Società | Sotto il tappeto

Se la Provincia dimentica i disabili

Barriere architettoniche, grandi promesse politiche ma nessun intervento. Oltre 15 milioni di euro erano stati previsti ma quei soldi ora sembrano essersi volatilizzati.
Sedia a rotelle
Foto: upi

Il frastuono dei proclami, che diventa occasione per l’auto-celebrazione, ancora risuona nei palazzi della Provincia. L’annuncio era stato dato in pompa magna durante la scorsa legislatura, abbattere le barriere architettoniche era un tema di stringente priorità, sebbene il tema fosse già stato inserito nell’agenda dell’amministrazione provinciale ben oltre una decade fa.

La serietà delle intenzioni veniva confermata da una cifra importante per coprire i costi complessivi del progetto: oltre 15 milioni di euro. Peccato però che quei soldi non si sono trovati e i lavori promessi non sono mai iniziati.

 

Carta canta (inascoltata)

 

In Alto Adige sono circa 15.000 le persone che hanno una qualche forma di disabilità.

Stando al “Regolamento sull’eliminazione e il superamento delle barriere architettoniche negli edifici privati, pubblici, privati aperti al pubblico, negli spazi e nei servizi pubblici e nei luoghi aperti al pubblico”, datato 2009, numerosi erano gli interventi previsti per “assicurare la massima autonomia in sicurezza” e “facilitare la vita di relazione di persone con ridotte o impedite capacità motorie o sensoriali, di natura temporanea o permanente”.

Un documento assai dettagliato che dagli impianti sportivi alle strutture sanitarie intendeva garantire la completa accessibilità a tutti gli edifici pubblici. Tra le voci prioritarie la corretta pendenza delle rampe, i parcheggi e gli ascensori a norma, la presenza di almeno un bagno per disabili per ogni piano dei palazzi, la larghezza minima delle porte fissata a 90 cm, un punto informativo dedicato. 

Al regolamento del 2009 approvato dalla giunta provinciale sarebbe seguito un piano di monitoraggio e poi uno di intervento - che in effetti incassò l’ok dell’esecutivo nel 2014 - per rendere praticabili tutti gli edifici provinciali come ad esempio palazzi amministrativi, scuole professionali, musei, cantieri logistici, stazioni forestali e in generale tutte le strutture di pubblica utilità. Un iter che avrebbe richiesto 5 anni in tutto, dal 2015 al 2019. 15 milioni e 750mila euro era stata la somma preventivata per la scaletta delle azioni da mettere in campo con precedenza agli edifici classificati in priorità A, ovvero tutti quelli che non possiedono i requisiti fondamentali per l’accessibilità e che quindi necessitano di provvedimenti urgenti. Le tempistiche si allungano. Viene approvata una delibera provinciale nel 2018, ma nulla si muove.

 

Questione di civiltà

 

Sono trascorsi 10 anni dall’entrata in vigore del regolamento e nessun intervento è stato eseguito dopo il completamento del piano di monitoraggio reso peraltro possibile grazie alla collaborazione di tecnici esterni, a cui sono stati corrisposti oltre 250mila euro per le prestazioni fornite. Scelta curiosa dal momento che la disponibilità dei professionisti degli uffici tecnici interni, pagati profumatamente dalla Provincia, era assicurata.

E la storia è destinata a ripetersi. Il momento arriverà quando si deciderà di attuare i tanto attesi lavori - le cui difficoltà tecniche per inciso sono tutt'altro che insormontabili - al fine di ottenere la certificazione di accessibilità: dalla direzione dei lavori alla sicurezza in fase di progettazione ed esecuzione tutto verrà esternalizzato facendo così lievitare i costi tecnici dovendo riconoscere le indennità anche agli esperti esterni.

Tradotto in soldoni: a causa di una evidente malagestione dell’amministrazione provinciale la prestazione viene in sostanza liquidata due volte. Una ai tecnici interni e una agli esterni. Alle persone diversamente abili restano invece le croniche complicazioni rappresentate dalle barriere architettoniche che si era detto di voler abbattere con una montagna di denari. Forse ne sarebbero bastati molti meno per cominciare quantomeno a produrre qualche risultato. Ma il gioco di illusionismo, attività prediletta nel vivaio politico durante la stagione della caccia grossa ai voti, ha spesso la meglio. Proprio come in questo caso.