Cultura | Salto Afternoon

Musica da non dimenticare

Un libro da procurarsi subito, da leggere da soli o in compagnia. E poi da regalare...
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Foto: Nicola Campogrande - foto di Lorenza Daverio

...(anche a se stessi, perché no?) dopo averlo lasciato ai bordi del Tannenbaum fino al prossimo 24 dicembre.

Parliamo di “100 brani di musica classica da ascoltare una volta nella vita” del compositore Nicola Campogrande, edito da Bur Rizzoli (pp. 256, euro 18): una pubblicazione certo non solo per addetti ai lavori (o per giovani e ancora inesperti presunti addetti ai lavori, oppure critici, oppure aspiranti). E una lettura agile, piacevole (ritmata come un pezzo di musica? Massì, anche) ed energetica quanto una buona difesa vitaminica contro i mali stagione.
I frequentatori dei concerti della saison Haydn ricorderanno probabilmente Nicola Campogrande nelle vesti di autore nel dicembre 2013. “Il mio scanner sonoro sopra Magritte”: così Campogrande presentò cinque anni fa “Magia nera”, il lavoro commissionato al compositore piemontese dall’Orchestra Haydn.

Decisamente intrigante l’ispirazione creativa, nel solco delle suggestioni esercitate dall’arte figurativa (da Debussy a Ravel a Mussorgsky) e con la folgorazione dalla visione del quadro di Magritte “La magie noire”.
Nicola Campogrande ha interrotto per qualche minuto il lavoro di compositore, in questi mesi molto intenso, per concedere a Salto.bz una intervista in esclusiva non solo regionale.
Una recensione del libro molto interessante è uscita sul Corriere della Sera alcuni giorni fa a firma Marco Del Corona.

Maestro Campogrande, perché un libro come questo? Consigli? Indicazioni? Oppure spiazzamenti?
Il libro nasce da un desiderio di condivisione della bellezza. Da anni vengo sollecitato a suggerire che cosa va assolutamente ascoltato nella musica classica, da quale brano partire per scoprire un compositore, quali pezzi di musica di autori viventi valgono davvero la pena. Ora ho deciso di farlo in modo sistematico, mettendo in ordine cronologico cento brani, da Guillaume de Machaut (1300-1377) a Yakko Mäntyjärvi (classe 1963) passando, naturalmente, per Haydn, Mozart, Brahms, Stravinskij e così via. E raccontando, per ognuno di loro, perché quella certa pagina è imprescindibile, che cosa ha rappresentato nella storia della musica, perché è rappresentativa del suo autore.

La critica ha già escluso, per il suo libro, l'ipotesi di lavoro della play list, oltre tutto troppo angusta: condivide?
Il libro parla di musica da ascoltare in sala da concerto. Nel luogo per la quale è nata e continua a nascere la musica classica. Un luogo nel quale gli ascoltatori fanno la differenza, con la loro attenzione, la tensione che trasmettono agli interpreti, la curiosità – ma magari anche la noia, perché no – che comunicano a chi sta suonando. Se poi si vuole ricorrere a una registrazione, amen. Il mio obiettivo però è quello di accompagnare chi si sente smarrito di fronte a un mondo bellissimo ma enorme, come quello della musica classica; e anche quello di suggerire idee, e possibili nuovi approcci, a chi già ha scoperto la bellezza del sedersi in un auditorium davanti a un pianista o a un’orchestra.

Cento è un numero "imperfetto": perché cento?…
Oltre a quella che scrivo, perché quello è il mio mestiere, ascolto molta musica ogni giorno, da anni. Scegliere un numero limitato di brani, da consigliare a tutti, è stato difficilissimo. Quasi doloroso. E avere un numero-feticcio come il 100 mi ha aiutato a stabilire delle barriere invalicabili.

Lei è immerso in un anno professionalmente molto intenso e su più fronti: ha scritto il libro di notte? In vacanza? Quando?
Ho cominciato a Liège, in Belgio, durante le prove della mia opera per ragazzi #Folon. Di giorno rimanevo in teatro, l'Opéra Royal de Wallonie, a seguire l'allestimento; ma la sera, da solo, senza i miei figli ai quali badare, conducevo una vita quasi monastica. E così ho scritto le prime pagine. Poi ho capito che il libro stava crescendo bene, che mi piaceva, e allora, d’accordo con il committente, ho spostato in avanti la consegna di un pezzo sinfonico al quale stavo lavorando e, per qualche mese, mi sono concentrato sul testo. Ogni giorno stendevo uno o due capitoli, con regolarità. Alla fine ho costruito l’introduzione, e il glossario (del quale vado molto fiero). Così che il libro era pronto per la stampa.

Divulgare musica è terreno sdrucciolevole: lei quale approccio ha adottato?
Non amo i piaceri solitari. Mangiare da solo mi fa tristezza. Mi piace invece fare le cose insieme, e condividere le esperienze. Ora, quella dell’ascolto della musica classica è, da sempre, molto forte. Straordinariamente emozionante. E, oggi, quasi unica nel suo prevedere che si spengano i telefoni e si stia seduti tutti insieme, zitti, per un paio di ore, a fare una cosa così particolare. Tuttavia sono d’accordo con lei: raccontare a parole che cosa questo significhi, e perché è così bello aprire le orecchie davanti a qualcuno che suona, è difficile. Sdrucciolevole. Conoscendo però la musica “dal di dentro”, sempre per via del mio mestiere di compositore, io da tempo ho deciso di provare a farlo. Prendendomi dei rischi, e impegnando non poche energie, perché da un lato mi piace la chiarezza, la perfetta accessibilità a tutti, e dall’altro so bene che della musica si può parlare solo sino a un certo punto, e poi è necessario che ognuno ne faccia esperienza. Ma la cosa non mi ha mai fatto troppa paura.