cerco di partire dalle basi, mostrando ad esempio che giro fanno i soldi in un processo di investimento.

La scarsa educazione finanziaria si traduce in un approccio tutto italiano agli investimenti. Lei è d'accordo?

L’approccio italiano agli investimenti è un approccio basato essenzialmente sui costi. Ad esempio, c’è l’idea diffusa che facendo pagare le spese al cliente la banca gli ruba di fatto soldi. Sarebbe come dire che il supermercato trattiene soldi al cliente perché applica un margine ai suoi prodotti. Negli anni, il sistema che prevede di dare evidenza dei vari costi e commissioni è stato implementato a favore della massima trasparenza verso il cliente ma sta diventando un’arma a doppio taglio per via della miopia di chi si concentra sul costo senza guardare al rendimento. Un altro esempio è quando si parla di casa. Lì avviene un vero e proprio corto circuito. Spesso, le persone non distinguono tra casa-investimento e casa-da-abitare. La prima va considerata in base al valore di mercato, la seconda in base a criteri diversi, più personali. Dalla prima si vuole ricavarne un reddito, dalla seconda un servizio di abitazione. L’approccio alla casa-da-abitare non è puramente finanziario e segue logiche che a volte sono addirittura contrarie a quella finanziaria.

Il problema principale è fare attenzione ai fenomeni di pink-washing e green-washing

Si parla molto anche del legame tra sostenibilità e finanza, è un tema che trova riscontro nel pubblico?

Effettivamente, c’è un interesse montante soprattutto tra donne e giovani. Il problema principale è fare attenzione ai fenomeni di pink-washing e green-washing. In generale, questo è un tema che potrebbe aprire un nuovo linguaggio da parte delle banche, meno didascalico e più appetibile per la gente, avvicinando così fasce della popolazione ora escluse. Penso si stia facendo strada una nuova consapevolezza.

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Karl Trojer Mer, 11/24/2021 - 10:47

Ritengo, che lo stragrande problema della gestione finanziaria sia la concentrazione del potere finanziario in poche mani e la loro globale ed incontrollata avidità di guadagni immediati. Penso, che delle unità economiche e democratiche così potenti come la Unione Europea dovrebbero regolamentare la gestione delle finanze nell´interesse del bene comune !

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